Si è tenuta ad Addis Abeba una Conferenza internazionale sulla libertà d’informazione. Sotto l’Egida dell’Unesco e dell’Unione Africana: centinaia di giornalisti provenienti da 400 nazioni hanno discusso dei pericoli della professione in tempo di guerra.

L’iniziativa è stata intrapresa nel decimo anniversario della dichiarazione di Strasburgo sulla ‘Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti’ decisa nel 2014 con la risoluzione dell’Assemblea generale A/RES/68/163.

La data era stata scelta per commemorare l’assassinio di due giornalisti francesi in Mali il 2 novembre 2013.

Nel messaggio rivolto ai presenti, il segretario generale dell’ONU ha sottolineato: “Si stima che, globalmente, 9 su 10 omicidi di giornalisti restino impuniti. L’impunità genera ulteriore violenza. Questo deve cambiare. L’impunità per i crimini contro i giornalisti è una delle sfide più urgenti del nostro tempo, particolarmente nei contesti di conflitto e crisi. Garantire la sicurezza di chi riporta i fatti è essenziale per il rispetto della libertà di espressione e per l’accesso ad informazioni corrette, diritti umani fondamentali che poggiano sulla protezione dei giornalisti”.

Nel panel dedicato al mondo arabo, la giornalista palestinese Shorouq Asaad ha sottolineato la determinazione degli occupanti israeliani di Gaza a cancellare qualsiasi altra narrazione sul genocidio in corso da oltre un anno, prendendo di mira deliberatamente i giornalisti e gli operatori media.

È stato ucciso il 10% dei 1700 giornalisti circa registrati nel sindacato, sono state bombardate 73 sedi di redazioni, 21 stazioni radio e tv sono state distrutte e fatte cessare le loro trasmissioni. Centinaia di giornalisti sono stati costretti allo sfollamento con le loro famiglie per sette-otto volte almeno.

Venerdì 8 novembre, è stato assassinato il 184esimo giornalista a Gaza. Khaled Abu-Zir di radio Saawt Shaab è stato ucciso mentre stava adempiendo al suo lavoro di informare il pubblico sul genocidio in corso nel nord di Gaza.

Abdul Muniem Abu-Idris, presidente del sindacato dei giornalisti sudanesi, ha disegnato a tratti foschi la situazione nel suo paese: “fino allo scorso settembre sono stati uccisi 13 giornalisti e il 90% delle redazioni sono state saccheggiate. Circa 500 giornalisti sono stati costretti a fuggire all’estero. Altri 1000 si sono ritrovati praticamente senza lavoro e al momento attuale nelle zone di conflitto ci sono soltanto 260 giornalisti che operano in condizioni difficilissime; molte volte presentare la tessera di giornalista, invece di garantire protezione, causa angherie e persecuzioni. Le due parti militari belligeranti non rispettano il diritto internazionale”.

Lo stesso si può affermare per la situazione dello Yemen. Yussif Hazeb, presidente dell’associazione dei giornalisti yemeniti (SADA) ha comunicato che 63 giornalisti sono stati assassinati in 10 anni di guerra nel suo paese. “Altri 520 hanno subito sparizioni coercitive. 150 redazioni sono state chiuse per mano dei due governi che controllano il paese. Un’altra sfida che i giornalisti yemeniti vivono con terrore è la minaccia dei processi penali. 25 giornalisti sono sottoposti attualmente a procedimenti penali per denunce pretestuose di diffamazione. Contro un giornalista è stata pronunciata una condanna a morte da un tribunale delle milizie Houthi”.

Comunicare è necessario come respirare, scriveva il filosofo Spinoza; sostenere la libertà dei giornalisti è sostenere la nostra libertà di esistere e pensare.