Lo schema di decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri, recante “Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela ed assistenza delle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali”, appare finalizzato soprattutto ad abbattere le residue garanzie procedurali di cui potevano avvalersi i richiedenti asilo denegati dalle Commissioni territoriali, dopo procedure accelerate in frontiera, dunque provenienti da paesi di origine ritenuti “sicuri”. La presunzione della strumentalità delle domande di protezione diventa legge. Con tanti saluti al diritto di asilo previsto senza discriminazioni di sorta dall’art.10 della Costituzione. Ed i diritti di difesa, garantiti dall’art.24 della Costituzione finiscono per essere svuotati di una qualsiasi “effettività”, rimangono solo sulla carta, nei meandri delle procedure telematiche e nelle decisioni su base meramente documentale, senza l’audizione dei ricorrenti, nella maggior parte dei casi, e con grandi difficoltà per la nomina di avvocati di fiducia.
Come si legge nel comunicato del governo, “Il Capo IV del Decreto-legge detta disposizioni processuali. In particolare, introduce il potere di impugnazione dei provvedimenti di trattenimento dello straniero adottati dalle sezioni specializzate innanzi alla Corte d’Appello attraverso lo strumento del reclamo”. È possibile proporre appello avverso il diniego o la revoca della protezione speciale adottati dalla sezione specializzata“, ma in termini molto più ristretti che in passato.
“Contro i provvedimenti adottati dalle sezioni specializzate ai sensi dell’articolo 35-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e quelle aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale è ammesso reclamo alla corte d’appello.» Si afferma così una nuova competenza delle Corti di appello, i cui giudici dovranno essere sottoposti a specifici corsi di formazione. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 si apportano quindi le seguenti modificazioni: a) All’articolo 3: «1. Il comma 3-septies è sostituito dal seguente: “Il procedimento è trattato in camera di consiglio. L’udienza per la comparizione delle parti è fissata esclusivamente quando il giudice lo ritenga necessario ai fini della decisione. Il procedimento è definito, con decreto entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso.” Nella maggior parte dei casi la Corte di appello potrà dunque decidere senza procedere all’audizione del richiedente asilo denegato e quindi ricorrente e questo viola il principio del giusto processo ed in particolare gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, oltre che l’art.6 della Cedu.
Tra le vittime designate di questo abbattimento delle garanzie procedurali, che si traduce in una compressione dei casi nei quali si potrà accogliere un ricorso contro un diniego, il residuo campo di applicazione della protezione speciale, e quindi le persone che vi potrebbero accedere. Anche perché dopo le convalide “cartacee”, l’intera procedura dei ricorsi in appello rimane altrettanto “cartacea” con una grave lesione del diritto al contraddittorio dei richiedenti asilo denegati, che ben difficilmente riusciranno a fornire ai giudici della Corte di appello la prova del proprio diritto al riconoscimento di una delle forme di protezione speciale ancora previste dal nostro ordinamento.
Inoltre, “Il trattenimento amministrativo può essere disposto qualora il richiedente non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità o non presti idonea garanzia finanziaria, ovvero nelle more del perfezionamento della procedura concernente la prestazione della garanzia finanziaria.”. In questo modo il trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo, previsto anche “nelle more del perfezionamento della procedura concernente la prestazione della garanzia finanziaria“, sarà la norma, quando si tratti di persone soccorse in mare e questo appare in contrasto con la normativa europea che considera la detenzione dei richiedenti asilo come l’ultima misura da adottare quando non siano praticabili altre alternative. Come correttamente avevano affermato anche le decisioni di non convalida dei trattenimenti adottate dai tribunali di Catania e Palermo. Anche su questo punto, se il Presidente della Repubblica, alla fine dell’iter legislativo del decreto apporrà la sua firma, si dovranno sollevare questioni di costituzionalità e si potrà richiedere la proposizione di questioni pregiudiziali di interpretazione alla Corte di giustizia dell’Unione europea.