Nella giornata di sabato scorso (5 ottobre 2024) si è avuto un anticipo di quel che potrebbe succedere in Italia se il DDL 1660 sulla sicurezza pubblica, varato dal governo Meloni, prendesse definitivamente corpo. A Roma come a Cagliari, infatti, è stata messa in discussione una modalità di espressione collettiva e pubblica dell’opinione, quale la libertà di manifestare, che dovrebbe rappresentare un principio cardine della vita democratica di un paese civile.
Le varie questure hanno vietato a cortei, il cui percorso era stato da tempo comunicato, di raggiungere la meta prefissata. Tale divieto parte nello specifico da motivazioni vergognose, dato che a essere rigettata è stata la possibilità che, in questo paese, realtà organizzate di varia appartenenza e liberi cittadini potessero dare il loro sostegno alla causa palestinese. Ovvero si è voluto impedire la solidarietà nei confronti di una popolazione che vive da anni sotto un’occupazione di natura coloniale, subendo politiche di apartheid, privazione dei diritti economici e sociali, incarcerazioni arbitrarie, massacri indiscriminati. Complice il silenzio, con l’appoggio anche militare dei governi occidentali, che verso Israele si sono sempre mossi con guanti di velluto.
A buttare benzina sul fuoco concorrono anche i mezzi di informazione. Quelli nostrani parlano di tensioni e scontri nella manifestazione cagliaritana, cosa non vera dato che la mobilitazione aveva connotati assolutamente pacifici, ribaditi in diversi interventi. Laddove i momenti di tensione si sono creati lo si deve all’azione, quella sì violenta, di chi respingeva con gli scudi e manganello alla mano l’avanzata di ragazzi e ragazze il cui unico intento era quello di proseguire lungo l’itinerario comunicato e poi vietato.
A quel punto quello che dovrebbe essere lo scopo delle forze dell’ordine, ovvero evitare le situazioni potenzialmente pericolose, è venuto meno, dato che i vari gruppi hanno cominciato a sciamare in ogni direzione per poi ricompattarsi, e seguire itinerari alternativi. Una scelta tanto più inopinata se si pensa alle dimensioni numeriche del corteo, poco più di 500 persone, in gran parte studenti e studentesse, e alla mancanza di obiettivi sensibili lungo il tragitto previsto, quasi del tutto pedonale (Via Garibaldi, Via Manno, Largo Carlo Felice, Via Crispi, Piazza del Carmine).
Le modalità autoritaria, con cui volutamente è stata affrontata questa situazione, si è vista alla fine della manifestazione, quando la maggior parte delle persone, dal Mercato di San Benedetto, dove tutto sembrava ormai finito, stavano andando verso casa e, senza nessuna ragione, è stato impedito con uno sbarramento il passaggio verso Via Bacaredda, bloccando anche i marciapiedi e favorendo il riformarsi di un corteo spontaneo.
Se questo è l’antipasto non oso pensare che cosa possa riservare il futuro se il DDL 1660 venisse convertito in legge, in un momento in cui i venti di guerra soffiano con forza in Europa e nel Medio Oriente con la complicità delle nostre istituzioni e della maggioranza delle forze che compongono il nostro Parlamento (quelle di governo come anche una buona fetta di quelle di opposizione).
Massimo Aresu, esponente di “Potere al popolo” – Cagliari