La nostra non è una domanda retorica, ma quanto viene chiesto alla Corte Costituzionale in almeno due ordinanze emesse dall’Ufficio del Giudice di Pace di Roma il 17.10.2024. Nell’occasione, almeno due udienze per la convalida di trattenimento nel CPR si sono concluse con il sollevamento di due differenti questioni di costituzionalità, entrambe relative al testo del comma 2 dell’articolo 14 del Testo Unico Immigrazione, l’unica fonte normativa primaria che istituisce la detenzione amministrativa nei Centri di permanenza per il rimpatrio, stabilendone i ‘casi e i ‘modi’.

Entrambe le eccezioni sottoposte alla Corte Costituzionale riguardano la fattispecie dei modi che, stando alla tesi sostenuta dalla giudice, non rispetterebbero alcuni, per non dire numerosi, articoli della Carta: nello specifico vengono contestate violazioni degli articoli 2, 3, 13, 24, 25 comma 1, 32 e 111 comma 1.

La prima eccezione si riferisce alla violazione della ‘riserva assoluta di legge’ imposta dall’articolo 13 comma 2 che recita ‘Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.’.

L’articolo 14 del Testo Unico Immigrazione si occupa dei modi di detenzione ai commi 2 e 2bis con indicazioni del tutto generiche, a cui si aggiunge un esplicito riferimento a una fonte di legge secondaria, violando in questo modo la riserva di legge prevista dalla chiosa del citato comma costituzionale, ‘nei soli casi e modi previsti dalla legge’. La direttiva ministeriale che attualmente regola la vita dei CPR (la cosiddetta ‘direttiva Lamorgese’) non è quella legge che viene esplicitamente richiesta dal testo costituzionale, e quindi non può soddisfarlo. Inoltre, sempre secondo la tesi della giudice, mancherebbe anche l’indicazione dell’autorità giurisdizionale preposta a vigilare che i modi della detenzione, anche qualora fossero stati normati in maniera costituzionalmente soddisfacente, vengano rispettati nel corso della sua esecuzione: non esiste, dunque, un giudice che possa intervenire efficacemente per interrompere un trattamento non adeguato nei suoi modi che, come abbiamo visto, non sono nemmeno definiti dalla legge.

La seconda eccezione riguarda, invece, la violazione del principio di eguaglianza rispetto alle persone private della libertà personale perché sottoposte a pene detentive. In particolare questa disuguaglianza riguarderebbe un’ingiustificata disparità di trattamento riguardo al diritto alla libertà personale, al diritto alla difesa dinanzi a un giudice terzo ed imparziale precostituito per legge e al diritto alla salute: tutti diritti che a chi è detenuto in carcere o chi si trova agli arresti domiciliari vengono riconosciuti da quella fonte di legge primaria, il Regolamento Penitenziario, che è del tutto carente nel caso del trattenimento amministrativo all’interno dei CPR. Un vero e proprio vuoto normativo che sussiste fin dall’introduzione nell’ordinamento italiano della detenzione amministrativa che, occorre ricordare, è avvenuta nel 1998. Da allora, l’unica norma di legge che ne tratta si limita, di fatto, a prevederla, stabilendo i casi a cui si può applicare, ma risultando del tutto carente nello stabilire sia i modi in cui deve essere attuata sia quelli con i quali deve essere controllata da un giudice terzo specializzato.

Queste omissioni perpetuate per 26 anni non sono frutto del caso o della distrazione del legislatore, ma della scelta consapevole di non ottemperare alle precise disposizioni della Costituzione, che sarebbero un intralcio al funzionamento stesso di un istituto che è sempre stato concepito come un mezzo, più o meno rapido, per riuscire a espellere dal territorio italiano le persone definite dalle casistiche che permettono il trattenimento, che tuttavia negli ultimi anni sono state costantemente ampliate dagli interventi legislativi che si sono susseguiti a stretto giro facendo uso estensivo della decretazione d’urgenza. L’arbitrarietà e la sbrigatività insite nelle procedure sono incompatibili con un sistema giurisdizionale che abbia l’aspirazione di tutelare i diritti costituzionalmente garantiti richiamati nell’ordinanza che stiamo commentando.

Fin dall’apertura dei primi CPTA – antenati degli attuali CPR – alla fine del secolo scorso, le denunce di quanto la realtà del sistema della detenzione amministrativa sia sempre stato un buco nero nella tutela dei diritti fondamentali si sono succedute con regolarità. Ricordiamo, tra le altre, i due più recenti rapporti del Naga e della rete Mai più Lager – No ai CPR, ‘Al dì là di quella Porta’, pubblicato il 25.10.2023 a proposito del centro di via Corelli a Milano, e ‘A porte chiuse’, pubblicato il 15.10.2024, che si occupa del centro di Macomer in Sardegna: due buone letture per chi volesse capire cosa significa nel concreto aver costruito un intero sistema detentivo che, per sua stessa natura, viola i diritti basilari riconosciuti dalla Costituzione Italiana.

Leggi i testi delle due ordinanze (prima ordinanza e seconda ordinanza).