Un accordo sindacale ha fatto ritornare i portuali statunitensi al lavoro, posticipando di tre mesi l’argomento più importante e interrompendo lo sciopero iniziato il 1° ottobre nei 36 porti dei Grandi Laghi, della costa atlantica e del Golfo del Messico, dal Maine al Texas. Lo sciopero, come scrivevamo alcuni giorni fa, coinvolgeva 45.000 iscritti dell’International Longshoremen’s Association (ILA), affiliata alla grande Federazione AFL-CIO.
Oltre agli aumenti delle retribuzioni, ferme al 2028 e falcidiate dall’inflazione, l’oggetto principale del contendere era ed è infatti l’ulteriore utilizzo di tecnologie, già applicate in alcuni porti del mondo, che cancellerebbero il “divieto di terminali e apparecchiature completamente automatizzate” presente nel contratto dei portuali scaduto il 30 settembre scorso, prefigurando un possibile forte ridimensionamento dell’occupazione.
Lo sciopero stava fermando gran parte del flusso di un’ampia varietà di merci, esportate e importate dagli USA, anche se la storica frantumazione sindacale degli USA consentiva di utilizzare i porti dell’ovest, dalla California al confine canadese, aperti in questi giorni a causa del fatto che i loro lavoratori hanno un contratto diverso, firmato lo scorso anno.
Il Sindacato ILA non aveva una grande tradizione di trasparenza per quanto riguarda le richieste e le trattative per il rinnovo dei contratti. Infatti, giovedì scorso, dopo tre giorni di sciopero, è stato raggiunto quello che negli USA è definito un “accordo provvisorio”, che deve ora essere sottoposto al voto dei lavoratori. Si tratta di una sua estensione fino al 15 gennaio 2025 (dopo l’insediamento del nuovo presidente statunitense), che prevede un aumento delle retribuzioni (alcune voci lo danno per molto alto, del 10% per ognuno dei 6 anni che durerebbe l’intesa) e rimanda la discussione sul tema fondamentale dell’ulteriore automazione del lavoro sui moli e la conseguente prevedibile riduzione del personale.
Ovviamente Biden ha tirato un sospiro di sollievo per l’accordo, perché non è più sottoposto alle richieste di varie grandi associazioni del padronato d’intervenire ai sensi del Taft-Hartley Act del 1947, che consente di imporre l’interruzione e un arbitrato vincolante a uno sciopero in un settore nevralgico per l’economia.
Qualche repubblicano si era pure portato avanti: il governatore della Florida Ron DeSantis aveva dato la disponibilità dei porti di quello Stato agli sbarchi delle navi bloccate per lo sciopero. Approfittando dell’impatto dell’uragano Helene, aveva già preavvertito la Guardia Nazionale della Florida e altre polizie dello Stato per sostituire gli scioperanti, malgrado la stessa agenzia federale incaricata delle emergenze avesse dichiarato che non esisteva alcun problema a utilizzare i porti per le forniture di soccorso.
Ora la parola passa al voto dei lavoratori, che stanno cercando di difendere non solo il loro lavoro di oggi, ma anche il futuro di una storica categoria.