Dopo l’attacco di Elon Musk ai giudici che non hanno convalidato le misure di trattenimento amministrativo disposte dai questori nelle procedure accelerate in frontiera nei confronti dei richiedenti asilo provenienti da paesi di origine sicuri, il governo tenta di aggirare la competenza delle sezioni specializzate di Tribunale che non si sono piegate agli indirizzi dell’esecutivo.
Con un emendamento “fuori sacco” presentato dalla deputata di Fratelli d’Italia Sara Kelany, al Decreto legge su flussi, sfruttamento e asilo, n.145 del 2024, attualmente all’esame della Commissione affari costituzionali della Camera, si cerca di attribuire alle Corti di Appello in composizione monocratica la competenza per la convalida dei provvedimenti di trattenimento nei centri di detenzione per richiedenti asilo, fin qui assegnata alle sezioni specializzate per l’immigrazione dei Tribunali.
Lo scopo evidente è sbarazzarsi dei giudici “scomodi”, che non hanno convalidato i provvedimenti di trattenimento adottati dai questori, togliendo loro competenze. Per rilanciare le procedure accelerate di asilo e la detenzione nei centri hotspot in frontiera, come a Porto Empedocle e Pozzallo (RG), e nei centri di transito e rimpatrio (CPR) in Albania. Ma è anche una prova di forza nei confronti di tutta la magistratura “disobbediente”, una intimidazione rispetto a future importanti decisioni che dovranno essere assunte in futuro, come ad esempio a Palermo, con la sentenza sul caso Open Arms, attesa per il prossimo 20 dicembre. Un messaggio di “risposta” agli Stati Uniti, dove ormai Elon Musk ha un ruolo cruciale a fianco di Trump, ed all’Unione europea, sull’impegno in prima linea del governo Meloni non solo nella guerra all’immigrazione irregolare, ma anche nella demolizione definitiva degli istituti della protezione internazionale, con le designazioni di “paese di origine sicuro” ed attraverso lo svuotamento delle garanzie procedurali, fin qui previste dalla legislazione nazionale, dalla normativa dell’Unione europea e dal diritto internazionale (ONU e CEDU).
Sotto questi profili, si configura anche un attacco eversivo agli articoli 3,10,13, 24, 101 e 117 della Costituzione italiana: nel mirino l’indipendenza della magistratura dall’esecutivo. Una mossa con gravi ricadute sul piano interno, come si vedrà, ma che potrebbe costare cara alla Meloni ed all’Italia, per l’attacco allo Stato di diritto (Rule of law) che comporta, in un momento in cui si discute ancora della composizione della nuova Commissione europea.
Il Capo IV del Decreto-legge 145/2024 attualmente all’esame della Camera, che dovrà essere convertito entro il 23 novembre, contiene diverse disposizioni processuali. sui ricorsi contro i dinieghi sulle richieste di protezione pronunciati dalle Commissioni territoriali. Si prevedeva in particolare, nella formulazione originaria, che contro “i provvedimenti adottati dalle sezioni specializzate ai sensi dell’articolo 35-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e quelle aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale è ammesso reclamo alla corte d’appello“. Si afferma così una nuova competenza delle Corti di appello, i cui giudici dovranno essere sottoposti a specifici corsi di formazione. “Il procedimento è trattato in camera di consiglio. L’udienza per la comparizione delle parti è fissata esclusivamente quando il giudice lo ritenga necessario ai fini della decisione. Il procedimento è definito, con decreto entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso.” Evidente già a questo punto il rischio di una lesione sostanziale del diritto al contraddittorio e del principio costituzionale del giusto processo.
Con l’emendamento introdotto adesso dal governo con un colpo di mano, si prevede, in materia di convalida dei trattenimenti amministrativi dei richiedenti asilo, che “Per i procedimenti aventi ad oggetto la convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale a norma degli articoli 6, 6-bis e 6-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, e dell’articolo 10-ter, comma 3, quarto periodo, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché per la convalida delle misure adottate ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del decreto legislativo n.142 del 2015 è competente la Corte d’appello di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida. Si aggiunge poi che in questi casi la Corte di appello potrà decidere in composizione monocratica.
L’intera procedura dei ricorsi in appello, ma soprattutto quella che si vorrebbe introdurre sulla convalida dei trattenimenti, rischia così di rimanere meramente “cartacea”, con una grave lesione del diritto alla difesa dei richiedenti asilo denegati, che ben difficilmente riusciranno a fornire ai giudici della Corte di appello la prova della illegittimità del trattenimento, ad esempio per la mancanza dei presupposti per la procedura accelerata in frontiera. Soprattutto nei centri in Albania sarà ancora più ardua, per non dire impossibile in qualche giorno, dimostrare l’assenza dei presupposti del trattenimento amministrativo o fornire la prova del proprio diritto al riconoscimento di una delle forme di protezione speciale ancora previste dal nostro ordinamento.
A parte la confusione sulla effettiva attuazione di procedure telematiche, nella maggior parte dei casi la Corte di appello potrà decidere con una presenza formale del difensore d’uficio, ma senza procedere all’audizione del richiedente asilo. Che incontrerà ostacoli insormontabili, in molti casi, alla nomina di un difensore di fiducia. Tutto questo viola il principio del giusto processo ed in particolare gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, oltre che l’art.6 della Cedu. E ci si allontana dal potere/dovere di cooperazione istruttoria che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha fin qui riconosciuto in questa materia, e non solo con la sentenza del 4 ottobre scorso, ai giudici delle sezioni specializzate di Tribunale. Che nel corso del tempo hanno accumulato competenze specifiche in materia di immigrazione ed asilo, che ben difficilmente potranno essere acquisite in qualche settimana dalle corti di appello.
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