“Per quell* di voi che non hanno ancora sentito parlare del Progetto 2025, si chiama Mandato per Leadership, lo puoi trovare su internet. Nelle sue 900 pagine “l’aborto” è menzionato 199 volte e questo dimostra le implicazioni che questo documento, un documento politico, ha per le politiche sessuali e di genere, in generale, ma non solo”. Lo afferma l’ex ricercatrice e attivista Susi Meret, ora professoressa associata all’Università di Aalborg in Danimarca.
“È probabile che Trump ripristini le politiche anti-aborto nazionali e internazionali che ha imposto nel suo primo mandato e che il presidente Joe Biden ha revocato. Potrebbe anche adottare le proposte sull’aborto e su altre cure sanitarie riproduttive contenute nel progetto di 900 pagine per la prossima amministrazione conservatrice, Progetto 2025.
La decisione della Corte di abolire il diritto all’aborto “è solo l’inizio”, afferma il documento, redatto dalla Heritage Foundation con l’aiuto di molti ex-alunni dell’amministrazione Trump. La prossima amministrazione conservatrice, si legge, “dovrebbe spingere il più possibile per proteggere i feti (i non-nati) in ogni giurisdizione americana”.
Susi Meret conferma: “Queste pagine sono state redatte dalla Heritage Foundation, canalizzando molte organizzazioni, forse la più conosciuta è American First Legal un’organizzazione anti-immigrazione guidata da uno dei primi accoliti di Trump che lavorava presso l’amministrazione Trump nel 2017 e nel 2020, Stephen Miller. L’altro è il “Centro Studi sull’Immigrazione”, anch’esso un’organizzazione anti-immigrazione, C-Fam [Center fo Family and Human Rights], un’organizzazione ultra-cristiana che propone i valori della famiglia, contro la riproduzione e gli aborti”
Meret ed Enda sono entrambe d’accordo, il Progetto 2025 ha grandi implicazioni anche a livello internazionale. “Trump è quasi certo che invocherà – e forse espanderà – le restrizioni legate all’aborto ai destinatari dell’assistenza estera degli Stati Uniti. Nel suo precedente mandato, Trump aveva adottato la “Politica di Città del Messico” dell’era Reagan, che vieta alle organizzazioni straniere che ricevono aiuti dagli Stati Uniti di svolgere, sostenere o fornire consulenza o segnalazioni sull’aborto, anche con denaro non statunitense. Ma a differenza dei precedenti presidenti repubblicani, lui ha ampliato la politica considerevolmente. Infatti, sotto Trump, si applicava non solo agli aiuti per la pianificazione familiare ma a tutta l’assistenza sanitaria”.
Inoltre, Jodie Enda di Fuller Project ci ricorda: “L’amministrazione Trump ha lanciato il documento non vincolante, chiamato “Dichiarazione di consenso di Ginevra sulla promozione della salute delle donne e il rafforzamento della famiglia”, poco prima delle elezioni del 2020 che ha perso. Biden si ritirò pochi mesi dopo. Sebbene l’accordo di una pagina non abbia efficacia, i sostenitori del diritto all’aborto temono che, con il potere degli Stati Uniti alle spalle, potrebbe creare nuove norme internazionali che non includano l’aborto nell’assistenza sanitaria delle donne. Imporre restrizioni all’aborto alle donne nei paesi che fanno affidamento sull’assistenza finanziaria degli Stati Uniti ha servito bene i conservatori per decenni”.
Per concludere su una nota diversa, la femminista boliviana Maria Galindo, autrice provocatoria di “Feminismo Bastardo”, ha recentemente esortato le femministe a percorrere una strada diversa rispetto al passato e ha proposto una nuova convergenza: “Abbiamo bisogno di un punto di convergenza che serva da specchio e rappresenti quello che io chiamo il senso di un’epoca per noi e per tutte le nostre lotte[…] che non minimizza né relativizza alcuna lotta, che non percepisca alcun tema come egemonico e che non implichi la segnalazione di un’unica avanguardia.
Né l’uguaglianza tra uomini e donne, né i cosiddetti diritti delle donne, funzionano come tali perché entrambi sono stati inghiottiti dal sistema, […]Nemmeno lotte specifiche come quella contro l’aborto o contro i femminicidi hanno avuto quel ruolo perché sono lotte circolari, in un macabro gioco, iniziano dove finiscono e, pur essendo fondamentali, riducono il nostro senso politico e diventano strumenti di negoziazione ad uso dello Stato e dei partiti politici. Finiamo là dove non volevamo essere, finiamo per essere negoziate dalle forze conservatrici, da stati che ci ricattano ancora e ancora.
Lasciate che vi dica che depatriarcalizzazione è quella parola, è quel luogo, è quella chiave, è quel concetto che può inglobare, creare coesione, aprire a un nuovo senso dell’epoca, identificarsi come utopia generale entro cui ricamare contenuti e senso collettivo in cui poter inscrivere pratiche e conoscenze” .
Galindo insomma ci ricorda che si, l’aborto e i diritti riproduttivi sono fondamentali ma, nelle mani di politici e governi, sono diventati strumenti di negoziazione in un tiro alla fune senza fine.