1. Nella giornata in cui le destre sovraniste festeggiano a livello globale la vittoria della politica della paura e dele menzogne costruite contro lo Stato di diritto (rule of law), in Italia si cerca di utilizzare una sentenza isolata della Corte di Cassazione per coprire il falilmento epico del Protocollo Italia-Albania, certificato da una nave della Marina in navigazione verso il porto di Schengjin con un “carico” di otto persone, soccorse in acque internazionali, e qualificate come “adulti non vulnerabili provenienti da paesi di origine sicuri”. Dunque facilmente rimpatriabili, si ritiene, dopo lo scontato rigetto per manifesta infondatezza che la Commissione territoriale di Roma, trasferita per la bisogna in Albania, sarà pronta a dichiarare. Mentre nave Libra attendeva di imbarcare altri naufraghi “eleggibili” per la deportazione in Albania, a Lampedusa sbarcavano in due giorni oltre mille persone, ma questo non sembra allarmare, più di quanto preoccupi il funzionamento, finora fallito, del modello Albania. Sul quale ci sarebbe l’attenzione dell’Unione europea, certo, ma da intendere anche nel senso che da Bruxelles e da Lussemburgo (sede della Corte di Giustizia UE) rimangono accesi i fari sulle violazioni del diritto euro-unionale che l’Italia sta accumulando giorno dopo giorno, con le procedure accelerate in frontiera ed i trasferimenti forzati che cancellano nella sostanza il diritto di asilo e le garanzie procedurali di difesa.

In un quadro di attacchi violenti da parte di esponenti di governo contro la magistratura, attacchi ulteriormente rilanciati dopo la vittoria di Trump, i giornali vicini alle destre non perdono occasione per diffondere informazioni errate e fuorvianti sulle sentenze, in modo da spacciare l’immagine di una magistratura divisa e divisiva, con un richiamo alla Corte di Cassazione che alla fine dovrebbe smentire le decisioni dei giudici di Roma, di Bologna e di Catania e di Palermo, che hanno ritenuto in contrasto con la normativa euro-unionale la prima attuazione del Protocollo Italia-Albania, e in particolare il più recente decreto legge n.158/2024, adesso trasfuso in emendamenti nell’ennesimo decreto legge “omnibus” n.145/2024, che dovrebbe essere approvato entro il 23 novembre.

Secondo il Giornale, in un articolo pubblicato il 6 novembre, “la Cassazione sconfessa i giudici”, in quanto, con riferimento al precedente decreto interministeriale che prevedeva una lista di “paesi di origine sicuri”, dai quali provengono richiedenti asilo ai quali applicare le cd. procedure accelerate in frontiera, avrebbe affermato che “L’inserimento del paese d’origine del richiedente nell’elenco dei paesi sicuri produce l’effetto di far gravare sul ricorrente l’onere di allegazione rinforzata in ordine alle ragioni soggettive e oggettive per le quali invece il paese non può considerarsi sicuro”.

Nella sintesi pubblicata dal Giornale, “La lista è la griglia con cui confrontare la propria sensibilità di magistrato e questo porta a capovolgere la responsabilità della prova: in concreto il magistrato o l’avvocato sono tenuti a spiegare perché in quei casi abbiano deciso o suggerito di non seguire le indicazioni che arrivano dalla Farnesina e da Palazzo Chigi. Semplificando, un conto è tenere come parametro l’elenco che arriva dall’esecutivo, altra cosa è prenderlo a bersaglio fisso perché considerato incompatibile con la normativa europea”. Da qui la conclusione, che già smentisce il titolo dell’articolo, “La sesta sezione della Cassazione non solo non sconfessa a priori il decreto ma semmai sprona le parti a criticarlo, se si ritiene, in modo circoscritto e puntuale”. E qui il riferimento nel caso di specie è al Decreto interministeriale n.105 del 7 maggio 2024. che in passato prevedeva la lista dei paesi di origine sicuri. Ma si può comunque ritenere che lo stesso ragionamento possa essere applicato al nuovo Decreto legge m.158/2024, o agli emendamenti nei quali sarà fatto confluire, perchè i criteri di formazione della lista per legge sono ancora più arbitrari di quelli previsti dalla normativa previgente, sulla quale si è espressa la Corte di cassazione, e come ha prontamente osservato il Tribunale di Catania, seguito dal Tribunale di Palermo, sono talmente generici che neppure permettono ai richiedenti asilo di fornire la prova contraria e di esercitare i diritti di difesa o al giudice di valutare la fondatezza della designazione di paese di origine sicuro.

In base alla consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, il giudice mantiene il diritto/dovere di cooperazione istruttoria, e può dunque addurre ragioni che escludono la provenienza del richiedente asilo da un paese di origine sicuro, anche se l’interessato non è stato messo nelle condizioni di potere raccogliere tutti gli elementi probatori in suo favore. Come sembra ormai la norma nelle procedure accelerate in frontiera che si svolgono in poche ore, avviate con attività di pre-screening a bordo delle navi militari italiane, nel caso dei richedenti asilo deportati in Albania, e comunque con tempi di decisione delle Commissioni territoriali e di ricorso giurisdizionale, generalmente privo di efetto sospensivo, che cancellano i diritti di difesa sanciti dall’art.24 della Costituzione e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (che prevedono il diritto ad un ricorso effettivo).

Appare fuorviante, al limite del travisamento della portata della decisone, mettere in rilievo quanto affermato incidentalmente dalla Cassazione secondo cui “Nel caso in esame non sarebbe stato irrilevante ai fini della decisione la valutazione del decreto del 7 maggio 2024 con il quale il Governo italiano ha aggiornato la lista dei paesi sicuri per richiedenti protezione internazionale, lista nella quale appunto è stato inserito il Marocco”, Si tratta di una valutazione ipotetica al condizionale che non “sconfessa” affatto le precedenti decisioni dei tribunali di Roma, Bologna, Catania, ed adesso anche Palermo, con riferimento ad un richiedente asilo senegalese, che hanno dubitato della conformità, rispetto al diritto euro-unionale, della lista dei paesi di origine sicuri, adottata in Italia prima con decreto ministeriale, ed adesso per decreto legge, tanto da rimettere alla Corte di Giustizia dell’Unione europea una questione pregiudiziale di interpretazione.

 

2. Sul piano del fatto, la decisione della sesta sezione penale della Corte di Cassazione (n.37750/2024) non ha nulla a che fare con i richiedenti asilo e con le procedure accelerate i frontiera, e ancor meno con i trasferimenti in Albania, oggetto comunque di procedimenti in sede civile, perchè riguarda un caso di estradizione verso il Marocco di un cittadino marocchino, neppure richiedente asilo, con vari precedenti penali (ma senza condanne) nel suo paese, ed una condanna in Italia, per estorsione e diffamazione, in corso di esecuzione, che lamentava il fatto che in Marocco non avrebbe potuto avere la garanzia di un giusto processo. Dunque una ennesima mistificazione da parte della stampa. Mentre nella stessa giornata, il Tribunale di Palermo conferma gli orientamenti dei giudici di Roma e Bologna e sospende il giudizio di convalida del trattenimento di due richeidenti asilo, disposto dal questore di Agrigento nel corso di una procedura accelerata in frontiera, chedendo alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di chiarire se il diritto euro-unionale debba essere interpretato nel senso che un Paese terzo non possa essere definito come paese di origine “sicuro” quando vi siano categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni indicate nell’allegato 1 della Direttiva UE n.32 del 2013. Quindi, la stessa questione pregiudiziale sollevata dai giudici dei tribunali di Roma e di Bologna, con riferimento anche ai richiedenti asilo (nel caso del Tribunale di Roma) trasferiti in Albania. Vedremo adesso come si pronuncerà il Tribunale di Roma sui trattenimenti degli 8 richiedenti asilo attualmente a bordo della nave Libra. Quando sbarcheranno finalmente nel porto di Shengjin sarà corsa contro il tempo per le convalide dei trattenimenti che saranno disposti dalla questura di Roma, ammesso che questi termini non siano già scaduti dopo i quattro giorni che saranno trascorsi al momento dello sbarco, già con una totale limitazione della libertà personale, a bordo della nave Libra.

Oltre che sul fiancheggiamento della stampa di destra il governo continua a nascondere il fallimento epico del Protocollo Italia-Albania, documentato dal trasferimento di soli 8 migranti in questa nuova missione di nave Libra, e mira a spaccare la magistratura, oltre che con l’improvvida visita del vice-presidedente del CSM a Palazzo Chigi, con il tentativo di coinvolgere la Corte di Cassazione nella difesa della lista rigida dei paesi di origine sicuri imposta per decreto legge. Ma al di là dell’euforia post-elettorale dell’accozzaglia globale delle destre, e dello sciame di fake-news che si diffondono quoridianamente in materia di immigrazione sul pericolo invasione e sugli allarmi sicurezza, è bene ricordare che anche le decisioni della Corte di Cassazione non potranno comunque prescindere da quanto stabilito a livello europeo, in particolare dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo.

Nessuna “svolta” dunque della Cassazione, finora, rispetto al consolidato orientamento dei giudici italiani che hanno di fatto bloccato le procedure accelerate in frontiera e la loro applicazione in Albania, per il contrasto con la normativa dell’Unione europea, e dunque con gli articoli 10,11 e117 della Costituzione italiana.

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Ancora un travisamento dei fatti per coprire il fallimento delle procedure accelerate in frontiera e del Protocollo Italia-Albania