Migliaia di giovani sono sfilati oggi per le strade di Milano nello sciopero per il clima indetto dai Fridays For Future. Presente a sorpresa anche la giovane attivista svedese Greta Thunberg. Il corteo, partito da Piazza Cairoli, si è diretto a Porta Genova per terminare al parco Baden Powell sul Naviglio Grande.
Oltre agli attivisti dei Fridays For Future erano presenti i giovani palestinesi d’Italia, collettivi studenteschi come Cambiare Rotta e organizzazioni ambientaliste come Extinction Rebellion, No Tav e Legambiente, il sindacato CUB, Europa Verde e Lotta comunista
Nella manifestazione era evidente il collegamento trasversale di diverse tematiche: la giustizia climatica, l’opposizione alle guerre e alle spese militari e la repressione incarnata dal decreto sicurezza, una convergenza espressa con potenza dal bellissimo discorso di Greta Thunberg, riportato di seguito.
“Viviamo in un’epoca definita da violenza, oppressione, genocidi, ecocidi, carestie, guerre, colonialismo e aumento delle diseguaglianze e della crisi climatica. Sono tutte crisi interconnesse che portano sofferenze inimmaginabili. Ogni singolo giorno, specialmente nell’ultimo anno con quello che sta succedendo in Palestina, il mondo ha mostrato la sua vera natura. I palestinesi hanno vissuto per decenni sotto un regime di apartheid e con il genocidio in diretta perpetrato da Israele, il mondo ha nuovamente abbandonato la Palestina.“
Greta Thunberg ha quindi ricordato tutte le altre crisi umanitarie – in Libano, Yemen, Sudan, Congo, Kurdistan, Belucistan – e denunciato che “stiamo ormai raggiungendo il limite di +1,5 gradi centigradi senza che ci sia in vista una reale riduzione dei gas serra in atmosfera.
Stiamo infrangendo record di surriscaldamento e sperimentando eventi meteorologici estremi senza precedenti; la destabilizzazione della biosfera e dei sistemi naturali da cui tutti dipendiamo per la nostra sopravvivenza sta portando indicibili sofferenze umane e accelerando l’attuale estinzione di massa.
La lotta per la giustizia climatica è una lotta contro le lobby dei combustibili fossili, così come la lotta contro le industrie delle armi, l’estrattivismo di risorse naturali nelle aree più colpite. Se come attivisti per il clima non si lotta anche per la liberazione della Palestina e per la fine del colonialismo e dell’oppressione in tutto il mondo, allora non ci si può definire attivisti per il clima. Non si può pretendere di lottare per la giustizia climatica, se si ignora la sofferenza dei popoli colonizzati ed emarginati di oggi. Uscire dalle nostre comfort zone e chiedere la fine di questo genocidio è una questione di umanità e chiediamo a tutti coloro che possono di farlo: il silenzio è complicità, non si può essere neutrali in un genocidio, anche se il mondo cerca di metterci a tacere noi torneremo e faremo ancora più rumore. C’è in gioco tutto: nessuno sarà libero finché tutti non lo saranno.”
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