21 morti nel naufragio del 2 settembre: le autorità non sono intervenute per due giorni dal primo allarme. Sea-Watch presenta un esposto alla Procura di Agrigento
L’organizzazione non governativa Sea-Watch ha oggi presentato alla Procura della Repubblica di Agrigento un esposto contro le autorità italiane, con l’accusa di naufragio e omicidio colposo.
Il 2 settembre, Sea-Watch ha segnalato la presenza di un’imbarcazione in pericolo alla Guardia Costiera italiana. L’ultimo avvistamento è stato a sole 26 miglia nautiche da Lampedusa: in circa un’ora una motovedetta partita dall’isola sarebbe stata in grado di soccorrere le persone a bordo. Ma nessuno è intervenuto fino al 4 settembre quando ormai solo sette persone erano sopravvissute. Ventuno persone sono morte.
La denuncia, sostenuta da tre sopravvissuti e dal figlio di una delle vittime, si basa non solo sulle testimonianze dei sopravvissuti, ma anche su prove fotografiche e rapporti forensi.
“Grazie al lavoro di monitoraggio aereo fatto dai nostri aerei siamo in grado di dimostrare come l’omissione di soccorso sia diventata la norma nel Mediterraneo Centrale, mentre il dovere di soccorso viene criminalizzato. Il governo italiano sta cercando di bloccare i nostri aerei con il nuovo Decreto Flussi: non vogliono testimoni scomodi che volino sopra il Mediterraneo Centrale e denuncino le violazioni commesse attraverso le politiche italiane e UE” dichiara Giorgia Linardi, portavoce dell’organizzazione.
Nell’esposto presentato alla Procura di Agrigento si trova la testimonianza di alcuni dei sopravvissuti che raccontano come l’imbarcazione si sia ribaltata e siano tutti finiti in acqua: “a causa del primo capovolgimento dell’imbarcazione sei di noi sono scomparsi tra le onde e non sono più riemersi. Tra loro c’erano alcune persone anziane e uno dei ragazzi che guidava l’imbarcazione.
Siamo riusciti a raddrizzare l’imbarcazione ma era piena d’acqua. A bordo abbiamo messo i bambini per proteggerli e abbiamo iniziato a pensare a come poter proseguire. […] Le onde erano alte e a ogni onda perdevamo uno di noi”.
Sea-Watch chiede che venga fatta chiarezza e che si accertino le responsabilità che hanno condotto alla morte di ventuno persone. È necessario “non solo per le vittime di questo naufragio ma per riaffermare il principio che chi è in pericolo in mare ha diritto ad essere soccorso” ha dichiarato Ibrahim Hsian, figlio di una delle vittime.