Dopo cinque giorni trascorsi sulla nave Libra, dopo essere state soccorse in acque internazionali da altri mezzi più piccoli della Guardia costiera e della Guardia di finanza, otto persone di nazionalità egiziana e bengalese sono state sbarcate nel porto di Shengjin e sottoposte ad un ulteriore screening per valutare ragioni di vulnerabilità non emerse in precedenza, tanto che una di loro è stata ritenuta solo in Albania come vulnerabile e sarà trasferita d’urgenza in Italia. Gli altri sette uomini “non vulnerabili” saranno invece destinatari di un provvedimento questorile di trattenimento amministrativo nel centro per i rimpatri (CPR) di Gjader, che entro 48 ore dalla sua adozione dovrà essere comunicato al Tribunale di Roma, che dovrebbe convalidarlo nelle successive 48 ore. Per le convalide non contano i giorni ma le ore decorse dal trattenimento disposto dalle autorità di polizia, e sotto questo profilo dovrebbe considerarsi che le attività di pre-screening in mare o di screeneng nel centro di transito di Gjader si svolgono nei confronti di persone in evidente stato di totale privazione della libertà personale, circostanza che dovrebbe assumere rilievo, restando altrimenti la stessa libertà personale totalmente rimessa alla discrezionalità di polizia al di fuori di un effettivo controllo giurisdizionale.

Lo stazionamento di nave Libra in acque internazionali, al largo di Lampedusa, questa volta non ha prodotto i risultati attesi dal governo che mirava a trasferire in Albania almeno 30-40 richiedenti asilo provenienti da paesi di origine “sicuri”, dunque facilmente rimpatriabili, almeno sulla carta. Ma intanto le prime persone soccorse sono state trattenute a bordo in attesa di successive intercettazioni in acque internazionali di altre persone non vulnerabili provenienti da paesi di origine “sicuri”, intercettazioni che poi non ci sono state. E dalle acque internazionali a sudovest di Lampedusa nave Libra è ripartita quasi vuota per l’Albania.

Non si tratta dunque di risolvere soltanto lo scontro che i governi hanno innescato con la giurisdizione sulla qualificazione di “paese di origine sicuro”, con riferimento a singole parti di territorio, oppure alla violazione diffusa dei diritti fondamentali delle minoranze, ma viene in rilievo, come si verificava già da tempo anche in territorio italiano, nei CPR e negli altri luoghi equiparati, a disposizione della polizia, la questione della detenzione di fatto, magari sulla base di “ordini orali”, nei confronti degli stranieri che fanno ingresso per ragioni di soccorso nel territorio nazionale Dunque anche a bordo delle navi militari che li trasferiscono in Albania, e qui li trattengono nel giorno dello sbarco nel centro di transito di Shengjin, prima del trasferimento nel CPR di Gjader, dove si dovrebbe attuare la notifica del decreto di trattenimento emesso dal questore di Roma.

Le prime fasi attuative del Protocollo Italia-Albania, al di là della prova fattuale della impraticabilità operativa degli accordi stipulati a tavolino tra Giorgia Meloni ed Edi Rama, che prevedevano 3.000 migranti al mese internati nei centri albanesi, rendono ancora più evidenti gravi violazioni al principio costituzionale dell’Habeas corpus (art. 13 Cost.), già denunciate nel cd. approccio Hotspot, come nei CPR, e sempre più evidenti nelle modalità e nei tempi di svolgimento delle procedure accelerate in frontiera riservate ai richiedenti asilo provenienti da paesi di origine qualificati come “sicuri”. La giurisprudenza ritiene in ogni caso che «lo statuto protettivo previsto dall’ordinamento in favore del richiedente protezione si radica già nel momento precedente a quello della formale presentazione della domanda […] e cioè nel momento dell’effettiva manifestazione di volontà del richiedente asilo di avanzare la domanda protettiva» (Cass. 21910/2020).

Il principio dell’“Habeas corpus”, alla base delle costituzioni democratiche, è sancito dall’art.13 della Costituzione, secondo cui La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Solo In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto” . In base all’art. 13 secondo comma della Costituzione, “ E` punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà“. Lo stesso principio dell’ habeas corpus è richiamato dall’art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e dall’art.5 della Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo. Si tratta di un principio che è applicabile a qualunque persona, anche agli stranieri in condizioni di irregolarità, nei confronti dei quali siano adottate misure di trattenimento amministrativo o di allontanamento forzato, secondo quanto previsto dall’art.14 del Testo unico dell’immigrazione n.286/98, per i richiedenti asilo, dall’art. 6 e 6 bis e seguenti del decreto legislativo 142/2015, come modificato dal Decreto legge n.145/2024. Ritorna ancora attuale il principio di diritto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.105/2001, e mai contraddetto in seguito, dunque pienamente applicabile anche nel caso delle procedure accelerate in frontiera esternalizzate in Albania, secondo cui “Il trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea e assistenza è misura incidente sulla libertà personale, che non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell’art. 13 della Costituzione.

Una diversa valutazione della limitazione della libertà personale inflitta alle persone trasferite in Albania potrebbe giustificare prassi in contrasto con il dettato costituzionale e con quanto previsto dalla Direttiva rimpatri dell’Unione europea 2008/115/CE, violazioni analoghe a quelle già riscontrate nei trasferimenti dai luoghi di sbarco ai centri di detenzione/hotspot, ed in particolare da Lampedusa a Pozzallo ed a Porto Empedocle, come emerso lo scorso anno nei provvedimenti dei giudici Apostolico e Cupri del Tribunale di Catania, che non hanno convalidato i decreti di trattenimento del questore di Ragusa. Ma che nel caso dei trasferimenti in Albania si potrebbero risolvere in un arbitrario prolungamento dei tempi di trattenimento amministrativo, a seconda degli ordini verbali impartiti dal ministero dell’interno al comandante della nave, con grave discriminazione tra i naufraghi soccorsi in acque internazionali da navi militari italiane, in parte minima trasferiti in Albania, e per la maggior parte sbarcati in Italia, e quindi condotti nei centri hotspot disciplinati dall’art. 10 ter del Testo Unico n.286/98. Sulla disciplina ancora parziale dei casi di limitazione della libertà personale degli stranieri, seppure con riferimento al trattenimento amministrativo nei CPR, si sono peraltro profilate importanti questioni di costituzionalità. Secondo le più recenti eccezioni sollevate dal Giudice di Pace di Roma di fronte alla Corte Costituzionale la disciplina del trattenimento amministrativo degli stranieri in Italia non rispetterebbe diversi articoli della Carta:, in particolare gli articoli 2, 3, 13, 24, 25 comma 1, 32 e 111 comma 1.

Anche a ritenere che le aree concesse in uso dal governo albanese non siano extraterritoriali e siano parificabili ai centri per stranieri, hotspot o CPR, ubicati in Italia, non può trascurarsi la insormontabile differenza nelle procedure, che può confermare le dicriminazioni prima evidenziate, nei tempi di ricezione ed esame delle richieste di protezione internazionale, a partire dalle complesse e reiterate attività di pre-screening in acque internazionali. Con gravi violazioni dei diritti fondamentali delle persone trasferite in Albania, peraltro private delle possibilità di comunicazione esterna riconosciute a tutti coloro che vengono sbarcati in Italia e dei diritti di difesa, mediati dal funzionario amministrativo responsabile del centro.

leggi anche versione ADIF

Quale Habeas corpus per i richiedenti asilo trasferiti in Albania ?