Gli spot delle tv locali calabresi illuminano senza pietà i grandi occhi di Maysoon Majidi, dove anche un bambino saprebbe trovare l’ingenuità che i giudici di Crotone non hanno saputo cogliere. E c’è pure la grande determinazione di chi ha scelto la via del mare per riprendersi la vita e i propri diritti di donna umiliata da un regime ispirato dal fanatismo religioso.

Siamo nel Municipio di Riace, accalcati tra sostenitori del sindaco Mimmo Lucano e avvocati, questurini, carabinieri e sindaci dei paesi vicini, venuti a vedere come si restituisce la dignità negata dallo Stato italiano ad una ragazza iraniana che con la sua sagoma sottile, quasi infantile, sorretta dalla presenza serena ed autorevole di Laura Boldrini, ruba la scena persino a Lucano, che trasuda finalmente gioia.

Siamo ancora a Riace, sì, in uno di quei luoghi che da tremila anni è l’approdo preferito delle rotte che partono da quella che un tempo chiamavano Asia Minore; le spiagge ioniche assistono ancora oggi all’arrivo quasi quotidiano di barche di ogni dimensione dove i profughi di ogni angolo d’Asia salgono, pregando il loro dio, spolpati da ogni avere, inseguiti dai mercanti di esseri umani e dai carcerieri libici.

Le donne poi, sono le vittime preferite, con i loro bambini al collo, insieme con le giovani, affamate di vita. Maysoon dai grandi occhi era una di queste, ma qualcuno dei suoi compagni di viaggio l’ha additata come “scafista”, un termine che va a genio a politici e commentatori e accende, nelle menti dei più ingenui, l’idea che ci siano persone, pagate dai trafficanti, disponibili a rischiare la vita su battelli stracarichi per poi fuggire prima del naufragio o mescolarsi alla folla e farla franca. Una narrazione che, sostenuta da alcuni astuti politici di casa nostra, ha fatto presa sulla moltitudine, alimentando fantasie piratesche, creando comode scorciatoie attraverso le quali i nostri governi hanno eluso immense responsabilità e condannato a morte, nel mare, migliaia di persone innocenti.

La favola dello scafista su Maysoon non è calzata e qualche bravo avvocato è riuscito a convincere i giudici di Crotone che si trattava di una montatura degna delle comparsate televisive a cui assistiamo da anni.

I racconti dei criminali che vengono dal mare ce li propinano dai tempi degli sbarchi degli albanesi e servono a coprire gli affari delle mafie nostrane, che sullo sfruttamento dei “clandestini” ci campano di grasso. Ma la storia di Maysoon ha incontrato, oltre ad un bravo avvocato, anche uno che di abusi giudiziari ne sa parecchio, Mimmo Lucano.

E così ieri sera il misero teorema della giovane scafista spregiudicata è crollato in mille pezzi davanti alla decisione del Comune di Riace di conferirle la cittadinanza, una nuova sfida del piccolo paesino alla grande Europa che si dibatte tra l’obbedienza atlantica e l’incapacità diplomatica delle sue cancellerie.

A noi, che siamo accorsi dalle nostre città fino a qui, a stringere le mani di Mimmo e della giovane liberata, è sembrato di rivivere la fine della scandalosa vicenda di Lucano, un’altra truffa giudiziaria svelata, ispirata da istituzioni deviate e da narrazioni d’accatto.

E sì, c’è da gioire per quest’Italia ritrovata che finalmente respira e fa i conti con vent’anni di mala accoglienza e di negazioni del diritto d’asilo, vent’anni, almeno, di lucida disumanità che è diventata strategia politica di una destra che ha ritrovato la strada del potere, agitando lo spauracchio del migrante aggressivo, senza scrupoli, per coprire un malgoverno fatto di ministri parenti.

Eppure gli albanesi sono ormai fratelli e sodali, gli indiani hanno preso il controllo di interi settori dei nostri mercati, gli afghani e gli iraniani sono una intellighenzia artistica e culturale che porta in Europa una ventata di apprezzato gusto orientale. Come mai continuiamo a marcare la gente che fugge dalla persecuzione e dalla fame come invasori dei nostri bei Paesi, invece di guardarli negli occhi?

Ieri sera le favole televisive di questo nostro Paese malato di antropofobia sono cadute nel ridicolo davanti alla forza di due occhi grandi e trasparenti e alle richieste che Maysoon ha fatto al nostro Paese, dopo averci guardato dalle sbarre del carcere che l’ha ospitata per dieci mesi. Tra queste richieste, contenute in un documento affidato a Laura Boldrini, le più importanti riguardano la garanzia di mediatori culturali e interpreti preparati per assistere le persone come lei, accusate di reati legati all’”immigrazione clandestina” e la cancellazione dell’articolo 12 del Decreto Cutro, che punisce gli “scafisti” con pene che possono arrivare a 25 anni di carcere.

E quella narrazione tossica è caduta nel ridicolo anche grazie alla volontà di un uomo che è tornato al suo posto di sindaco dopo cinque anni di infami accuse, grazie a tanti e tante che si sono stretti in tutta Europa attorno a lui e alla sua onestà. Due casi molto simili, storie di democrazia a rischio, di informazione manipolata, asservita, un allarme rosso per il popolo d’Europa.

Ieri sera, da Riace, è venuta una lezione sonora per il governo, ancora dal paesino delle utopie, delle verità che non si fanno affossare. Una luce vivida nel buio che tiene viva la speranza della nostra società civile. Uno scossone forte alle nostre coscienze di attivisti.