SUDAN. SEMPRE PIÙ ARRESTI DI CHI È CONTRO GUERRA E VIOLENZA
DENUNCIA IN RAPPORTO AFRICAN CENTER FOR JUSTICE AND PEACE STUDIES

(DIRE) Roma, 28 ott. –

Detenzioni arbitrarie, con regimi di isolamento totale e processi sommari: tra le vittime, nel Sudan ostaggio di un conflitto armato che ha già costretto alla fuga oltre dieci milioni di persone, ci sarebbero sempre più spesso anche attivisti impegnati nella difesa per i diritti umani.

La denuncia è contenuta in un rapporto degli esperti dell’organizzazione non profit African Center for Justice and Peace Studies (Acjps) diffuso in questi giorni.

“La tattica è stata impiegata da entrambe le parti in lotta per frustrare il lavoro degli attivisti” si legge nell’introduzione della ricerca.
“L’Acjps è profondamente preoccupata per la sicurezza dei detenuti, spesso prigionieri in
località segrete”.

Secondo lo studio, “la mancanza di accesso ai loro avvocati e ai membri delle loro famiglie si è associata a casi di tortura ben documentati, così come ad altre forme di maltrattamenti”.

Nel rapporto si sottolinea come un elemento negativo in questo contesto sia stata a inizio anno la riforma della legge sui Servizi generali di intelligence.

“Sono state garantite”, denunciano gli esperti, “ampie immunità agli agenti, che sono tutelati da qualsiasi procedimento civile o penale a loro carico a meno di un via libera del capo dei Servizi”.

L’African Center for Justice and Peace Studies ha concentrato la ricerca sulle zone che sono sotto il controllo dei reparti dell’esercito fedeli al generale Abdel Fattah Al-Burhan, da Port
Sudan, in riva al mar Rosso, agli Stati orientali di Gadaref e Kassala.

Menzionati episodi specifici, che in qualche misura si sono risolti con la liberazione degli attivisti. E’ accaduto ad esempio nella città di Sennar, nell’est del Paese che confina con
l’Etiopia. Il 23 settembre la ventottenne Zuhal Hussien è stata prelevata nella propria abitazione da responsabili dei servizi segreti dell’esercito e tenuta prigioniera senza poter avere alcun contatto con i familiari fino all’11 ottobre, il giorno del rilascio.

Il conflitto in Sudan è cominciato nell’aprile 2023. Secondo stime delle Nazioni Unite, gli scontri tra i reparti dell’esercito e i paramilitari delle Forze di supporto rapido, guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, hanno già costretto oltre dieci milioni di persone a lasciare le loro case e in molti casi il Paese.
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