15 dicembre, anniversario della morte di Giuseppe Pinelli, piazza Fontana, tre del pomeriggio, già fa freddo.
Sono convocati diversi cori, musicisti, cantanti, per chiudere come sempre con la Banda degli Ottoni a scoppio.
Su un piccolo palco, a volte stretti, si succedono i vari gruppi: pezzi noti e meno noti che pescano nella tradizione di lotta, un secolo e più, due brani a testa.
Davanti, alcune centinaia di persone (se non richiamasse alla guerra li chiameremmo “militanti”), si stringono, forse per stare un po’ più al caldo; c’è il vin brulè del solito compagno che ogni anno allevia il freddo di piazza Fontana, ma la bombola del gas finisce presto. Peccato, in molti confidavano in lui.
Tre ore filate di musica, mentre in piazza ci si incontra, ci si abbraccia calorosamente, o si continuano i discorsi iniziati il 12 dicembre in corteo.
Tocca all’ultimo gruppo: gli Ottoni. Qualcuno li chiama. Sono qua e là, ma soprattutto non sono tutti e tutte, come mai?
Corre subito la voce, anche se molti lo sapevano già: oggi alle 16 sono stati al Corvetto, sotto casa di Ramy, per sostenere la famiglia, esprimere vicinanza e solidarietà.
Ci raccontano: è stato bellissimo, una grande intensità. E’ scesa la famiglia, si è avvicinato il gruppetto degli amici, qualcuno ha parlato dicendo parole emozionanti, ricordando l’uguaglianza, la giustizia, l’essere parte di un tutto. E poi tutti vogliono fare una foto con questa banda che è spuntata come un fungo e ha ridato speranza a una piazza, a un quartiere.
Ecco perché gli Ottoni a scoppio arrivano un filo in ritardo. Pinuccia inizia a parlare, per intrattenere per alcuni brevi minuti coloro che hanno resistito (e non sono pochi) e che ora si sono avvicinati alle lapidi per Pinelli. Gli Ottoni, da sempre, non ne vogliono sapere di palchi, si mettono lì, sull’erba, spariscono dietro una nuvola di chi li conosce bene. Loro sì, sono in coda e possono fare quanti pezzi vogliono e così fanno.
Tutto finisce alle 18. Ma invece no. Nei pressi della fontana al centro della piazza si sono radunati dei giovani (e non solo); sono quelli di Ultima Generazione, Resistenza animale, attivisti contro le guerre. Hanno deciso di fare un flash mob in mezzo a piazza Duomo, in solidarietà con le due giovani attiviste che qualche giorno fa, a Venezia, hanno ricevuto una multa di 450 euro e un foglio di via per essersi sedute per terra con due cartelli. Certo c’era, nei loro pressi, la mirabolante corsa dei Babbi Natali. Il ddl 1660 non è ancora attivo, ma chi comanda vuol far capire quale sarà la musica da qui in avanti.
Ecco allora la solidarietà da piazza Duomo. Una ventina di persone si siedono per terra, ognuno con un cartello, molti lo hanno anche dietro: ricordano il riscaldamento globale e l’emergenza climatica, i disastri che si susseguono, la natura che si ribella e poi le guerre, le spese in armamenti, le ingiustizie. Diversi di loro parlano al megafono, anche in inglese, cercano di trasmettere alla folla che passeggia le loro legittime ansie. Molti si fermano, li fotografano. Alla fine si presenta la Digos: parla con i ragazzi e le ragazze, per oggi niente richiesta di documenti.
Le nostre Cassandre ci provano e ci riprovano, si mettono in un cerchio stretto per dirsi come è andata. C’è soddisfazione, anche se non è facile rompere il ghiaccio, soprattutto quando fa così freddo.