Da ieri, secondo quanto riportato dalla stampa italiana, una nave della Marina Militare italiana trasporta i profughi partiti dalle Libia e salvati in mare in centri di accoglienza di nuova costruzione in Albania. Si tratta dei primi richiedenti asilo portati in Albania affinché le loro procedure vengano espletate in territorio albanese secondo la legge italiana. SOS Humanity critica fortemente il fatto che le loro richieste d’asilo saranno trattate con una procedura accelerata al di fuori dell’UE, mettendo a repentaglio i loro diritti umani.
“Come organizzazione che salva persone in pericolo in mare in stretta osservanza del diritto internazionale, ci opponiamo fermamente al trasferimento dei sopravvissuti in Albania da parte dell’Italia”, sottolinea Mirka Schäfer, esperta politica di SOS Humanity. “L’accordo Italia-Albania viola il diritto marittimo internazionale e rischia di erodere ulteriormente i diritti fondamentali dei rifugiati. L’Italia trattiene di fatto le persone in cerca di protezione in territorio albanese senza un esame giudiziario, il che è profondamente disumano e viola i loro diritti fondamentali. Si tratta di rifugiati che hanno subito violenze, traffico di esseri umani o torture durante il loro viaggio e la permanenza in Libia o in Tunisia. L’accordo è l’ennesima strategia di uno Stato membro dell’UE per esternalizzare la gestione della migrazione e quindi esimersi dalla responsabilità sui diritti umani dei rifugiati”.
SOS Humanity non è l’unica a ritenere che l’accordo tra l’Albania e l’Italia del 6 novembre 2023 rappresenti una minaccia significativa per i diritti umani dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dei migranti: questo punto di vista è condiviso anche dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e da organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch.(1) Anche l’agenzia ONU per i rifugiati UNHCR ha espresso serie preoccupazioni sulla procedura.(2)
“Dal punto di vista di un’organizzazione di ricerca e soccorso, è molto problematico che l’accordo comporti ritardi nello sbarco delle persone soccorse in mare”, spiega Mirka Schäfer. “L’accordo viola l’obbligo internazionale di sbarcare i sopravvissuti nel luogo sicuro più vicino. Il porto albanese di Shengjin dista circa 1.000 chilometri dall’area di salvataggio, il che significa vari giorni di transito in più rispetto a uno sbarco a Lampedusa o in Sicilia. Questo rappresenta un rischio aggiuntivo per la salute e il benessere dei sopravvissuti”.
SOS Humanity chiede che l’accordo venga cancellato in quanto mette in pericolo i diritti fondamentali e umani dei rifugiati e pregiudica il diritto di asilo. Inoltre, SOS Humanity chiede alla Commissione Europea di verificare in modo dettagliato e trasparente se questa nuova forma di esternalizzazione delle procedure di asilo da parte dell’Italia costituisca una violazione del diritto comunitario e degli obblighi internazionali degli Stati membri dell’UE.
Links:
(1) https://www.amnesty.org/en/documents/eur30/7587/2024/en/