Il 2 dicembre la Corte d’Appello di Bruxelles ha riconosciuto la responsabilità del Belgio per i crimini contro l’umanità di rapimento e di sistematica segregazione razziale dei bambini e delle bambine metìs (nate da madre congolese e padre belga) durante la colonizzazione del Congo.
Il procedimento era stato avviato da cinque donne metìs, nate nel Congo Belga tra il 1948 e il 1952. Come molte altre bambine nella loro stessa condizione, Marie-Josée Loshi, Noëlle Verbeken, Léa Tavares Mujinga, Simone Ngalula e Monique Bintu Bingi erano state rapite e collocate in istituti religiosi cattolici, dopo che le loro madri congolesi erano state costrette a firmare fogli incomprensibili in cui c’era scritto che davano il consenso a consegnare le “figlie del peccato”.
In quegli istituti le bambine erano state forzatamente private delle loro radici e della loro identità, per poi essere abbandonate a se stesse dopo l’indipendenza del Congo.
Nel 2018 l’allora Primo Ministro belga Charles Michel aveva chiesto ufficialmente scusa e un anno dopo il Parlamento federale aveva approvato la cosiddetta “risoluzione metìs”.