Venerdì 6 dicembre scorso si è tenuta a Cagliari, presso la Baracca Rossa, in via Principe Amedeo33, un’interessante iniziativa, denominata “Festa della riscossa popolare. Contro la guerra alla sanità pubblica, organizzarsi dentro e fuori i presidi sanitari”. Sono intervenutƏ: Gaia Zotta del P. Carc, alcune rappresentanti di Ortija- Spazio di cura autogestita, Teresa Concu esponente di USB e Potere al Popolo-Cagliari, Giancarlo Nonis dell’Associazione Italia-Cuba.

Le relazioni

Nella relazione introduttiva, Gaia ha espresso la necessità di operare dal basso per contrastare il sistema capitalista che tende a far profitto a scapito della salute pubblica incentivando il privato. Se l’obiettivo del Governo Meloni è incrementare le politiche di guerra a scapito dei servizi essenziali, sostenere le guerre di ƏUsa-Nato e sionisti, nel nostro paese i lavoratori della sanità e le masse popolari hanno una guerra da combattere: quella contro lo smantellamento del Servizio sanitario nazionale. È importante non scoraggiarsi, essere presenti nei presidi e nelle lotte delle masse popolari, essere propositivƏ, operare dal basso, per innescare il cambiamento possibile.

Le rappresentanti di Ortija -Spazio di cura autogestita hanno esposto l’idea di realizzare un presidio sanitario popolare nel Quartiere “Is Mirrionis” che possa rispondere alle esigenze di consulenza e di pronto intervento per persone in difficoltà, senza tetto, migranti.

Teresa, infermiera professionale, ha messo in risalto i tagli alla sanità pubblica nelle diverse finanziarie succedutesi negli anni, che hanno determinato la carenza di organici. La difficoltà degli operatori e delle operatrici della sanità di poter svolgere adeguatamente il lavoro di cura negli ospedali, con turni massacranti.

Di fronte agli atti di violenza nei Pronto soccorso riportati dai quotidiani, atti nati spesso dal disagio per una inadeguata a bisogni impellenti, il governo propone la repressione con l’inasprimento delle pene, invece di assumere personale adeguato. Ha ricordato, inoltre, che nel quartiere di “Is Mirrionis” opera da tempo il Guardaroba popolare, nella sede di Potere al Popolo – Cagliari. Ben venga, dunque, anche un Ambulatorio popolare.

Tavolo delle relatrici e del relatore. Foto facebook

L’intervento conclusivo di Giancarlo Nonis dell’Associazione Italia-Cuba sulla situazione della sanità in Sardegna, lo pubblichiamo integralmente, di seguito.

Il dibattito e la festa 

Dopo le relazioni, un pubblico attento ha interagito con molto interesse durante l’incontro, nel quale sono intervenutƏ esponenti di altre associazioni, quali Comitato Sa Luxa, Associazione Sarda Genitori Oncoematologia Pediatrica.  La serata è continuata con un buffet di autofinanziamento e rallegrata da poesie e musica della Banda Sbandati, perché la lotta contro un sistema disumano ed escludente, deve essere anche una festa.

La Banda sbandati. Foto Facebook

La relazione di Giancarlo Nonis

Nel 1978 nasceva il SSN con la legge 833, che cancellava il sistema degli enti mutualistici, le casse mutue, per chi aveva un lavoro, mentre i disoccupati erano assistiti direttamente dai Comuni (se avevano fondi a disposizione), si crearono i comitati di gestione USL unità sanitarie locali, dove le comunità attraverso i propri rappresentanti in genere i Sindaci, realizzavano l’assistenza sanitaria e quella sociale sanitaria.

I conti in rosso dei bilanci portano ad una riforma che trasforma le USL in Aziende con nomina di amministratori che, alla pari dei CEO privati, hanno un solo compito: fare cassa, facendo quadrare i bilanci, che spesso sono solo una sommatoria di spese, previste dai Servizi sanitari ed avallate a piè di lista, senza contraddittorio.

Anche questo sistema fallisce e i conti vanno in rosso e si commissariano anche gli assessorati alla salute, I dirigenti dei servizi vengono nominati dai manager a loro volta nominati dagli assessori, spesso anche loro dei tecnici scelti per appartenenza partitica. La politica con la P maiuscola incomincia a franare, si esternalizzano molti servizi della logistica, della manutenzione, fino a questi ultimi anni dove ci si affida a cooperative di medici ed infermieri per garantire un minimo di sicurezza.

Il divario tra Nord e Sud

In Sardegna e in generale nel sud Italia, ci si ammala di meno, ma si muore di più rispetto alle ricche Regioni del nord continentale. Questo è dovuto sia alla carenza nella prevenzione, ad esempio per gli screening della mammella (mancano i radiologi) per i paptest, per la cervice uterina, sia alle attese troppo lunghe per la diagnosi anatomopatologica e il colon retto per le lesioni nell’intestino (polipi precancerosi).

In Sardegna i decessi nel 2021, ultimi dati certi ISTAT, sono il 33,01 % con 5244 decessi, diventando i tumori prima causa di morte nell’Isola e scavalcando le malattie cardiovascolari che nel resto d’Italia ed Europa sono purtroppo prime da sempre. I decessi sono in aumento del 1,01 % rispetto al 32 % del 2020 e addirittura al di sopra di quattro punti rispetto al dato nazionale del 29,4 %.

La crisi economica attraverso l’Istat ci dice che un 20% della popolazione non si cura più ovvero oltre 300.000 sardi. La crisi che attanaglia gli ospedali porta inevitabilmente 14.000 persone a curarsi nel resto d’Italia, quasi sempre in Lombardia e questi viaggi tra il 2019 e il 2020 sono costati al SSR servizio sanitario regionale oltre 72 milioni, e registriamo 200 decessi in più rispetto al 2021.

Il numero chiuso

Il numero chiuso voluto dal Ministro della Università e Ricerca fin dal 2011 ormai da troppi anni ha portato alla mancanza di sostituire medici, infermieri e tecnici, oltre il blocco del Turna-Over ovvero mancate assunzioni, a cui dopo la pandemia si è corso malamente ai ripari inserendo medici specializzandi nelle corsie.

In Sardegna la spesa sanitaria è arrivata a quasi 3,5 miliardi di euro praticamente la metà del Bilancio regionale del 2024. Ecco alcuni numeri: i medici di prossimità o MMG sono quasi 1000, ne mancano 544, con il loro ambulatori vuoti, e il conseguente riversamento nei Pronto soccorso ospedalieri. Nella provincia di Oristano, con 1780 pazienti per medico si sfiora la soglia massima dei 1800.

Altri dati: i posti letto in Europa sono in media 524 ogni 100.000 abitanti, in Sardegna attualmente solo 304 e nel 2010 erano 343 e, dunque, i vari assessori che si sono succeduti hanno tagliato i posti letto, perlopiù negli ospedali Spoke di periferia, a vantaggio dei due poli di Cagliari e Sassari. E persistono in Sardegna patologie territorializzate come ad esempio la sclerosi multipla tra i giovani nel guspinese-villacidrese. Sono stati ridotti già 10 anni fa i dipartimenti per le malattie psichiatriche da 5 a 3.

Abbiamo solo un Servizio per il nostro popolo residente nell’Isola per la oncoematologia pediatrica nell’ospedale Cao ex Microcitemico. Non abbiamo un solo centro per la chirurgia pediatrica, e i neonati e adolescenti devono essere inviati con un aereo militare che costa 50.000 euro per un’ora di volo, e distogliendo dal Servizio ospedaliero un rianimatore ed un infermiere che devono rientrare con un volo commerciale, se sono fortunati in giornata.

Le Case di Comunità non realizzate

Da quindici anni avremmo dovuto realizzare le Case di Comunità, ex Case della Salute, ovvero dei poliambulatori periferici e lontano dai presidi ospedalieri per filtrare le urgenze (codici bianchi e gialli) onde evitare di ingolfare i Pronto soccorso con attese di ambulanze anche di 48 ore. Si sente l’assenza di un Piano Sanitario discusso e votato in Consiglio Regionale, questo ha portato a varie mini riforme attuate dall’assessore di turno.

Si è istituito un’agenzia chiamata prima ATS ed ora Ares che deve appaltare gli acquisti e realizzare i concorsi per i dipendenti, così si risparmia su centinaia di gare di appalto e decine di concorsi tra ASL, aziende universitarie e speciali. Ma non deve l’Ares programmare o sanzionare l’attività dei direttori generali, e sarà l’Assessorato a registrare il loro operato e la presentazione obbligatoria dei Bilanci; a proposito di questi l’Agenas, agenzia governativa, può accedere solo ai dati forniti dalle due AOU di Sassari e Cagliari e l’Arnas Brotzu, con i suoi ospedali S. Michele, Businco e, da gennaio 2025, anche il Cao.

L’apporto che potrebbero dare i medici cubani

Si potrebbe tamponare la situazione operando come in Calabria dove si è contrattualizzato un’Agenzia della Repubblica di Cuba che ha fatto arrivare già 400 medici ed infermieri specializzati ed inseriti negli ospedali per coprire i vuoti nei loro organici. La qualità della Sanità cubana è certificata dalla pandemia da covid 19, infatti nonostante il Blocao (sanzioni imposte dagli U.S.A. che impediscono rapporti commerciali con il resto del mondo, che sarebbe a sua volta sanzionato se lo facesse) ha realizzato il vaccino Soberania, certificato dall’OMS come valida alternativa, ad un costo molto inferiore a quello delle multinazionali della farmacopea mondiale, controllata quasi esclusivamente sempre dagli U.S.A.

Gli italiani già 60 anni fa andavano a Cuba per la chirurgia oculistica, ed hanno sperimentato e provato l’efficacia di uno spray nasale per tumori virali nei bambini. Spero ed auspico che anche in Sardegna, quanto prima l’attuale Giunta regionale elimini gli ostacoli che finora hanno impedito che questo avvenga.