Ho partecipato alla manifestazione della Rete Numeri Pari il 17 ottobre 2024 nella Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Povertà. In quell’occasione avevo saputo che gli attivisti della Rete Numeri Pari ci avevano messo molto tempo per dare un semplice preavviso di manifestazione alla Questura di Roma; alla fine sono riusciti ad ottenere una piazza romana che si trova tra Montecitorio e Palazzo Madama, le sedi istituzionali della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Credo che sia importante segnalare l’ostilità della Questura quando un’associazione vuole fare una manifestazione. Così mi sono fatto raccontare dalla Rete Numeri Pari come sono andate le cose, chiedendogli come prima domanda di presentarsi.
La Rete dei Numeri Pari ha come obiettivo il contrasto alla disuguaglianza sociale per una società più equa fondata sulla giustizia sociale e ambientale. Prende idealmente il testimone dalla campagna Miseria Ladra, è stata inizialmente promossa dal Gruppo Abele e da Libera e oggi unisce più di 500 realtà sociali diffuse in tutta Italia che condividono l’obiettivo di garantire diritti sociali e dignità a quei milioni di persone a cui sono stati negati (associazioni, cooperative sociali, movimenti per il diritto all’abitare, reti studentesche, centri antiviolenza, parrocchie, comitati di quartiere, campagne, circoli culturali, scuole pubbliche, biblioteche popolari, centri di ricerca, sindacati, presidi antimafia, progetti di mutualismo sociale, spazi liberati, fabbriche recuperate, reti, fattorie sociali e cittadine e cittadini).
La Rete ha costruito una “Geografia della speranza” formata da nodi territoriali che portano avanti proposte politiche e praticano contemporaneamente mutualismo solidale e contro solidarietà. A livello nazionale promuoviamo l’Agenda sociale: 7 proposte per affrontare le questioni più urgenti e mettere in campo risposte adeguate contro povertà, disuguaglianze e mafie.
La Rete fa parte dei Movimenti Popolari della Terra protagonisti degli incontri mondiali organizzati su iniziativa di Papa Francesco. I Numeri Pari si rivedono nella visione dell’ecologia integrale che mette al centro la necessità urgente di un cambio strutturale definitivo del modello produttivo e di sviluppo affinché la vita sia degna. Per questo riteniamo prioritario: 1. Mettere l’economia al servizio dei popoli; 2. Costruire la pace e la giustizia; 3. Difendere la Madre Terra.
Quanto tempo ci avete messo per dare il preavviso per la manifestazione del 17 ottobre?
Dal 25 settembre abbiamo espresso il nostro diritto di manifestare a Piazza Montecitorio, ma i rappresentanti della Repubblica non volevano neanche vederci. Si rifiutano di guardare negli occhi le istituzioni sociali, cioè noi cittadini. Il governo evidentemente è così infastidito dalla cittadinanza attiva, dall’impegno dei cittadini, dalle nostre passioni, dalla nostra voglia di migliorare le cose, che preferisce o non farci manifestare o mandarci lontano dagli occhi. La Questura si opponeva perché Piazza Montecitorio è una delle piazze contenute nel protocollo tra Ministero e Prefettura che identifica quelle a rischio sicurezza nei pressi dei palazzi istituzionali. Proponevano di spostarci in Piazza Santissimi Apostoli, lontani dalla politica nazionale e nascosta dai cantieri. Dopo diverse convocazioni siamo riusciti ad avere Piazza Capranica. Abbiamo atteso per ore fuori dalla Questura, fatto anticamera senza neanche una sedia dove sederci. Dopo l’invio di una pec e diversi ritorni in Questura, siamo riusciti a depositare il preavviso formalmente il 9 ottobre.
Qualcuno dimentica che in Italia basta una comunicazione alla Questura e non sono necessarie autorizzazioni per esercitare il diritto di manifestare, ma se riescono a frapporre tutti questi ostacoli a realtà nazionali come la nostra, a limitare di fatto il diritto di protesta ancora prima che il famigerato Ddl Sicurezza venga approvato, mi chiedo e chiedo a tutti: Come farà un gruppo di persone, un comitato, un collettivo femminista, un’associazione ecologista che a Marsala, come a Gradisca di Isonzo, vogliono organizzare una manifestazione, un sit-in, una protesta? Secondo voi, in questo clima, queste modalità repressive favoriscono la partecipazione dei giovani, dei cittadini e delle cittadine? Senza la partecipazione muore la democrazia; nel momento in cui la gente ha paura di dire come stanno le cose, non riesce più a manifestare, o viene perseguitata dallo stesso governo per una protesta, la democrazia è già morta.
Quali sono i vostri valori?
Siamo convinti e convinte che il primo valore della democrazia sia la partecipazione. È quella la prima strada da imboccare. L’ecologia ci insegna che la cooperazione massimizza i risultati per la comunità e che forme verticali di potere finiscono, all’opposto, per non garantire il massimo beneficio a tutta la comunità e per imbrigliare agenti che potrebbero essere portatori di innovazioni fondamentali. L’evoluzione di una comunità è più facile nel momento in cui cooperiamo e scambiamo, attraverso forme orizzontali piuttosto che attraverso la competizione. La biodiversità come principio di reciprocità dinamica fra le specie è un ottimo criterio di ispirazione anche per la politica. Lo scambio è la forza di una comunità, la chiusura invece, l’assenza di reciprocità portano all’estinzione.
I vecchi partiti, le vecchie strutture erano forti in un Paese in cui l’80% dei cittadini e delle cittadine andava a votare e pensava che la politica aiutasse a migliorare la propria condizione materiale. Allora aveva senso eleggere il segretario nazionale del partito, in quanto espressione di una mediazione alta fra interessi. Oggi il criterio di fondo alla base delle strutture politiche non è più la rappresentanza, ma il consenso. E lo si ottiene attraverso la propaganda, non con il lavoro sul campo. Il lavoro di relazione conta meno rispetto all’immagine, ma senza costruire relazioni diverse non si incide nella struttura sociale.
La nostra Rete utilizza il metodo della democrazia partecipativa e deliberativa, convinte e convinti che questo ci servirà a massimizzare i risultati, spegnere le polemiche al nostro interno e costruire pratiche di giustizia anche nelle procedure, in modo da valorizzare soggetti che all’interno di altre strutture non troverebbero spazio. Il nostro interesse è la politica, non il consenso. Il metodo e il merito vanno di pari passo, per noi è impensabile adottare metodi verticistici che purtroppo tuttora, invece, nelle istanze sociali e politiche, compreso quelle che si vogliono “dal basso”, vanno per la maggiore. Con la politica che si trova nelle istituzioni elette ci relazioniamo, chiediamo ascolto e ascoltiamo. Ma serve fare di più!
Avete in cantiere altre iniziative di protesta?
Saremo auditi in commissione al Senato sulla Legge di Bilancio, inoltre abbiamo già portato il nostro punto di vista nelle commissioni che si stanno occupando del ddl Piantedosi. Stiamo costruendo una mobilitazione nazionale e saremo pronti a scendere in piazza quando arriverà in aula al Senato.