Lo Stato del Maine, sulla costa atlantica degli Stati Uniti, ha fatto causa contro le grandi imprese petrolifere, le cosiddette Big Oil (Exxon, Shell, Chevron, BP, Sunoco e American Petroleum Institute). Il procuratore generale del Maine, Aaron Frey, ha dichiarato che “per oltre mezzo secolo, queste aziende hanno scelto di alimentare i profitti invece di seguire la scienza per prevenire quelli che ora sono probabilmente effetti climatici irreversibili e catastrofici” e hanno ”ingannato per decenni i cittadini sul ruolo dei loro prodotti a base di combustibili fossili nel causare il cambiamento climatico”, procurando con ciò enormi impatti sulla salute pubblica e danni finanziari e patrimoniali in tutto il Maine a causa delle condizioni meteorologiche estreme, dell’innalzamento del livello del mare e delle temperature più calde”.
La denuncia sostiene che gli imputati erano a conoscenza già negli anni ’60 delle conseguenze potenzialmente catastrofiche che avrebbe causato un crescente utilizzo di combustibili fossili ma hanno organizzato grandi campagne di pubbliche relazioni volte a screditare il consenso scientifico sui cambiamenti climatici e a ritardare la transizione dell’economia energetica verso un futuro a basse emissioni di carbonio; con ciò massimizzando i propri profitti.
Lo Stato del Maine chiede al Tribunale di far pagare agli accusati delle Big Oil i danni climatici passati e futuri che hanno causato e di richiedere di cessare le loro attività nocive.
Ad oggi, più di 20 Stati degli USA (tra cui New Jersey, California, Delaware, Minnesota, Vermont, Connecticut, Massachusetts, Rhode Island , Distretto di Columbia e Porto Rico), e anche tribù di nativi, singole città e contee, hanno intentato cause legali simili per “inganno climatico”.
Il contesto di queste denunce è ulteriormente opportuno a causa dell’ideologia negazionista del rinnovato presidente Trump, del governo che sta per insediarsi e dei suoi finanziatori anti-clima, che raccolgono i frutti del loro appoggio.
Già il primo mandato presidenziale di Trump, dal 2020 al 2024, era stato in sintonia col volere dell’industria dei combustibili fossili, abolendo un centinaio di regolamenti a favore dell’ambiente e ritirandosi dagli accordi di Parigi sul clima.
Nell’aprile scorso, Trump aveva pranzato nella sua residenza di Mar-O-Lago coi dirigenti delle Big Oil, ai quali, con l’occasione, aveva chiesto di tirar fuori dai loro portafogli una donazione complessiva di un miliardo di dollari, promettendo di smantellare i provvedimenti sul clima (peraltro insufficienti) del governo Biden.
Tali promesse sono contemplate in quella che è la summa reazionaria scritta da un gruppo di cervelli revanscisti dalla Heritage Foundation da applicare nel primo anno di governo. E’ il cosiddetto Project 2025, che affronta tutti gli argomenti su cui far tornare indietro i diritti individuali e collettivi e si accanisce anche sull’ambiente. Problema su cui tale piano elimina le restrizioni federali alla trivellazione di combustibili fossili sui terreni pubblici, pone fine agli investimenti federali nelle tecnologie per le energie rinnovabili con un grande ritorno dell’uso dei combustibili fossili e prevede limitazioni dell’azione dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente nel sanzionare l’inquinamento e nel far rispettare le leggi su aria e acque non nocive.
La Convention Nazionale Repubblicana (RNC) aveva abbracciato pienamente l’agenda negazionista climatica dell’ora rieletto presidente col suo slogan “Drill, baby drill” (perfora, ragazzo, perfora), che prelude alla continuazione, anzi all’incremento, di massicce azioni di fracking (fratturazione idraulica), alla ricerca di quello che Trump definisce “oro liquido”.
Tale tecnica, che ha rivoluzionato il settore energetico, avviene trivellando il sottosuolo, anche con l’uso di piccole cariche esplosive, e sparandovi dentro acqua ad alta pressione che procura una frattura nello strato roccioso per portare in superficie idrocarburi come gas di scisto e petrolio. Il fracking degrada l’ambiente e ha possibili conseguenze nefaste per la salute delle persone, inducendo una grande quantità di acque di scarico, l’inquinamento delle falde acquifere, l’aumento di fenomeni sismici. Dove è molto praticato, come in molte contee di Ohio e Pennsylvania, ha procurato un aumento di gravi malattie e nemmeno ha mantenuto le promesse alte ricadute in termini di aumento dei posti lavoro.
La US Energy Information Administration (EIA) stima che nel 2023 siano stati prodotti col fracking nel USA circa 3 miliardi di barili di petrolio greggio ((più di 8 milioni di barili al giorno), il 64% della produzione petrolifera totale nello scorso anno.
Il blocco del fracking era ed è un tema chiave degli attivisti per il clima ma sull’argomento anche Kamala Harris ha rinunciato in campagna elettorale alla sua posizione precedente di contrarietà, tentando, senza riuscirci, di tenere un piede in due scarpe: da un lato vantandone l’utilizzo nel “più grande aumento della produzione nazionale di petrolio nella storia” che sarebbe stato realizzato durante l’amministrazione Biden, dall’altro ribadendo che si debba “ investire in fonti energetiche diverse per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio straniero”.
Trump, convinto sostenitore dell’industria dei combustibili fossili, ha minacciato invece le popolazioni (costrette a scegliere tra un posto di lavoro e la salute?) degli Stati dove massicciamente si pratica che un divieto di fracking avrebbe devastato l’economia, soprattutto quella della della Pennsylvania, ed ora ha nominato come membri del suo governo persone, suggerite dalle Big Oil, incaricate di aprire i terreni federali ai trivellatori e di deregolamentare le agenzie di controllo federali per aumentare con qualsiasi mezzo la produzione di petrolio e gas degli Stati Uniti.
Nel 2012, il film Promised Land, diretto da Gus Van Sant e con Matt Damon nella parte principale, parla di un venditore per conto di una compagnia del settore energetico che deve convincere gli abitanti di una piccola cittadina agricola a vendere i loro terreni, nel quale la compagnia vuole effettuare trivellazioni fracking. Nel film, la cattiva fede della compagnia di trivellatori viene infine svelata ma oggi il compito concreto dei militanti ambientalisti e delle comunità attive, sebbene più difficoltoso, sarà ancor più necessario per continuare la loro lotta per la salvaguardia della salute e dei territori dall’utilizzo di questa forma di estrazione, ancora basata sui combustibili fossili, e per imporre l’utilizzo di energie pulite.
Fonti principali:
I.Cuomo, Kamala Harris e il ban al fracking, Istituto Analisi Relazioni Internzionali, 30.9
A.Curtin, Maine becomes ninth state to sue Big Oil for climate deception, Nation of Change, 28.11