Sabato 26 ottobre si sono svolte partecipate manifestazioni in tutta Italia per la pace.
Insieme a Peacelink, Pressenza è stata quella che ne ha riferito in modo più dettagliato con articoli e foto da varie città ( un resoconto nazionale e foto su https://www.pressenza.com/it/2024/10/innumerevoli-in-piazza-per-la-pace/) .
I quotidiani nazionali invece hanno in buona parte trascurato la notizia, tranne Avvenire, che ha pubblicato anche una significativa intervista a Sergio Bassoli (Rete Pace e disarmo), di cui vi proponiamo alcuni passaggi.
‘Perché manifestare ancora e perché in sette città invece che in un solo raduno nazionale?
Sette città insieme come i sette colori della bandiera arcobaleno della pace.
Abbiamo voluto mobilitare tutto il Paese, permettendo di “esserci” a chiunque lo voglia, riducendo le distanze e i costi di un viaggio a Roma. Isole comprese.
C’è un desiderio diffuso di esprimere il rifiuto della guerra, percepito sui territori nelle mobilitazioni precedenti delle “cento città”. Un unico evento avrebbe tagliato fuori molte persone. (…)
Cinque reti pacifiste (Europe for peace, RetePace e Disarmo, Fondazione PerugiaAssisi, AssisiPaceGiusta, Sbilanciamoci!) unite per dare un forte segnale all’opinione pubblica sull’emergenza che viviamo.
È chiaro che i conflitti hanno una saldatura tra di loro, che la guerra è ormai un’opzione possibile per la politica che pensa in questo modo di risolvere i conflitti e imporre nuove egemonie. (…)
In Ucraina c’è una fase di stallo. Nonostante l’invio di armi sempre più sofisticate, presentate ogni volta come risolutive. Uno stallo sul campo, ma con un pericolosissimo allargamento: penso ai 12 mila soldati nordcoreani arruolati da Mosca, all’asse tra la Russia con l’Iran oltre che con la Cina.
In Ucraina c’è una sofferenza enorme e una disgregazione della società. Ma anche in Russia, dove il dissenso è represso, oltre un milione di persone è espatriato.
Non c’è possibilità di arrivare a un esito, finché si insegue la vittoria.
Mosca è una potenza nucleare, difficile che si rassegni a una sconfitta.
Il segretario della Nato, Rutte, considera ineluttabile l’ingresso di Kiev nell’Alleanza.
Non proprio un segnale di distensione verso una soluzione diplomatica. Nei nostri incontri durante le carovane di aiuti, gli ucraini ci hanno sempre ribadito il desiderio di entrare nell’Unione europea.
L’ingresso nella Nato più che una deterrenza sarebbe una ulteriore dichiarazione di guerra.
A Gaza il conflitto è esondato in Cisgiordania, Libano, forse anche Iran. Israele non sembra esitare.
Era abituata alle guerre lampo combattute dai riservisti, ora sta cercando soldati tra i richiedenti asilo, in Eritrea, tra i mercenari sudanesi. È la guerra più lunga che ha mai combattuto. Le guerre sono di nuovo strumento di colonizzazione economica, ma con sistemi molto più distruttivi che mettono a rischio l’umanità e il Pianeta.
Abbiamo assoluto bisogno che nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle parrocchie si comprenda questo rischio e si rimetta al centro l’impegno per la pace.
Dopo la II guerra mondiale, con le Nazioni Unite si consolidò il diritto internazionale fondato sul ripudio della guerra. Serve quel clima politico e culturale.
Proprio l’Onu, da tempo definanziata e svuotata politicamente, è nel mirino di Israele. Letteralmente.
Si sta delegittimando l’unico strumento sovranazionale che può governare il mondo.
L’Onu per alcuni è un ostacolo da rimuovere.
Le nostre istituzioni stanno perdendo di vista questa crisi drammatica. La vittoria è una via illusoria e la corsa al riarmo è un danno enorme per le nostre società. perché toglie risorse alla spesa pubblica.
Ora la priorità assoluta è fermare le mattanze in corso e dire basta al doppio standard: non è possibile continuare a fornire armi agli ucraini, e lasciar massacrare i palestinesi con armi fornite a Israele dall’Occidente.”