Il 7° Rapporto della Fondazione GIMBE lancia un forte allarme sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con dati preoccupanti su carenza di personale, disparità territoriali e spese sanitarie sempre più a carico delle famiglie. Siamo di fronte a una vera e propria emergenza nazionale: 4,5 milioni di persone hanno rinunciato alle cure nel 2023, di cui 2,5 milioni per motivi economici; un divario di 889 euro di spesa sanitaria pubblica pro capite rispetto alla media dei Paesi OCSE in Europa per un totale di € 52,4 miliardi; tra il 2010 e il 2019, sono stati sottratti 37 miliardi di euro alla sanità pubblica, compromettendo gravemente il sistema; la spesa diretta delle famiglie è aumentata del 10,3% solo nel 2023; la crisi motivazionale del personale che abbandona sempre di più il SSN; le inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali; la migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa; i pronto soccorso sempre più affollati e sempre più ricorrenti episodi di violenza ai danni del personale sanitario. In altre parole, l’accesso alle cure è sempre più difficile per milioni di italiani e sono seriamente a rischio i principi di universalità ed equità sanciti dalla Costituzione. Stiamo perdendo il SSN.

Il Fabbisogno Sanitario Nazionale (FSN) dal 2010 al 2024 è aumentato complessivamente di € 28,4 miliardi, in media € 2 miliardi per anno, ma con trend molto diversi. Nel periodo pre-pandemico (2010-2019) alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre € 37 miliardi tra “tagli” per il risanamento della finanza pubblica e minori risorse assegnate rispetto ai livelli programmati. Negli anni 2020-2022 il FSN è aumentato di ben € 11,6 miliardi, una cifra tuttavia interamente assorbita dai costi della pandemia COVID-19, che non ha permesso un rafforzamento strutturale del SSN, né consentito alle Regioni di mantenere in ordine i bilanci.

Per gli anni 2023-2024 il FSN è aumentato di € 8.653 milioni: tuttavia, nel 2023 € 1.400 milioni sono stati assorbiti dalla copertura dei maggiori costi energetici e dal 2024 oltre € 2.400 milioni sono destinati ai doverosi rinnovi contrattuali del personale. Le previsioni per il prossimo futuro non lasciano intravedere alcun rilancio del finanziamento pubblico per la sanità: infatti, secondo il Piano Strutturale di Bilancio deliberato lo scorso 27 settembre in Consiglio dei Ministri, il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027. A fronte di una crescita media annua del PIL nominale del 2,8%, nel triennio 2025-2027 il Piano Strutturale di Bilancio stima una crescita media della spesa sanitaria del 2,3% annuo.

Rispetto al 2022, nel 2023 i dati ISTAT documentano che l’aumento della spesa sanitaria totale (+€ 4.286 milioni) è stato sostenuto esclusivamente dalle famiglie come spesa diretta (+€ 3.806 milioni) o tramite fondi sanitari e assicurazioni (+€ 553 milioni), vista la sostanziale stabilità della spesa pubblica (-€ 73 milioni). La spesa out-of-pocket – ovvero quella pagata direttamente dai cittadini – che nel periodo 2021-2022 ha registrato un incremento medio annuo dell’1,6% (+€ 5.326 in 10 anni), nel 2023 si è impennata aumentando del 10,3% (+€ 3.806 milioni) in un solo anno, al punto che secondo l’ISTAT nel 2023 4,48 milioni di persone hanno rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più motivi: lunghi tempi di attesa, difficoltà di accesso (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi), problemi economici (impossibilità di pagare, costo eccessivo). E per motivi economici nel 2023 hanno rinunciato alle cure quasi 2,5 milioni di persone (4,2% della popolazione), quasi 600.000 in più dell’anno precedente.

Crolla anche la spesa per la prevenzione: rispetto al 2022, nel 2023 la spesa per i “Servizi per la prevenzione delle malattie” si riduce di ben € 1.933 milioni (-18,6%). Ed è sempre più crisi del personale. “La sanità pubblica – commenta il presidente della Fondazione Gimbe, Cartabellottasta sperimentando una crisi del personale sanitario senza precedenti: inizialmente dovuta al definanziamento del SSN e ad errori di programmazione, oggi, dopo la pandemia, è aggravata da una crescente frustrazione e disaffezione per il SSN.  Turni massacranti, burnout, basse retribuzioni, prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza stanno demolendo la motivazione e la passione dei professionisti, portando la situazione verso il punto del non ritorno.”

Quanto ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) – le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket – nel 2022 solo 13 Regioni rispettano gli standard essenziali di cura, con un ulteriore aumento del divario Nord-Sud: Puglia e Basilicata sono le uniche Regioni promosse al Sud, ma comunque in posizioni di coda. Anche la mobilità sanitaria evidenzia la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord, con i residenti delle Regioni del Centro-Sud spesso costretti a spostarsi in cerca di cure migliori. In particolare nel decennio 2012-2021 le Regioni del Mezzogiorno hanno accumulato un saldo negativo pari a € 10,96 miliardi, mentre per ciò che attiene allo stato di avanzamento del PNRR, al 30 giugno 2024 sono stati raggiunti i target europei che condizionano il pagamento delle rate all’Italia. “Tuttavia, effettuata la “messa a terra” dei progettispiega il Presidentela loro attuazione già risente delle diseguaglianze regionali, in particolare tra Nord e Sud del Paese.”

Qui per scaricare il 7° Rapporto GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale: https://salviamo-ssn.it/attivita/rapporto/7-rapporto-gimbe/download.it-IT.html