Miriam e Sandro sono due persone meravigliose e concrete. Si sono scelte e hanno preso una decisione che molti sognano: trasferirsi da Milano verso le colline liguri, nel Comune di Piana Crixia, in provincia di Savona. Dalla metropoli alla vita bucolica? Non proprio. Entrambi attivisti di Ultima Generazione, ci hanno parlato di un progetto di vita che oserei definire magico, ma anche alla portata di tutte le persone che ambiscono a ritrovarsi.

Ciao Miriam, ciao, Sandro. Per cominciare vi chiedo di presentarvi.

Miriam Falco, napoletana in trasferta da troppi anni. Ho vissuto a Barcellona e a Glasgow. Negli ultimi dieci anni ho abitato a Milano, dove ho iniziato a insegnare italiano e storia nella scuola secondaria. Tre anni fa ho conosciuto Ultima Generazione e ora sono la referente del gruppo Portavoce. Mi piace scrivere, suonare il pianoforte e fare lavori manuali, ma molte di queste cose le ho dovute sospendere per fare attivismo. Mi piace quello che faccio, ma vorrei non ce ne fosse bisogno.

Sandro Mora, genovese, quindi per natura diffido. Diffido dal lavorare per grosse aziende orientate al profitto come unica occupazione di vita. Diffido dal farlo a Torino, Milano o Manchester (città che di per sé ho apprezzato, tranne quella in mezzo). Ho fiducia invece nelle energie che vanno al sociale, al creare consapevolezza e stili di vita alternativi. Ho sempre ritagliato tempo per un volontariato di questo tipo e ho partecipato ad alcune azioni di Ultima Generazione.

Perché questo nome e in cosa consiste il progetto de La Città Invisibile?

Il nome prende spunto dal libro di Calvino, “Le Città Invisibili”. Le città descritte nel libro sono fantasiose, in continuo mutamento, con schemi originali. E se è vero che di una città non godi le bellezze architettoniche che può proporti, ma la risposta che sa dare a una tua domanda, è quello che vorremmo costruire anche noi. La nostra Città è uno spazio di immaginazione e concentrazione, un luogo in cui centrarsi per portare avanti il proprio Progetto.

Ci sono diverse camere: quella della musica, della pittura e ceramica, del silenzio e una piccola falegnameria. Ogni stanza è pensata per dare respiro al proprio bisogno di creare, in compagnia o in solitudine, con i propri ritmi.

Vogliamo accogliere anche tutte quelle persone che possono lavorare da remoto e che hanno bisogno di vedere oltre lo schermo del proprio computer non il muro di casa, ma spazio e vita.

Cosa vi ha spinto a trasferirvi in campagna?

Più che in campagna – spesso dinamica e antropizzata – siamo in alto, circondati da valli piene di boschi profondi. Stare su una cima dà una sensazione di calma e forza. Spiegare il perché delle cose non è sempre facile. Al di là di tutte le spiegazioni razionali (costo della vita più basso, processi burocratici più semplici, migliore qualità della vita) si innesca anche una sorta di richiamo. Anno dopo anno, dopo l’ennesimo ecovillaggio visitato e dopo l’ennesima noia cittadina, arriva un momento in cui dici basta. Non ce la fai più, vuoi andartene.

Adesso tutto quello che ci circonda è duro e schietto, non impacchettato, ma anche plasmabile e aperto all’inventiva. Senti spazio nel petto e spazio mentale. In città c’è tutto un fuori che entra prepotente dentro, sei tartassato. Nei boschi, nelle assenze, c’è tutto un mondo dentro che vuole uscire fuori. Ritorni a sentirti.

Questo progetto di vita potrebbe apparire come una scelta di isolarsi dal mondo; invece cosa rappresenta? Quale futuro immaginate?

Forse una volta era davvero così, un isolarsi dal mondo, ma oggi non basta più e non è neanche nostra intenzione. Crediamo sia interessante il potenziale della tecnologia e dei social media di abbreviare tempi e spazi, con le dovute precauzioni. Inoltre siamo a un’ora da grandi città come Genova e Torino, e a meno di due ore da Milano. Se pensiamo che a Milano per fare qualsiasi spostamento si impiegano minimo 40 minuti, non cambia molto. Inoltre la casa è sempre piena di persone che vengono a trovarci e il tempo vissuto insieme ha un sapore diverso. Si canta, si suona, si cucina insieme, si discute, si fanno giochi. E poi ogni tanto andiamo a bere anche una birra al pub o dai vicini (una cosa riscoperta, i vicini!).

Speriamo che La Città Invisibile diventi un crocevia di persone da ogni parte del mondo pronte a esplorarsi, a confrontarsi con altri immaginari e talenti, disposte a contaminarsi. Vorremmo ci fosse uno scambio continuo di conoscenze, magari far nascere nuove collaborazioni. Ultimamente abbiamo ospitato degli argentini che ci hanno fatto conoscere un po’ della cultura Mapuche attraverso una cerimonia di Inizio.

Tu Miriam hai pubblicato due libri ed entrambi aderite alla campagna di Ultima Generazione.  In che modo queste esperienze hanno influenzato le vostre scelte?

Poco o nulla in realtà. Il progetto nasce da prima che entrassimo in Ultima Generazione. Forse le conoscenze acquisite durante la redazione dei libri ci hanno portato a radicarci nelle nostre convinzioni. Quello che le neuroscienze affermano sul bisogno umano del selvatico e del verde sono conoscenze che dovrebbero determinare il nostro modo di costruire le città, gli ospedali, il nostro tempo libero.

Vi sentite coerenti per la scelta che avete fatto?

Se intendi coerenti con i nostri bisogni, assolutamente sì. Invece per quanto riguarda la crisi climatica non proprio. La convinzione che “dare l’esempio” sia sufficiente si è rivelata fallace; non c’è più tempo di sperare in un cambiamento graduale, l’emergenza è adesso e come tale va trattata. Chi si chiude nel proprio ecovillaggio pensando così di cambiare il mondo non si rende conto che quello stesso mondo ha bisogno del nostro impegno civico adesso, partecipando alle proteste e facendo pressione sui governi.

Un’ultima domanda: in quale Comune state dando una mano a spalare fango? Che cosa avete provato?

A Piana Crixia, proprio dove si trova La Città Invisibile. Siamo andati via da Milano dove rischiavamo di ritrovarci la casa inondata dal fiume Lambro e ora ci ritroviamo in un altro Comune ad affrontare le stesse paure. Per fortuna noi non abbiamo subito danni, ma degli anziani hanno perso tutto nel fango. E sono lasciati soli. Questo ci fa capire quanto sia estesa la crisi climatica: non risparmia nessuno e i più fragili sono abbandonati a sé stessi. Voi come vi sentireste?

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