a.Il Tribunale di Roma sospende il giudizio sulla convalida dei trattenimenti nel CPR di Gjader in Albania e rinvia alla Corte Ue per una ennesima questione pregiudiziale di interpretazione. La serie di ordinanze adottate sulla convalida dei trattenimenti decretati dal questore di Roma ha purtroppo una portata interlocutoria, con una richiesta di procedura di urgenza che la Corte di Giustizia UE potrebbe non accogliere, a fronte del fatto che allo scadere dei termini i richiedenti asilo trattenuti in Albania devono essere immediatamente ricondotti in Italia. Secondo il Tribunale di Roma “deve evidenziarsi che i criteri per la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro sono stabiliti dal diritto dell’Unione europea”. Pertanto, secondo quanto ha riconosciuto anche la Corte di Giustizia UE con la sentenza del 4 ottobre 2024, il giudice deve verificare “la corretta applicazione del diritto dell’Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana”. “Questo Tribunale – secondo l’ordinanza – ha sottoposto alla Corte di Giustizia Ue alcuni quesiti pregiudiziali riguardanti la designazione dei paesi di origine sicura da parte del D.L. n. 158/2024; ritenuto necessario attendere la decisione della Corte di Giustizia sui quesiti pregiudiziali proposti; ritenuto, però, cheil protrarsi dei tempi della decisione sulla domanda di sospensione avrebbe ricadute negative sulla posizione soggettiva del richiedente asilo, sia in termini di diritto di soggiorno sul territorio nazionale che di perdurante titolarità del permesso di soggiorno provvisorio, posto che il comma 4 dell’art 35 ter del d.lvo n. 25/2008 prevede che tale permesso di soggiorno venga rilasciato quando l’istanza di sospensione sia accolta; dispone, nelle more della decisione della Corte di Giustizia, la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato”Secondo il Tribunale di Roma,“Deve essere chiaro che la designazione di Paese di origine sicuro è rilevante solo per l’individuazione delle procedure da applicare; l’esclusione di uno Stato dal novero dei Paesi di origine sicuri non impedisce il rimpatrio e/o l’espulsione della persona migrante la cui domanda di asilo sia stata respinta o che comunque sia priva dei requisiti di legge per restare in Italia”.

Come si è subito osservato“Quella dei giudici di Roma è una decisione tecnicamente diversa da quella presa per il primo gruppo di dodici migranti. In quell’occasione non era stato convalidato il trattenimento, ed era quindi stata chiesta la loro liberazione immediata in applicazione del diritto europeo. Il tribunale aveva ritenuto che l’Egitto e il Bangladesh non potevano essere considerati sicuri, secondo l’interpretazione della sentenza della Corte di giustizia europea che definisce un paese sicuro solo se è tale in tutto il suo territorio e per tutte le categorie di cittadini, senza eccezioni. Elementi che non ricorrono né per l’Egitto né per il Bangladesh.

Più che di una ordinanza che nega la convalida e contraddice il decreto di trattenimento del questore di Roma sul piano del merito, si tratta di una misura cautelare che discende dalla rimessione della questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, con la medesima conseguenza però, dello scadere dei termini di 96 ore del trattenimento amministrativo, e dunque con l’obbligo per le autorità italiane di sottoporre i richiedenti asilo ad una procedura ordinaria in Italia, senza alcuna ulteriore limitazione della libertà personale.

I giudici romani hanno quindi sollevato una serie di questioni di interpretazione pregiudiziale alla Corte Ue, con un riferimento assorbente alla problematica della lista di paesi di origine “sicuri” adesso contenuta in un Decreto legge (n.158/2024) e non più in un decreto interministeriale. Ma le ragioni per negare la convalida del trattenimento amministrativo nel CPR di Gjader in Albania erano molteplici, ed investivano l’intera attuazione (già sul piano di fatto impossibile) del Protocollo Italia Albania.

Si deve anche ricordare che lo scorso giugno la sezione immigrazione del tribunale di Roma ha proposto un quesito pregiudiziale alla prima sezione civile della Cassazione, affinché si pronunci in merito alla possibilità di decidere in autonomia, anche in ragione del dovere di cooperazione istruttoria, comunque valutare, sulla base di informazioni sui paesi di origine (COI) aggiornate al momento della decisione, se il Paese incluso nell’elenco dei “Paesi di origine sicuri” sia effettivamente tale alla luce della normativa europea e nazionale vigente in materia, come sembra suggerire la Corte di giustizia UE, o attenersi alla precedente lista dei Pesi di origine sicuri stilata dal ministero degli Esteri. La decisone è attesa per il prossimo 4 dicembre. Una questione che adesso dovrà essere riconsiderata anche alla luce del decreto legge n.158/2024, che ha previsto una nuova lista di paesi di origine sicuri, senza neppure adottare quei criteri di riferimento ai quali in passato faceva riferimento il decreto interministeriale.

I giudici del Tribunale di Roma potevano disapplicare la norma interna in contrasto con il diritto dell’Unione europea, e anche con la Costituzione italiana (artt.10 e 117), come già era stato ritenuto dal Tribunale di Catania, con riferimento alle procedure accelerate in frontiera nel centro Hotspot di Modica-Pozzallo (Ragusa). Oppure rilevare altre gravi questioni critiche legate alle variegate forme di privazione della libertà personale ancora non disciplinate con legge, con riferimento al trattenimento amministrativo nei centri per i rimpatri (CPR) come quello di Gjader, come negli altri centri di detenzione che sono operativi in Italia. Ma l’attacco subito da esponenti di governo era micidiale. La Presidenza della Repubblica ha taciuto. Il CSM ha dato un chiaro segnale di spaccatura e non si sono neppure difesi sul piano legale i magistrati più esposti, additati dai leader politici ad una campagna d’odio che si inasprisce giorno dopo giorno. La Procura di Perugia sta adesso indagando, dopo la trasmissione degli atti dalla procura di Roma, in relazione ai messaggi di minacce ricevuti sulla mail della giudice Silvia Albano, uno dei sei magistrati della Sezione specializzata sui Diritti della Persona e Immigrazione del Tribunale di Roma.

 

b. Le prime fasi attuative del Protocollo Italia-Albania,al di là della prova fattuale della impraticabilità operativa degli accordi stipulati a tavolino tra Giorgia Meloni ed Edi Rama, che prevedevano 3.000 migranti al mese trasferiti via mare ed internati nei centri albanesi, rendono ancora più evidenti gravi violazioni al principio costituzionale dell’Habeas corpus (art. 13 Cost.), già denunciate sul territorio italiano nel cd. approccio Hotspot, come nei CPR, e sempre più evidenti nelle modalità e nei tempi di svolgimento delle procedure accelerate in frontiera riservate ai richiedenti asilo provenienti da paesi di origine qualificati come “sicuri”.

Se le prassi sulla detenzione amministrativa di questi richiedenti asilo, imposte dal ministero dell’interno, proseguiranno, malgrado le ordinanze dei giudici di Roma, ma anche di Catania, di Palermo e di Bologna, si può attendere uno scontro sempre più acceso sui trasferimenti in Albania, finora operati con la nave Libra. Fino al prossimo anno, nei centri in Albania potrà rimanere forse solo la polizia, per un utilizzo occasionale a scopo di propaganda. Diventa più importante nel frattempo la battaglia per contrastare le procedure illegali di trattenimento e i dinieghi per manifesta infondatezza pronunciati a raffica dalle Commissioni territoriali. Sotto questo profilo non si può nascondere che lo stesso Tribunale di Roma ha riconosciuto proprio lo stesso giorno della seconda decisione sui trattenimenti nel CPR di Gjader, una sospensiva “dell’efficacia esecutiva” di due dinieghi della protezione internazionale per manifesta infondatezza, adottati dalla Commissione territoriale nei confronti di due dei dodici richiedenti asilo “scaricati” ad ottobre in Albania, dopo la prima missione di raccolta operata dalla nave Libra nel Mediterraneo centrale.

Adesso sarà battaglia su ogni provvedimento di diniego per manifesta infondatezza adottato dalle Commissioni territoriali con procedure lampo che assecondano l’indirizzo del governo che tende a trasformare i richiedenti asilo in migranti irregolari da respingere nel più breve tempo possibile. Per dimostrare la natura strumentale delle richieste di asilo, si stanno abbattendo, nella prassi e con la decretazione d’urgenza, tutte le garanzie procedurali previste dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, dagli articoli 10,13 e 24 della Costituzione, dalle Direttive europee n.32 e 33 del 2013, dalla Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo, (artt. 3,5 e 6).

 

c. Se i giudici di Lussemburgo accorderanno una delle due procedure di urgenza previste dal Regolamento della Corte di Giustizia, per una decisione definitiva da parte della giustizia italiana ci vorranno comunque mesi. Anche loro subiranno pressioni politiche enormi eva ricordato che sono giudici di nomina governativa,che dunque possono risentire dell’indirizzo dei governi. Come si è verificato in passato nel caso Khlaifia, con riferimento al trattenimento amministrativo nel centro hotspot di Lampedusa, quando la Grande camera della Corte di giustizia UE ha “corretto” in modo riduttivo la decisione della sezione di prima istanza. Ed in questo momento in Europa il tema dell’immgrazione e dell’asilo sembra dominato anche in Italia da un dirompente “trumpismo” di riflesso, non solo innescato dal risultato delle elezioni americane, ma anche effetto del terremoto politico in atto in diversi paesi, come Francia e Germania, in cui l’estrema destra sembra sempre più vicina al potere. Quello che succede nelle capitali europee potrebbe quindi condizionare le decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Ci sarà anche da vedere in che tempi la nuova Commissione europea ed il Parlamento di Bruxelles daranno attuazione al Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, rendendo operativi i nuovi Regolamenti sullo screening in frontiera e sulle procedure accelerate di asilo, che il governo italiano invoca come se fossero già esecutivi.

Non si tratta dunque di risolvere soltanto lo scontro che i governi hanno innescato con la giurisdizione sulla qualificazione di “paese di origine sicuro”, con riferimento a singole parti di territorio, oppure alla violazione diffusa dei diritti fondamentali delle minoranze, ma viene in rilievo, come si verificava già da tempo anche in territorio italiano, nei CPR e negli altri luoghi equiparati, a disposizione della polizia, la questione della legittimità della detenzione amministrativa nei CPR e della detenzione di fatto, magari sulla base di “ordini orali”, nei confronti degli stranieri che fanno ingresso per ragioni di soccorso nel territorio nazionale. Una questione che rimane ancora aperta e che segna differenze di valutazione tra la Corte di Giustizia UE e la Corte europea dei diritti dell’Uomo.

Rimane in ogni caso il diritto/dovere del giudice di valutare tutti gli atti presupposti e di fornire una motivazione completa per ogni provvedimento che implichi la limitazione della libertà personale, degli stranieri, così come per i cittadini. Analogo vincolo ricorre nei casi di convalida dei provvedimenti di respingimento adottati dal questore nei confronti di richiedenti asilo, detenuti nei CPR, negli hotspot e negli altri luoghi a disposizione delle autorità di polizia, nel corso delle procedure accelerate in frontiera riservate ai richiedenti asilo provenienti da paesi di origine “sicuri”.

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Mezzo passo avanti e un passo indietro della giurisdizione sulla detenzione amministrativa: non solo sui “paesi sicuri”.