Il 2 ottobre scorso una enorme folla si è radunata in Via Lepanto, a Cagliari, davanti al Consiglio Regionale. Decine i pullman da tutta la Sardegna che hanno raggiunto il capoluogo.
Al suono delle launeddas, poco prima di mezzogiorno, attraverso una catena umana, sono state fatte scorrere verso il palazzo del Consiglio le scatole contenenti le 210.729 firme raccolte dal primo agosto al 16 settembre per la Legge denominata Pratobello24, sostenuta da numerosi sindaci, comitati e associazioni. Il presidente del Consiglio Regionale Comandini ha ricevuto una rappresentanza, che ha consegnato ufficialmente i moduli.
«Siamo di fronte a un risultato eccezionale», ha commentato il sindaco di Orgosolo, Pasquale Mereu, tra i promotori dell’iniziativa. “L’obiettivo non è bloccare la transizione energetica, ma contribuire a una transizione che rispetti il territorio e sia a favore del popolo sardo e non delle multinazionali».
La speculazione energetica colpisce l’isola in modo feroce
La proposta di legge è solo l’ultima delle iniziative organizzate per cercare di fermare la speculazione energetica che sta colpendo l’isola in modo feroce. I numerosi comitati sardi questa estate sono stati impegnati in presidi e manifestazioni, tra cui la ribellione di metà luglio ad Oristano, dove molti cittadini hanno cercato di fermare alcuni tir in uscita dal porto contenenti giganteschi componenti delle pale eoliche, e la rivolta degli ulivi nata a Selargius (luogo in cui dovrebbe essere costruita una stazione di conversione per il collegamento sottomarino ad alta tensione, Tyrrhenian Link), dove, in risposta allo sradicamento degli alberi da parte di Terna, sono arrivati cittadini da tutta l’isola per ripiantarli.
Lo Stato (Decreto Lgs n. 199/2021, Dm 21 giugno 2024) impone alla Sardegna una produzione minima di circa 6.2 GW. Mentre il consumo in Sardegna è di 1.5/2 GW. Non c’è la possibilità di accumulare e trasportare l’energia prodotta (il Tyrrhenian Link sarebbe in grado di veicolare solo 1 GW). Eppure i progetti vanno avanti, presumendo che in futuro saranno disponibili strutture per trasportare l’energia. Sono stati presentati più di 800 progetti, per 3000 pale eoliche, alte più di 200 metri.
Tra i siti coinvolti: la Reggia di Barumini (uno dei simboli della civiltà nuragica), Saccargia (chiesa pisano romanica), Capo Mannu e S’Archittu (con impianti con pale di 300 m off shore), Sant’antioco Carloforte, il Golfo degli Angeli.
Cosa prevede la proposta di legge
La proposta di legge regionale prende il nome dalla rivolta di Pratobello del giugno del 1969, una mobilitazione non violenta di migliaia di donne, uomini, bambini che riuscì a impedire allo Stato di realizzare un poligono militare sui pascoli nel comune di Orgosolo.
La Legge Pratobello24 si muove nell’ambito della normativa urbanistica (di competenza esclusiva della Regione Autonoma e Speciale della Sardegna) e prevede il recepimento delle disposizioni restrittive e vincolistiche già contenute in piani e programmi di emanazione regionale, nazionale e comunitario, mai tradotti fino ad ora in norme urbanistiche in grado di evitare irreversibili compromissioni del territorio.
La proposta di legge prevede il divieto di realizzare impianti eolici e fotovoltaici a terra nelle aree oggetto di salvaguardia per il valore storico, archeologico, agricolo e naturale (fatte salve le comunità energetiche). Si tratterebbe di circa il 98% del territorio sardo. L’obiettivo è quello di sfruttare piuttosto le aree già impermeabilizzate (tetti, strade, parcheggi), evitando lo sfruttamento di altro suolo.
Il testo è consultabile qui.
L’avvocato Michele Zuddas, tra i protagonisti della campagna di questi mesi, in un’intervista ad Ottolina Tv spiega: “Di fronte all’attacco alla Sardegna la Regione si è presentata subalterna: al dictat di Pichetto Fratin la presidente Todde ha accettato subito di adottare la legge sulle aree idonee”. “La Regione ha imposto ai Comuni di fornire la mappa delle aree, dando sei giorni di tempo. I Comuni hanno una difficoltà oggettiva nel creare la mappa e ad essi non è stato riconosciuto alcun potere politico. È stato uno scaricabarile, senza partecipazione democratica”.
Riguardo alla moratoria, adottata con la Legge Regionale n. 5/2024, Zuddas commenta: “Abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica riguardo alla moratoria. Nei proclami doveva servire a bloccare la speculazione energetica ma non blocca niente: all’art 1 dice che al fine di scongiurare impatti irreversibili si fa divieto di realizzazione degli impianti eolici o fotovoltaici. Quindi ci saremmo aspettati che le autorizzazioni e i progetti in corso venissero bloccati. Ma la norma è stata interpretata prevedendo che se esiste già la dichiarazione di fattibilità i progetti vanno avanti. Eppure la norma dice qualcosa di diverso. Anche le nuove autorizzazioni non vengono bloccate: i comuni stanno ricevendo nuove richieste per cui la loro partecipazione è limitata a fornire osservazioni entro 30 giorni, che richiedono la nomina di tecnici e documenti corposi con cui rispondere, cosa che nella maggior parte dei casi non è possibile fare.”
Da segnalare che il Governo ha impugnato la Legge Moratoria davanti alla Corte Costituzionale, mentre il ministro Tajani in questi giorni ha dichiarato di appoggiare la Pratobello24. “Un corto circuito propagandistico senza precedenti, dicono tutto e il contrario di tutto”, commenta Zuddas.
Cosa succede ora
I comitati e firmatari della proposta di legge Pratobello24 sono ancora in attesa di una risposta. Per la discussione della legge le strade sono due: se ci fosse l’unanimità dei capigruppo il testo potrebbe essere direttamente discusso in Consiglio Regionale, altrimenti dovrebbe passare dalle varie Commissioni. In quest’ultimo caso è difficile prevedere quando potrebbe arrivare all’approvazione. Aggiunge l’avvocato Zuddas: “Dopo la consegna delle firme parte una nuova battaglia, perchè bisogna cercare di proteggere la legge dai tentativi di svuotarla di significato o di insabbiarla”.
Intanto il 22 ottobre le Commissioni consiliari IV e V hanno dato il via libera al DDL 45 sulle aree idonee, che andrà in Consiglio Regionale il 5 novembre. Il rischio è che venga sorpassata la legge di iniziativa popolare, ignorando la voce delle centinaia di migliaia di cittadini sardi che chiedono di contare nelle decisioni che riguardano il destino della loro terra.