Riceviamo e pubblichiamo questo testo inviatoci da Fulvia Fabbri, attivista per i diritti umani di Forlì.

“Tra stereotipi e ignoranza, come la destra forlivese blocca una mozione per la pace in Palestina.

43.391 vittime, di cui il 70% donne e bambini. Oltre 100mila feriti, un numero imprecisato di scomparsi.

Questo il bilancio della guerra dell’esercito israeliano contro la popolazione civile nella Striscia di Gaza, secondo il rapporto UNRWA di Ottobre 2024.

Con la distruzione delle infrastrutture sanitarie e il bombardamento di quelle umanitarie che cercano di offrire aiuti ai rifugiati, per la popolazione civile a Gaza diventa inutile qualsiasi tentativo di sopravvivenza.

Da Ottobre 2024, inoltre, con l’attacco al Libano, un uguale scenario è andato configurandosi anche in quel paese: “almeno un bambino è stato ucciso e 10 sono rimasti feriti ogni giorno.

Migliaia di altri bambini, che hanno attraversato mesi di continui bombardamenti senza ferite fisiche, sono ora profondamente traumatizzati dalla violenza e dal caos che li circondano”, queste le parole di Catherine Russell, Direttrice Esecutiva dell’UNICEF.

Intanto piovono missili anche su Israele, i rischi di escalation regionale si fanno sempre più concreti.

Di fronte alla tragedia in atto, le forze politiche che rappresentano la minoranza politica nel Consiglio Comunale di Forlì (PD, AVS, M5S e la lista civica Rinnoviamo Forlì), accogliendo le richieste di tante associazioni di volontariato cittadine, sindacati, collettivi femministi, Arci di Forlì, ANPI Forlì Cesena, Centro per la Pace, associazioni studentesche e “Fridays for Future, preparano una mozione e la presentano alla discussione del Consiglio comunale.

Dopo un lungo iter, chiesto dalla maggioranza (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e La civica Forlì Cambia) per considerare il documento con la necessaria attenzione e proporre le modifiche necessarie all’approvazione, si arriva alla discussione il 29 Ottobre scorso.

Nel suo testo originario la mozione propone che la città di Forlì chieda che il Governo italiano si impegni per ottenere un “cessate il fuoco” immediato e duraturo, l’accesso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, la fine della violenza nei territori palestinesi occupati, il rilascio immediato degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas e il rilascio dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane.

Chiede inoltre di lavorare perché il Governo italiano riconosca lo Stato della Palestina entro i confini del 1967 con Gerusalemme Est, in coerenza con le risoluzioni dell’ONU, nonché perché cessino le forniture italiane di armamenti allo Stato israeliano.

Si chiede inoltre, che la città di Forlì “adotti una politica di appalti etici (PAE)”, con l’introduzione di “clausule che escludano la partecipazione di ditte ed imprese nazionali o internazionali, le quali siano state con adeguati accertamenti dichiarate coinvolte o colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale” .

Si chiede infine l’esposizione sul palazzo comunale di uno striscione che chiede il cessate il fuoco a Gaza e in Libano, la verifica della possibilità di gemellaggio con una città della Cisgiordania, finalizzato a promuovere la solidarietà tra cittadini e cittadine forlivesi e popolazioni colpite dagli attacchi.

La minoranza politica in Consiglio Comunale vede la propria iniziativa in continuità con l’esperienza di scambio culturale e solidarietà materiale che ha visto stringere relazioni tra la città di Forlì e la provincia di Tiro, nel sud del Libano, a seguito del periodo di permanenza in Libano del 66° Reggimento fanteria aeromobile “Trieste”, di stanza presso Forlì, nell’ambito della missione di UNIFIL (Operazione “Leonte XXX” –Agosto 2021/Febbraio 2022).

L’impegno attivo della Città di Forlì verso il Sud del Libano ha portato alla raccolta e invio di farmaci, latte in polvere, attrezzature sanitarie, pannolini, indumenti, cancelleria, il finanziamento per l’acquisto di pannelli solari e strumenti musicali per differenti istituti scolastici libanesi.

Si sono realizzati progetti di collaborazione fra ragazzi di scuole di età diverse, che, seppure a distanza, hanno iniziato a conoscersi, a scriversi, a scambiarsi video, lavorare insieme.

Nel 2022 alcuni ragazzi sono stati ospitati in città e una orchestra giovanile libanese si è esibita con le orchestre giovanili forlivesi, nel corso di due concerti rappresentati presso l’Arena San Domenico a Forlì.

La maggioranza di destra della città di Forlì, il cui sindaco Zattini aveva intessuto personali rapporti di amicizia con le rappresentanze politiche libanesi, non si lascia coinvolgere nella memoria di questi scambi, e promuove il ridisegno della mozione a partire da una interpretazione di quello che sta accadendo in Medioriente secondo specifici presupposti concettuali.

Primo presupposto: L’elenco dei morti non può essere solo di quelli di una parte, perché le uccisioni efferate sono da entrambe le parti. Nulla da eccepire, senonché questa affermazione viene usata per cancellare la conta dei morti a Gaza, in Cisgiordania o in Libano.

Restano solo i riferimenti alle vittime del 7 Ottobre. Non si possono citare altri dati, perché si rischierebbe di dover vedere che è in atto una epurazione etnica, un genocidio. Meglio stare generici, rispetto al campo palestinese è sufficiente scrivere “abnorme numero di vittime civili ”.

Secondo presupposto: le parole “Palestina”, “palestinese”, “palestinesi” non possono essere collegate alle parole “vittime”, “prigionieri”, territori”, “occupazione”, stato”.

Nella nuova mozione, come nella visione che si vuole promuovere, c’è un accanimento particolare a cancellare qualsiasi riferimento a occupanti, colonie, attacchi contro la popolazione palestinese. Anche i luoghi scompaiono, non c’è Gaza, non c’è Cisgiordania, non c’è Gerusalemme Est. La nebbia e l’indistinto devono dominare. Ma nessuno si accorge che in questo indistinto storico, neppure il 7 Ottobre ha più un senso.

Terzo presupposto: ci sono i buoni e ci sono i cattivi. Tra i cattivi ci sono Hamas e tutti quelli che sono governati da questo movimento (i gazawi), gli Hezbollah e i gruppi terroristici che vogliono distruggere Israele. Gli altri, quelli dell’Autonomia Palestinese in Cisgiordania sono i buoni. In questa visione manichea, 15 milioni di palestinesi sono sommariamente descritti in questo modo, chiusi dentro due categorie, che non prevedono nulla di mediano, nessuna differenziazione, nessuna diversa posizione.

Ma se i cattivi sono da condannare, i buoni non ricevono un trattamento migliore, non viene descritta la situazione in cui versa l’Autonomia Palestinese, non si parla della parcellizzazione del territorio palestinese a causa delle colonie, non si affronta il tema della loro illegalità per la legislazione internazionale.

Quarto presupposto: Israele viene descritto come un “unicum” indivisibile, governo e governati sono coincidenti, non si vogliono vedere i movimenti di opposizione interni, si rivendica una Israele democratica che tuttavia non pare avere dialettica interna. Il paragrafo di pag 4 riferito alla comunità ebraica internazionale solidale con la Palestina viene tagliato.

Chi critica Israele –dentro o fuori Israele- non ha lo scopo di evidenziare i problemi di certe posizioni politiche dell’attuale governo di Tel Aviv, ma è mosso da un sentimento antisemita. La mozione della maggioranza in consiglio comunale parte dalla premessa che “l’obiettivo di Hamas, contenuto nel suo statuto fondativo e mai smentito è la distruzione di Israele” , e il 7 Ottobre ha rappresentato “il più grande massacro di civili del popolo ebraico – attenzione all’uso degli aggettivi- dalla seconda guerra mondiale” . Si fa leva sul dramma della Shoah, senza vedere che questa visione polarizza il conflitto e chiude qualsiasi possibilità di pacificazione.

Quinto e ultimo presupposto: Clima intimidatorio. La presenza di pubblico in consiglio comunale e di movimenti riuniti in piazza in attesa del risultato della discussione viene connotata come “tifoseria”, volta a influenzare l’esito della discussione. Non si prende in considerazione che ci possano essere persone che, proprio a partire dai numeri della strage, chiedano alle proprie istituzioni cittadine di attuare politiche che consentano di uscire dall’indifferenza e porre fine alla tragedia.
La barra va pertanto tenuta controllata, e non si possono fare concessioni alla parte avversa.

Il risultato finale è il nulla: si esprime preoccupazione, si chiede il cessate il fuoco, si chiede la liberazione degli ostaggi, ma non dei prigionieri politici, si promuove solidarietà e cooperazione con i territori colpiti dalle violenze, ma non li si nominano, si chiede il riconoscimento di due stati sovrani, ma si rifiuta di riconoscere lo Stato della Palestina. ”