É stata un’allucinazione collettiva: le migliaia di falconaresi che tra il 2015 e il 2018 avvertirono e denunciarono esalazioni e cattivi odori imputando la responsabilità alla raffineria Api, nota oasi ambientalista, avevano le traveggole, e in ogni caso non ci “sono prove” che il fenomeno possa essere imputato alla suddetta raffineria.
Come c’era da aspettarsi, vista la richiesta di innocenza formulata nell’arringa finale dal pm Paolo Gubinelli, il giudice Paola Mascaroli ha decretato l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Quindi proprietà scagionata, dato che anche le accuse di getto pericoloso di cose e le violazioni delle leggi in materia ambientale, sono cadute in prescrizione.
Ancora una volta uno dei siti più pericolosi d’Italia ha avuto partita vinta, alla faccia delle ben 86 parti civili composte da singoli cittadini, da varie associazioni ambientaliste e dai comitati locali che di fronte alla sentenza hanno espresso “rammarico e delusione per il mancato accoglimento dei nostri diritti”.
Già, i diritti in questo Paese ormai sono merce rara, si parli di lavoro, sanità pubblica, salute dei cittadini, tutela ambientale. L’Api da decenni ha carta bianca, uno stuolo di servitor cortesi la omaggiano, la tutelano, fregandosene delle conseguenze che la sua presenza ha avuto per Falconara e il territorio circostante.
Ma l’ampio movimento che ha visto scendere in piazza anche quest’anno centinaia, in alcune occasioni migliaia, di persone, sicuramente non abbasserà la guardia, non si fermerà.
Oramai questa di Falconara è diventata una delle lotte più longeve per il diritto alla salute a livello nazionale, radicata e diffusa, una presa di coscienza collettiva che si è fatta strada faticosamente nel tempo, superando il ricatto della “salvaguardia occupazionale”, anche perché gli organici sono alquanto ridotti e si contano poco più di trecento addetti. Inoltre nell’opinione pubblica è cresciuta la consapevolezza che tutela del lavoro e difesa dell’ambiente e della salute non possono essere contrapposte.
Per quanto riguarda il fronte giudiziario è aperta un’altra vicenda processuale, dato che a luglio sono stati rinviati in 18 nell’ambito dell’inchiesta “Oro Nero”, “per cattivi odori”, a partire dall’aprile 2018. Indagine condotta dai carabinieri del Noe e dalla Procura di Ancona.
Un tetto galleggiante di una cisterna si inclinò durante una operazione di bonifica e fuoriuscì una nuvola di gas percepita nell’aria dalla popolazione per giorni interi. Le accuse contestate, vanno dal disastro ambientale, gestione illecita di rifiuti speciali, lesioni colpose, rivelazione di segreto d’ufficio, alla istigazione alla corruzione e abuso d’ufficio. Il processo si aprirà per tutti il prossimo 5 febbraio 2025.
Vedremo se, una volta tanto, l’esito sarà diverso.