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Per una mobilitazione, nazionale, europea e mondiale contro tutte le guerre:  per un’economia di pace che risponda ai bisogni sociali e ambientali, alla distribuzione equilibrata di redditi e ricchezze, contro la povertà, per la sanità e la scuola pubblica

Dallo sciopero generale di CGIL e UIL del 29 novembre e dalle altre manifestazioni e mobilitazioni degli altri sindacati per i diritti dei lavoratori nei prossimi giorni, arrivi all’Italia tutta il segnale forte del mondo del lavoro per la presa di coscienza che solo una forte mobilitazione può far tornare la pace, l’amicizia e la collaborazione fra i popoli

Ci troviamo di fronte a una drammatica e pericolosissima escalation della guerra in Ucraina che si sta trasformando rapidamente in guerra globale. L’intensificazione degli scontri produce quotidianamente – da circa 3 anni – tra i 1.000 e 2.000 morti lungo il fronte russo-ucraino. Centinaia di persone al giorno vengono uccise in Palestina dall’ottobre dello scorso anno. In questo scenario, l’utilizzo massiccio dei missili a medio raggio americani, inglesi, francesi e russi eleva ulteriormente, per stessa ammissione degli attori sul campo, il rischio di guerra non solo convenzionale, ma nucleare. Questo rischio non è limitato al territorio ucraino o russo, ma coinvolge i territori di altri paesi europei. In Germania e Svezia i governi stanno predisponendo la logistica e fornendo alla popolazione indicazioni da seguire in caso di attacco. La sottovalutazione, della reale dimensione dei rischi di guerra in Europa continentale da parte del governo italiano e di una parte rilevante delle forze politiche è pericolosa e inaccettabile. Grande parte del popolo italiano è sempre stato contro ogni guerra e oggi è a favore di un’azione diplomatica per la risoluzione dei conflitti aperti, nel rispetto delle garanzie di sicurezza di ogni paese e di ogni popolo. Vanno incoraggiati e sostenuti tutti i tentativi degli organismi internazionali per favorire fattive iniziative per la pace. Vanno sostenuti i ripetuti sforzi di Papa Francesco e degli altri leader morali del mondo per porre fine immediata alle guerre e dare un alt alla distruzione in atto dei popoli coinvolti. L’art. 11 della Costituzione deve restare la stella polare nell’azione del governo. Ciò vale per le alleanze a cui l’Italia partecipa e nel contesto dell’Unione Europea che non ha e non ha mai avuto alcun mandato a partecipare direttamente o indirettamente alle guerre in corso, né ad altre guerre. E’ necessaria una mobilitazione generale contro la guerra e per la pace come risposta all’escalation dei governi che vogliono coinvolgere direttamente i loro popoli nella guerra fra Russia e Ucraina per una illusoria vittoria finale. Contro l’economia di guerra e le misure autoritarie e di militarizzazione sociale che si preannunciano va invece recuperata l’urgenza di cooperazione tra tutti i popoli e le nazioni.

da emigrazione-notizie

 

Un contributo dei e delle docenti delle CLAP verso lo sciopero del 29 novembre. Perché scioperare? Quali sono i problemi principali nella Scuola? Che tipo di scuola vorremmo?Io sciopero per una scuola di qualità!”

Il PCTO (ex Alternanza Scuola-Lavoro) è indice di una concezione della scuola come istituzione volta all’addestramento al lavoro. Rigettiamo in toto quest’idea di formazione, denunciando in particolare quei progetti di PCTO che sono esplicitamente forme mascherate di lavoro gratuito di cui usufruiscono aziende che non garantiscono neppure standard minimi di sicurezza sul lavoro, con la conseguenza del coinvolgimento di alunni in incidenti gravi, e in alcuni casi mortali (18 morti e quasi 300mila infortuni dal 2017 ad oggi). La scuola serve a formare cittadin* attiv*, non precar*. Perché sul lavoro non si muoia più, tanto meno a scuola! Di seguito alcuni temi fondamentali

A) La manovra 2025 taglia il personale docente di migliaia di unità, per un “risparmio” di più di 200 milioni nei prossimi due anni. Contestualmente finanzia la spesa bellica per 40 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Il governo ha in mente una società armata fino ai denti, pronta a scendere in guerra, e una scuola pubblica definanziata, debole, funzionale a sostenere la propaganda bellica. B) I contratti brevi, e la forma totalmente illegittima e illegale del contratto “fino ad avente diritto” sono la vergogna della scuola pubblica di un paese che retribuisce i lavoratori più sfruttati e vessati della categoria con un ritardo di mesi. Questa barbarie non può e non deve più essere accettabile per nessun docente, sia esso precario o di ruolo. C) L’informatizzazione delle nomine da GPS ha creato enormi disfunzioni che sono andate tutte a danno dei docenti precari. Non si contano le persone che sono state “saltate” dall’algoritmo a favore di altri colleghi con punteggio più basso. Vogliamo una reclutamento serio e trasparente, non vogliamo essere più costretti a pagare ricorsi per vederci riconosciuto un diritto. D) I corsi abilitanti sono il livello più avanzato del sistema estorsivo rappresentato dal mercato dei titoli e della formazione. E’ un sistema antidemocratico, classista per gli oneri richiesti, ricattatorio e dequalificante, che premia chi arriva primo nella gara a punti dei titoli-farsa, sfornati dalle università telematiche. In questo mercato di compravendita dei titoli, l’università pubblica compete con le università telematiche nel proporre una formazione per i docenti del tutto dequalificata e onerosa per le tasche degli aspiranti docenti. Chiediamo una formazione di qualità e a costi sostenibili, orientata ad una professionalizzazione “di qualità” dei futuri docenti. E) Il codice di comportamento emanato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito nel 2024 proibisce ai docenti e alle docenti di esprimere “qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale”. Questo vuol dire limitare fortemente il diritto alla critica politica e alla libertà di pensiero e opinione, anche al di fuori dell’orario di lavoro. Per questo riteniamo inaccettabile tale Codice, e ne vogliamo la revoca. F) Il ministro non ha solo addossato la colpa dei femminicidi alle persone migranti, rifiutando di riconoscere la realtà del patriarcato. E’ andato oltre, suggerendo che il femminicidio sarebbe frutto di un’educazione oramai troppo poco autoritaria. Non è accettabile che una squallida retorica reazionaria, giocata su una totale mistificazione del concetto di autorevolezza, continui a minare i cardini della cultura pedagogica democratica, indispensabile per rispondere alle questioni sociali. G) Le forze politiche di questo governo hanno snaturato del tutto la proposta di legge dello ius scholae. Anche a causa loro i figli di genitori stranieri non hanno gli stessi diritti dei loro compagni di classe. Se a questi ad esempio è data la possibilità di studiare all’estero, agli altri può essere negata. Come si può accettare che la cittadinanza sia ancora una questione di sangue?

leggi integralmene la nota Clap-info

 

Giornata internazionale per i Diritti Umani. Fermiamo le guerre, il 10 dicembre in piazza: «Cessate il fuoco.  Fine dei “doppi standard”. Nazioni Unite di nuovo in grado di arbitrare e ricostruire la giustizia. Difesa dell’ Articolo 11 della Costituzione. Stop alle spese per armi»

La coalizione “Fermiamo le guerre” si dà appuntamento in piazza nella Giornata internazionale dei Diritti Umani: «Vogliamo dare continuità alla giornata di mobilitazione nazionale del 26 ottobre scorso. È questo l’obiettivo di base delle Reti che hanno promosso la mobilitazione Fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora»

Con la giornata di mobilitazione del prossimo 10 Dicembre «vogliamo rendere evidente l’alternativa di Pace che tante persone invece chiedono: contro la loro complicità, inazione e ignavia nei confronti dei conflitti, dei massacri, degli stermini, dei genocidi, delle violazioni del diritto internazionale e umanitario». È chiaro che i conflitti hanno una saldatura tra di loro, che la guerra è ormai un’opzione possibile per la politica che pensa in questo modo di risolvere i conflitti e imporre nuove egemonie. «Il tempo della pace è ora. Non possiamo più rinviare, non siamo più disponibili ad accettare violazioni eclatanti del diritto internazionale che fanno aumentare ogni giorni il pericolo di un confronto armato generalizzato, anche nucleare», è il richiamo alla società civile e alle istituzioni. Uno dei punti centrali di questo impegno è la richiesta della riduzione delle spese militari, in particolare quelle previste per l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma, ormai arrivate a livelli record in accettabili, in quanto sottraggono risorse ad investimenti più utili per la vita e la sicurezza di tutti. Tutte le nostre organizzazioni si impegnano dunque a sostenere la campagna “Ferma il riarmo”, che proprio il 10 dicembre si attiverà per un’iniziativa diretta nei confronti del Parlamento che sta per votare una Legge di Bilancio con una spesa militare complessiva per il 2025 di 32 miliardi di euro (ben 13 miliardi per nuove armi). La richiesta a cittadini, reti territoriali, organizzazioni è il sostegno per la Seconda Giornata di Mobilitazione Nazionale per la Pace del 10 dicembre 2024 e quella di promuovere Consigli Comunali Aperti, presidi flash mob, sit-in, volantinaggi, raccolta firme o altre iniziative per chiedere il cessate il fuoco, la protezione delle vite umane, il rispetto del diritto internazionale, il taglio della spesa militare e l’adesione all’Appello di “Fermiamo le guerre”. Un programma che si può realizzare organizzando assemblee cittadine  nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei circoli, nelle parrocchie e chiedendo ai Consigli Comunali di votare Mozioni specifiche – già predisposte – per il cessate il fuoco in Ucraina in Palestina e in tutte le guerre attive nel mondo, per il taglio alle spese militari, per la messa al bando delle armi nucleari; per il riconoscimento dello stato di Palestina; per il rispetto e l’applicazione del diritto internazionale e umanitario.

nota

 

Mare Nostrum, l’immaginario della pirateria e il diritto al libero movimento. Per Fatima Ouassak i pirati esistono già: “la pirateria incarna la sete di libertà di circolazione nel Mediterraneo”, un diritto fondamentale concesso a pochi, di cui ancora meno ne possono godere

“Una delle sfide di un’ecologia antirazzista e internazionalista è la libertà incondizionata di movimento e di insediamento. Per me questo è evidente”. Questa la netta affermazione contenuta nell’intervista di Francesca Maffioli (di cui proponiamo uno stralcio), rilasciata per ‘il Manifesto’ da Fatima Ouassak, militante ecofemminista e antirazzista francese di origine marocchina e  cofondatrice del collettivo ‘Front de mères’, sindacato di genitori dei quartieri popolari

Le conseguenze del cambiamento climatico saranno di gran lunga più importanti nel sud che nel nord del Mediterraneo. Questa è un’ingiustizia sotto diversi punti di vista: è l’Europa che è storicamente responsabile in larga misura delle emissioni di gas serra, è l’Europa che continua a portare avanti la sua impresa estrattiva in Africa (si pensi a Eacop, il progetto dell’oleodotto della Total in Uganda/Tanzania), ed è l’Europa che sta dispiegando un apparato di sicurezza e militare alle sue frontiere (Frontex) per impedire alle vittime di questa politica capitalista e coloniale europea di cercare riparo dove la terra è più abitabile. Le frontiere tra Europa e Africa esistono solo a causa del razzismo e delle relazioni coloniali con i popoli del Sud.  Quelli e quelle che appartengono al campo dell’emancipazione e della difesa della pari dignità umana devono lavorare a un progetto politico, a un’ecologia politica, che metta al centro questa richiesta: fare della libertà incondizionata di circolazione e di insediamento un diritto fondamentale garantito (a livello di diritto internazionale, di diritto europeo e dei parlamenti), e del Mediterraneo un ipersoggetto, con diritti inalienabili, sacri, che non possono più essere messi al servizio (dal sistema colonial-capitalista europeo) per fare la cernita tra migranti utili e migranti inutili che possono essere lasciati (legalmente) a morire in mare.  Per me la pirateria incarna questa sete di libertà di circolazione nel Mediterraneo, e i pirati esistono già: penso a tutti quegli attivisti francesi o italiani che con le loro barche vanno in soccorso dei migranti. Stanno contribuendo a liberare questa terra che è il Mar Mediterraneo, lottando contro il sistema di frontiere che ci taglia fuori dai nostri fratelli e sorelle in umanità.

da ‘il Manifesto’ del 26/11/2024

 

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