Sarà questo che indichiamo nel titolo il nome della campagna e della relativa mobilitazione che partirà nel prossimo periodo per impedire la realizzazione del CPR a Falconara.
E’ stato deciso nel corso dell’affollata assemblea che, come già annunciato nei giorni scorsi, si è tenuta ieri a Jesi presso il centro sociale TNT.
Una partecipazione che è andata oltre le più rosee aspettative e ha visto la presenza di circa 120 attivisti e attiviste provenienti non solo dalla regione, ma anche da altre parti d’Italia in rappresentanza di un ampio circuito sociale da anni impegnato sulla questione immigrazione.
Dopo una relazione iniziale da parte dell’Ambasciata dei diritti di Ancona, incentrata sulle tematiche generali inerenti all’argomento e su come i vari governi in questi anni hanno messo in atto politiche criminali contro i migranti, a partire appunto dalla creazione di questi veri e propri lager, ha preso la parola Pierfrancesco Curzi, giornalista del Resto del Carlino e de Il Fatto Quotidiano, che negli ultimi mesi si è recato per quattro volte in Albania, l’ultima a metà ottobre, entrando nella struttura realizzata a Gjiader dal governo Meloni, la cui vicenda ha occupato e sta occupando pagine dei giornali e notiziari televisivi.
Si tratta del cosiddetto “Modello Albania” elogiato dalla UE e da diversi esecutivi europei che, come è noto, nella drammaticità delle dinamiche, cioè di chi ha subito la deportazione a sua insaputa nel CPR albanese, ha assunto aspetti grotteschi.
C’è da far notare che Curzi è stato il primo a rivelare la concretizzazione del progetto di Falconara, dopo anni di voci e smentite. Tornando al suo interessante racconto, sulla vicenda locale ha informato del recentissimo incontro tenutosi nella prefettura di Ancona alla presenza, tra gli altri, del ministro Piantedosi e del vicepresidente della Regione Marche Saltamartini – il suo capo Acquaroli su questa vicenda si è per ora defilato – dove è stata comunicata la storiella che nel Cpr sarà rinchiuso chi “commette reati”. Curzi ha ricordato peraltro come nel territorio anconetano, specchio di quello nazionale, i reati siano in diminuzione.
Tornando alla testimonianza sui suoi viaggi in Albania (mentre parlava sono state trasmesse immagini filmate del Cpr albanese e del territorio), si è soffermato sulla struttura di Gjader, la piccola località di 600 abitanti che ha visto catapultare sul proprio paesino questo mega progetto al momento edificato a metà e che insieme a Schengjin è stato scelto come sede dei due Cpr.
Il centro è diviso in tre parti e attualmente è in grado di ospitare 800 persone.
Da rilevare che c’è una “sezione speciale” che può occupare 140 posti (è facile immaginare in cosa sia ”speciale”), ma non contenti della logica coercitiva è stato realizzato anche un carcere per 20 reclusi per chi “delinque” dentro.
Per i possibili 20 detenuti sono previste 45 guardie carcerarie che fanno ulteriormente lievitare i costi, noti, di questo assurdo progetto, che oltre a violare i più elementari diritti, si caratterizza per un enorme spreco di soldi pubblici.
E’ superfluo rilevare che attualmente il tutto è deserto o quasi, a parte le forze di polizia che, come è stato documentato, se la godono nei resort, pagati profumatamente.
La prima sezione ha dei moduli abitativi tutti uguali e il tetto del CPR è formato eloquentemente da sbarre…
L’organizzazione che è stata incaricata di supportare i migranti è la Medihospes, che da anni ha un giro di denaro imponente e si è specializzata in quello che potremmo definire il business dell’”umanitario carcerario”, cioè stare dentro pienamente i meccanismi di controllo e di disciplinamento che stanno alla base dei Centri per migranti.
Dopo Curzi da segnalare la testimonianza di Ilenia Xhani, attivista albanese che ha dato un quadro del suo Paese, sottolineando la debolezza delle associazioni umanitarie locali, nonché la fragilità del sistema sanitario nazionale e quindi dell’assistenza sicuramente inadeguata a fare fronte agli inevitabili problemi di salute e quant’altro, che potranno avere coloro che saranno rinchiusi nei Cpr, i quali comunque saranno gestiti completamente dall’Italia.
Finita questa parte sono iniziati i contributi dei rappresentanti delle varie associazioni, quasi tutti in presenza, tolto il collegamento da Milano.
Fra gli interventi che non si sono soffermati solo sugli aspetti generali, ma sono entrati più nel concreto, quello da Bologna, che nel relazionare sulla situazione emiliana che per ora ha bloccato la creazione di un centro nel capoluogo regionale e poi a Ferrara, ha informato che è in atto l’organizzazione di una carovana dall’Italia che andrà in Albania l’1 e il 2 dicembre e ha in programma una serie di iniziative, tra cui una manifestazione a Tirana davanti all’ambasciata italiana.
Da segnalare anche una riflessione interessante della rappresentante dell’associazione “Lasciateci entrare” che ha rilevato i limiti emersi in questi anni nella lotta contro i Cpr, facendo l’esempio di come in Inghilterra si sono attuate pratiche molto efficaci, le quali hanno sabotato la realizzazione dei centri e sottolineando che di fatto sono i diretti interessati, cioè i rinchiusi nei centri, a rivoltarsi, facendo l’esempio della rivolta di settembre al Cpr di Gradisca d’Isonzo in Friuli.
Alla fine dell’assemblea si sono definite le cose essenziali per la campagna e la mobilitazione con delle proposte, approvate da tutta l’assemblea, da parte dei Centri Sociali delle Marche.
Innanzi tutto si è deciso che il modello da seguire sarà quello già positivamente praticato nelle recenti giornate di contestazione in occasione del G7 Salute ad Ancona, cioè la creazione di un “contenitore” in cui una volta definite le parole d’ordine e gli strumenti comunicativi, nonché il logo della campagna, ogni soggetto si possa muovere in autonomia attraverso le pratiche che deciderà.
Anche se già in precedenza è stato detto che non si vuole riesumare nulla del lontano passato, ci sembra una felice e aggiornata versione, rapportata ai tempi attuali, dell’esperienza del Genova Social Forum.
E a proposito degli obbiettivi uno è chiaro e fondamentale: impedire la realizzazione del Cpr.
Ma al di là della questione immigrazione, c’è un tema generale da mettere al centro della campagna, che richiama il DDL sicurezza e riguarda la detenzione amministrativa, che quindi non interessa solo i Cpr, ma caratterizza ormai da tempo le politiche repressive – basti pensare all’applicazione del daspo urbano.
Per quanto riguarda l’agenda politica, oltre alla necessità di creare un “Osservatorio” per monitorare la situazione albanese, e alla data dell’1 e 2 dicembre con la “carovana” a Tirana, si è deciso di convocare una prima manifestazione sabato 7 dicembre ad Ancona, sotto la Regione, in quanto ente che nonostante cerchi di nascondersi imputando al governo ogni responsabilità, è pienamente in sintonia con il progetto, se non altro per affinità politiche, con il duo Meloni-Piantedosi.
Insomma nella Marche si annuncia un autunno ben caldo, e non solo per il cambiamento climatico…