Il 1° dicembre Daoud Nassar è seduto al centro del tavolo sistemato per l’occasione davanti all’altare e  parla con grande pacatezza ad un centinaio di persone nella splendida chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma. Daoud è il responsabile della Fattoria “Tenda delle Nazioni” che si trova  nei pressi di Betlemme, significativa esperienza di resistenza nonviolenta alla ferocia dei coloni in Cisgiordania, nei territori dello Stato Palestinese occupati da Israele.

Daoud inizia il suo racconto.

Mio nonno fece registrare formalmente la fattoria di proprietà della nostra famiglia e questo suo atto fu molto importante, perché molti contadini preferivano non registrare la  proprietà agli uffici del catasto dell’Impero Ottomano per non pagare le tasse.

Per risparmiare, inizialmente vissero in una caverna situata sui terreni della fattoria. Questa caverna è tuttora un luogo di connessione spirituale tra questa terra e quattro generazioni della mia famiglia.

Da decenni abbiamo iniziato una battaglia legale che continua con un ricorso alla Corte Suprema di Israele. Più volte sono entrati coloni nelle nostre terre per intimidirci ed umiliarci, per tracciare strade, tagliare alberi e minacciare.

Abbiamo rifiutato un’ingente somma, un’offerta di acquisto della nostra terra tramite un assegno la cui somma potevamo indicare no stessi, ma così facendo ce ne saremmo dovuti andare via subito e per sempre. Non è stato facile, ma ci siamo rifiutati: vendere la terra sarebbe stato come vendere la nostra anima.

Da allora subiamo continue provocazioni: ad esempio i coloni hanno aperto cantieri illegali per costruire nuove strade e addirittura un muro all’interno della nostra proprietà per dividerla. Come noi l’intero popolo palestinese viene quotidianamente umiliato.

Tre sono le risposte possibili, ma fallimentari, che possiamo dare alla violenza dei coloni: la resistenza violenta e armata, accettare l’ingiustizia e piangere aspettando un miracolo con atteggiamento vittimistico, o anche andarcene, fuggire come stanno facendo molti.

Noi invece abbiamo accettato la sfida: combattiamo in modo nonviolento, pur sapendo che questa strada non ci assicura la vittoria. Rifiutiamo di sentirci solamente delle vittime, anche se siamo realmente vittime del colonialismo, così rifiutiamo di odiare chi ci odia: una pratica difficilissima.

Siamo una famiglia di cristiani palestinesi e sappiamo che gli esseri umani sono fatti a immagine di dio, non siamo fatti per odiare i nostri fratelli.. Agiamo attivamente, non siamo mai passivi, resistiamo con i valori radicati nella nostra fede cristiana. Crediamo nella giustizia, una strada difficile, tortuosa e molto lunga.

Vogliamo praticare e proporre un nuovo modello di resistenza, creativa e nonviolenta, che sappia contrapporre il bene al male e la luce alle tenebre.

Rifiutiamo di essere nemici di altri esseri umani, rifiutiamo di vedere come nemici degli altri esseri umani, anche se loro, i coloni israeliani, ci considerano tali e commettono ogni sorta di ingiustizie nei nostri confronti.

Nella Tenda delle Nazioni trasformiamo il nostro dolore in forza e capacità di resistere al male. La nostra fattoria è aperta a tutti coloro che hanno qualcosa da raccontare – ciò che hanno vissuto, sentito e visto.

Continuiamo a fare battaglie legali, anche se il sistema giudiziario israeliano è di parte ed è contro di noi. Difendiamo la nostra terra da chi vuole levarcela.

Per questo continuiamo a far vivere la fattoria per renderla produttiva. Molti ci hanno aiutato: quando i coloni ci hanno tagliato l’energia elettrica, abbiamo installato pannelli fotovoltaici per creare energia solare, quando ci hanno tagliato l’acqua abbiamo installato un sistema per depurare e conservare l’acqua piovana.

Così abbiamo dimostrato che è possibile resistere: non ci sediamo, non piangiamo, non facciamo le vittime.

Agiamo e questo è il nostro messaggio di resistenza. Invitiamo nella nostra fattoria gruppi di persone solidali, che ci supportano e che agiscono poi nei loro territori seguendo la nostra esperienza.

La Palestina non è l’unico terreno martoriato di questo nostro pianeta, ma possiamo essere un esempio per tutti, come il Sudafrica di Nelson Mandela è stato un esempio per noi.

Piantiamo alberi e, come fa un albero, la pace che vogliamo costruire, che stiamo già costruendo parte dal basso e cresce verso l’alto.

Organizziamo attività estive e ricreative per le bambine e i bambini e visite delle scuole della zona durante l’anno scolastico. I nostri bambini crescono in una situazione difficilissima e insegniamo a loro e a noi stessi

la capacità di concentrarsi sulle cose positive, di vedere il bicchiere mezzo pieno anche se si tratta di poche gocce. Anche ai bambini chiediamo di agire concretamente per la pace.

Organizziamo gruppi di volontari per la raccolta di olive e fichi: la fattoria deve essere viva e produttiva, per essere un esempio credibile. Il nostro compito è motivare al cambiamento. Ci auguriamo il meglio, ma ci prepariamo al peggio.  La strada è lunga e se cadiamo ci rialziamo. La nostra resistenza è fatta di piccoli passi.

La nostra fede in Cristo ci dà la forza per andare avanti.  Facciamo tutto ciò che possiamo e il resto lo lasciamo alle nuove generazioni. Abbiamo subito umiliazioni indicibili.

Dopo il 7 ottobre gli occhi del mondo intero erano e sono tuttora giustamente puntati su Gaza; mentre l’esercito procedeva quotidianamente con il genocidio nella Striscia di Gaza, ai coloni è stata data mano libera, spesso con il pieno sostegno dell’esercito nelle loro spedizioni punitive contro i villaggi palestinesi.

La nostra fattoria è un’enclave circondata da colonie e raccogliere olive è il nostro modo di resistere e di proteggere la nostra Terra.

Il periodo per noi più difficile ha coinciso con l’epidemia di Covid 19, quando i volontari non potevano raggiungerci e appoggiarci. Numerosi posti di blocco ci fermavano confinandoci nella nostra fattoria, eravamo completamente isolati mentre vari cantieri stradali venivano aperti illegalmente dentro la nostra proprietà ed espropri illegali collegavano tra loro le colonie.

Quando tutto sembrava perduto, grazie alla nostra battaglia legale e nonviolenta a settembre di quest’anno i lavori illegali sulla nostra terra si sono fermati. Mentre prosegue l’azione legale per difendere i nostri diritti davanti alla Corte Suprema, la presenza dei volontari e i riconoscimenti internazionali per ora hanno fermato i coloni.

La solidarietà internazionale sta funzionando: i volontari internazionali ci danno coraggio, speranza e forza per continuare a lottare e per rendere produttiva la fattoria. Vogliamo essere un esempio per gli altri, dobbiamo esercitare la speranza attiva e cioè dare la forza di resistere anche agli altri.

Siamo sorpresi della nostra capacità di operare in situazioni veramente estreme, ma lo facciamo perché intimamente crediamo che la resistenza nonviolenta sia l’unica eticamente giusta ed efficacie. La vita acquista senso solo in un rapporto in cui si riceve e si dà amore.

I volontari internazionali non ci fanno da scorta durante i nostri lavori agricoli, ma ci hanno permesso di elaborare nuove tecniche e nuovi progetti, trasformandoci in costruttori di una comunità e protettori della terra.

Il riciclaggio dei rifiuti, il riciclo dell’acqua e le energie rinnovabili e alternative al modello estrattivista ci uniscono nel rispetto della terra e della natura, nel segno della solidarietà e della legalità stabilita dalla comunità internazionale, a partire dal rispetto dei diritti umani. La nostra vuole essere una testimonianza rigenerante.

Durante il mio tour in Italia abbiamo intessuto nuove relazioni, attivato solidarietà, fornito Informazioni che i madia non valorizzano e ricevuto donazioni preziose per i nostri progetti.

In inverno i lavori nella fattoria sono soprattutto di bonifica e manutenzione degli ambienti in cui diamo ospitalità, poi ci preparazione per la semina primaverile.

I nostri alloggi servono anche per dare ospitalità ai pellegrinaggi in Terra Santa di gruppi che vogliono conoscere la nostra esperienza. Abbiamo infatti ottimi rapporti  con tutte le Chiese Cristiane di Betlemme.

Abbiamo rapporti positivi con la società civile israeliana, collaboriamo con gruppi pacifisti israeliani e li aiutiamo a cambiare ottica, aprendo insieme nuove prospettive di convivenza. Pensiamo che una pace duratura possa esserci solo in uno stato binazionale.  Dobbiamo lavorare insieme per una vera conferenza di pace internazionale.

La resistenza nonviolenta ha tempi lunghi e ha bisogno di aiuti internazionali, ma è l’unica possibilità perché la violenza genera solo altra violenza, in una spirale senza fine. Non è facile, ma si tratta di resistere dispiegando la forza dell’amore. Amare i nemici significa opporsi a loro sul piano culturale, evitare di diventare come loro, agire in modo radicalmente diverso dal loro per contrapporsi alle ingiustizie.

Possiamo cambiare le cose pur essendo una minoranza. Vorremmo riuscire a essere una luce nel mondo, sale e lievito nella società. Il dolore da lenire è molto forte e abbiamo molte ferite aperte, che dobbiamo curare riconoscendoci tutte e tutti come parte della comune umanità. Non devo aspettare la salvezza, ma fare anch’io la mia piccola parte, perché tante piccole azioni formeranno un mosaico di pace e costruiranno la differenza.

Anche voi potete e dovete agire per la pace e la giustizia; la comunità internazionale deve stare dalla parte della giustizia e riconoscere i diritti di tutti. Noi vogliamo incoraggiare i palestinesi a resistere con la forza della verità e della nonviolenza.

Attualmente non è facile entrare e uscire da Betlemme e per noi è quasi impossibile andare a Gerusalemme,  che dista solo 9 chilometri. Noi siamo una piccolissima comunità formata da cinque famigliari e fino a una trentina di ospiti che ci sostengono e che si alternano: c’è gente di ogni età.

È ancora possibile arrivare da noi alla Tenda delle nazioni, nonostante le molte difficoltà imposte dai coloni e dalle forze di sicurezza israeliane; la strada principale di collegamento è riservata agli israeliani e interdetta a noi e a tutti i palestinesi.

Noi siamo innanzitutto contadini: piantiamo alberi e seminiamo. Molti semi vanno persi, altri daranno molti frutti.

Pregate per noi: la forza spirituale ci aiuta. Mettetevi in contatto con noi, anche on line Aiutateci a scoprire nuove idee e nuovi progetti per resistere; ci servono energie nuove e positive per andare avanti.

Una voce dal pubblico chiede: la vostra è una meravigliosa esperienza. Come si dice meraviglioso in arabo? Montas, risponde Daoud Nassar.