Ieri ho partecipato al Climate Pride contro tutti i governi corrotti dalle grandi aziende fossili, che cercano di rinviare gli interventi legislativi urgenti per mitigare i drammatici effetti dei cambiamenti climatici, come abbiamo visto a Valencia.

Sappiamo da decenni che non si può perdere tempo senza aggravare la situazione. Dobbiamo invece denunciare ancora nel 2024 quello che ormai sanno tutti: non solo i costi aumenteranno senza adeguate contromisure, ma sarà sempre più difficile proteggere le vite umane.

A Baku, durante la Cop29, la rilevanza acquisita dalle lobby fossili renderà impossibile ogni reale progresso.

Noi protestiamo perché vogliamo un futuro dignitoso, che non sia disumano. Protestiamo perché non ci vogliamo arrendere al cinismo suicida.

Milioni di persone in tutto il mondo sono scese per strada negli ultimi dieci anni. Nel 2015 gli accordi di Parigi sembravano un punto di svolta nella consapevolezza globale con un consenso quasi unanime, sia a livello istituzionale, che scientifico. Purtroppo Trump ne uscì nel 2017, alimentando i dubbi sulla validità dell’approccio scientifico sul clima. La questione è stata politicizzata, ed oggi è chiaramente diventata un problema politico, perché le destre hanno sposato un atteggiamento economicista falso e ingannevole.

Occorre uscire da una dinamica al ribasso, sostenuta dai maggiori inquinatori, che non vogliono pagare il costo dei danni che hanno prodotto.

I costi della transizione ecologica non devono essere pagati dalle persone più vulnerabili e più povere.

In Italia 6 famiglie su 10 hanno difficoltà economiche, quindi l’Unione Europea, lo Stato italiano e le aziende petrolifere devono pagare la transizione, non più prorogabile.

La responsabilità dell’inerzia non può ricadere sui più deboli, come accade purtroppo ancora oggi.

Un cartello spiccava ieri nel corteo: “Chi paga?” Non è difficile immaginare una risposta ragionevole e giusta, altrimenti la transizione ecologica diventerà impopolare a causa di una propaganda asfissiante riguardo ai costi da affrontare.

Sappiamo bene dove sono le responsabilità e sappiamo che nel bilancio pubblico ci sono già miliardi di euro impiegati male come sussidi dannosi per l’ambiente. Bisogna cambiare destinazione a questi fondi immensi. Ultima Generazione chiede un Fondo Riparazione permanente dedicato alle vittime delle catastrofi climatiche. Sarebbe già un buon punto di partenza per ribaltare il tavolo delle priorità.