Intervista a Alberto Conte presidente di Movimento Lento, associazione che promuove il Cammino di Oropa
A cosa è dovuto il successo del Cammino di Oropa?
I motivi sono vari: la vicinanza alle grandi città del Nord ovest e i collegamenti ferroviari, la brevità del cammino, particolarmente adatto a chi non ha grandi esperienze, e altro motivi “tecnici”, ma mi piace sottolineare la sorprendente bellezza del paesaggio. Il turista “slow” è particolarmente attento all’immersione nella natura e ai temi della salvaguardia dell’ambiente.
Quando arrivano alla stazione di Santhià i viandanti sanno di dover attraversare un tratto di pianura e lo vedono come una sorta di purgatorio prima di affrontare il tratto collinare della Serra e le montagne biellesi. Invece apprezzano moltissimo anche la prima tappa, tra i campi coltivati e le prime ondulazioni del terreno, intervallate dai canali di irrigazione. È un paesaggio in cui non sono abituati a camminare e che li sorprende positivamente. Per quanto ci riguarda è importante salvaguardare l’integrità di tale paesaggio, già interrotto dai ponti di autostrada e alta velocità, una ciminiera di 85 m cambierebbe lo skyline di tutta la tappa rovinando l’attuale effetto sorpresa.
L’inceneritore viene proposto come un’opportunità di sviluppo economico ed occupazionale, che cosa ne pensi?
Con il nostro lavoro abbiamo dimostrato che un altro sviluppo è possibile nel nostro territorio: con minimi investimenti e un paziente lavoro di creazione di una rete di operatori, nel giro di sei anni abbiamo costruito una proposta di turismo sostenibile all’avanguardia a livello nazionale, alla quale molti altri territori in Italia guardano con grande interesse. Nel 2024 il cammino di Oropa ha portato nel biellese circa 5000 persone, generando quasi 20.000 pernottamenti e più di 1 milione e mezzo di euro di spesa, che si è distribuita in modo uniforme tra molte micro imprese, che vanno dal Bed & Breakfast al ristorante, al bar. Un esempio che ci sta particolarmente a cuore riguarda il piccolo negozio di alimentari che quest’anno è stato riaperto a Torrazzo, un villaggio di poco più di 200 abitanti: un’attività chiusa da anni perché non poteva essere sostenuta solo dagli acquisti dei pochi abitanti del paese, in gran parte anziani, è ritornata a vivere grazie ai viandanti di passaggio.
Quest’estate è emerso, anche sui media, il conflitto tra abitanti e turisti a partire dal caso Barcellona. Viene chiamato “over tourism”. Che differenza c’è con lo “slow tourism”?
Il Cammino di Oropa non ha grandi numeri da un punto di vista economico, ma bisogna valutare sia i benefici indotti dato il basso impatto ambientale e, anche, da un punto di vista sociale. Ad esempio il flusso di viaggiatori zaino in spalla ha cambiato il paesaggio dei centri storici dei nostri paesi, in cui oggi è normale vedere gli anziani chiacchierare con i viandanti. Inoltre la stragrande maggioranza della spesa dei turisti rimane sul nostro territorio, diversamente da altri prodotti del turismo di massa, in cui le presenze (e gli incassi) vengono concentrati in grandi strutture di accoglienza di proprietà di altrettanto grandi gruppi imprenditoriali, spesso stranieri. Questo è ciò che genera “over tourism”.
Il turismo “slow” non può certo essere l’unico motore di sviluppo per il nostro territorio, ma se fosse sostenuto come merita dalle amministrazioni locali e regionali e venisse messo in rete con le filiere della produzione agroalimentare ed enogastronomica di qualità potrebbe creare le condizioni per una crescita sana.
E in rapporto alla concentrazione di impianti di trattamento dei rifiuti in Valledora credi che i cammini possano coesistere con l’inceneritore?
Il turismo lento potrebbe creare sviluppo economico e occupazionale ben superiore a quello dell’inceneritore, salvaguardando il territorio e il paesaggio e arginando il saccheggio territoriale che da troppi anni viene portato avanti in Valledora. No, non è possibile che coesistano. Il territorio, a partire dalle amministrazioni pubbliche, o sceglie il turismo lento e la sua relazione alla filiera agro alimentare o prosegue nella concentrazione di impiantistica di trattamento dei rifiuti depauperando ulteriormente il territorio.