In attesa del deposito della sentenza, il 14 novembre la Corte Costituzionale ha comunicato la decisione relativa alla questione di costituzionalità della legge n. 86/2024 (Autonomia differenziata), posta da Puglia, Toscana, Sardegna e Campania. Pur non ritenendo incostituzionale l’intera legge, considera illegittime specifiche disposizioni, rovesciando l’impostazione del testo e riportando il regionalismo ad alcuni principi guida come l’unità della Repubblica, la solidarietà, l’eguaglianza dei cittadini e la garanzia dei loro diritti costituzionali.
Pubblichiamo il comunicato dei Comitati contro ogni autonomia differenziata
Comunicato del 15.11.2024 – Comitati per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata, l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti
La Corte costituzionale ha esaminato i ricorsi di quattro Regioni che hanno richiesto la dichiarazione di incostituzionalità della legge Calderoli e – mentre ‘ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024)’ – ha considerato, invece,‘illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo’, come afferma il comunicato emanato dal Palazzo della Consulta.
Naturalmente andrà letta la sentenza con le sue motivazioni; di certo possiamo affermare, come Comitati contro ogni autonomia differenziata, che il Governo, il ministro Calderoli e la maggioranza parlamentare di destra escono malconci dalle dichiarazioni di illegittimità di punti significativi della legge. Basta richiamare alcune disposizioni della legge Calderoli dichiarate incostituzionali per coglierne la portata:
— la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, e non solo specifiche funzioni;
— la mancata prescrizione di una legge delega che stabilisca i criteri direttivi per emanare i successivi decreti; infatti, la legge Calderoli li indica nella legge di bilancio 197/2022, fatto che la Corte giudica incostituzionale, ravvisando in questo una lesione delle competenze del Parlamento;
— la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito;
–- l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, comma 3 della Costituzione, alle regioni a statuto speciale che, invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali.
Inoltre, la Corte afferma che il Parlamento non può essere spogliato delle sue prerogative di emendare le Intese; che la distinzione tra materie LEP [Livelli Essenziali delle Prestazioni] e non-LEP non può pregiudicare la garanzia dei diritti civili e sociali; che la clausola di invarianza deve collocarsi in un quadro di valutazione complessiva della finanza pubblica, e dunque vanno definiti i fabbisogni per i LEP e, su questa base, decidere le poste finanziarie.
La Corte infine pone al Parlamento il compito indefettibile di intervenire per colmare i vuoti creati con la dichiarazione di incostituzionalità di disposizioni-chiave della legge 86/2024.
Certo, la Corte afferma che la legge Calderoli non è illegittima nel suo complesso, perché tale legge è volta a disciplinare l’attuazione del comma 3 dell’art 116 della Costituzione, frutto della sciagurata riforma del Titolo V del 2001.
I Comitati contro l’AD – insieme a sindacati, associazioni e partiti che fanno parte del comitato referendario – attraverso il referendum abrogativo totale, chiedono invece che siano cittadine e cittadini a decidere se la legge Calderoli violi o no gli articoli 2, 3, 5 della Costituzione. Secondo i Comitati la legge Calderoli viola quegli articoli perché frantuma l’unità e indivisibilità della Repubblica, lede il principio di solidarietà e di uguaglianza dei cittadini, che verrebbero a godere di diritti differenziati secondo il luogo di residenza. Per questo i Comitati sono certi che, anche qualora il Parlamento intervenisse per sanare le illegittimità costituzionali, come richiede la Consulta, il referendum di abrogazione totale sarà ammesso e la legge Calderoli, attraverso il voto referendario,sarà cancellata.
QUI il testo del Comunicato dell’Ufficio Comunicazione e Stampa della Corte costituzionale
Qui il video dell’Udienza pubblica del 12 novembre 2024