Ci sarebbero moltissime cose da raccontare sullo sciopero generale di ieri, venerdì 29 novembre 2024, indetto da CGIL e UIL e, su differenti ma convergenti piattaforme, da diverse sigle del sindacalismo di base, tra cui la Confederazione Cobas, l’Usi, la Cub e molte altre.

Ieri innanzi tutto non ho scioperato in solitudine perché nella mia scuola ho partecipato a uno sciopero massiccio e per la prima volta dopo svariati anni sono sceso in piazza con alcune mie colleghe dell’Istituto Comprensivo “Antonio Gramsci” frequentato da bambine, bambini, ragazzini e ragazzine di alcuni dei quartieri popolari e multietnici della zona portuense, nel quadrante Ovest di Roma, ossia il Trullo, Monte Cucco, Corviale e l’annesso campo di segregazione razziale di romrì e rom di origine bosniaco-musulmana e rumena.

La mia è una scuola frequentata da alunne e alunni di 41 differenti nazionalità e una scuola laboratorio di educazione interculturale e alla pace, in cui già negli anni Sessanta Gianni Rodari faceva laboratori di scrittura creativa con i bambini, da cui nacque il libro e poi il film pacifista e antimilitarista “La torta in cielo”.

Per una volta l’adesione allo sciopero di docenti di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, del personale ATA, ausiliario e tecnico amministrativo è stata maggioritaria.

La soddisfazione maggiore è stata la chiusura della sede centrale, che onora con grandi murales la figura del massimo teorico italiano del marxismo antidogmatico, che Lenin in persona “propose” alla guida del Partito Comunista d’Italia, nato sotto il segno dell’intransigenza, ma anche del settarismo di Amedeo Bordiga.

Costatata l’adesione totale di tutto il personale ATA, la sede centrale è stata chiusa. Inoltre ci siamo date appuntamento (a scuola mia si usa il femminile universale) a Piazza Indipendenza, da dove partiva il corteo dei sindacati di base.

Abbiamo deciso di partecipare a questo corteo essenzialmente perché solo i sindacati di base esprimevano nella piattaforma della convocazione un netto No alla guerra.

Lo striscione è stato preparato da Giulia Pezzella, Professoressa di Italiano e segretaria del Circolo di Rifondazione Comunista “Camilla Ravera” di Monteverde e non poteva che essere una citazione di Gramsci: “Organizziamoci perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo! Collettivo Gramsci”

La mia impressione è che lo sciopero sia riuscito soprattutto dove qualcuno, come nel mio plesso la mia giovane collega Valeria De Paoli, ha saputo smuovere le acque stagnanti, mentre altrove, dove nessun lavoratore ci ha messo la faccia, ha prevalso la depressione politica tipica di questi anni di continue sconfitte, perché il malessere e il malcontento non bastano da soli a creare partecipazione e mobilitazione.

Ho invitato le varie altre realtà presenti al corteo a utilizzare Pressenza per raccontare le proprie vertenze e mobilitazioni, a cominciare dalle studentesse e dagli studenti del Liceo Classico Tito Lucrezia Caro, scesi in piazza con il loro amatissimo e precarissimo professore di Filosofia, che confermano la regola che ho prima esposto: la misura è colma e basta la scintilla lanciata da una persona credibile a innescare una partecipazione massiccia e determinata che diventa egemone.

Ma se nessuno lancia la scintilla nulla accade e tutto continua a ristagnare come nauseabonda palude.

Quindi se non ci mobilitiamo noi nessuno verrà a salvarci dalla guerra, dal fascismo, dalla precarietà e dallo sfruttamento.