Genocidio a Gaza

Nel nord di Gaza, Netanyahu sta mettendo in pratica il cosiddetto “piano dei generali”: svuotare il nord della Striscia dalla popolazione e deportarla verso sud, per avere mano libera in futuro nella colonizzazione di quel territorio. Da 10 giorni l’esercito israeliano assedia completamente tra i 300 e 400 mila civili in una zona ermeticamente chiusa. Non fa entrare gli aiuti umanitari e i carburanti.
A Jebalia è in corso un’operazione militare con l’uso di robot assassini e droni che sparano contro chiunque si muove fuori casa.
La zona a nord della città di Gaza è stata completamente isolata con carri armati e cumuli di terra.
È un piano di deportazione sotto gli occhi di USA, Nato e UE, che fanno finta di non vedere.

I bombardamenti su Gaza città e sul sud sono continuati, con decine di vittime.
Ad est di Gaza, 5 bambini sono stati falciati da una bomba caduta sul rudere dove la loro famiglia si era rifugiata.

La conta quotidiana del ministero della sanità ci informa che ieri i generali israeliani hanno ucciso 52 civili e ferito altri 128.
Il totale delle vittime di questa aggressione israeliana sulla popolazione di Gaza è di 42.227 uccisi e 98.464 feriti.

Situazione umanitaria

In un rapporto dell’Unicef sulla situazione dei bambini in Medio Oriente, un capitolo particolarmente toccante è riservato alla situazione di Gaza.
“La loro vita si sgretola un giorno dopo l’altro.
I diritti dei bambini sono stati calpestati, bombardati con migliaia di uccisi, feriti e resi orfani; il loro futuro è stato cancellato privandoli dell’istruzione.
Sono stati ignorati gli impegni chiari per la protezione dell’infanzia che anche le leggi di guerra prevedono.
I bambini non iniziano una guerra e non la possono fare finire, ma sono le prime vittime dei conflitti”.
Il rapporto non cita mai Israele, ma il riferimento alle migliaia di bambini uccisi è inequivocabile.

Giornalisti nel mirino

Presi di mira dall’esercito israeliano, i giornalisti palestinesi hanno perso 176 colleghi.
Altri 61 sono stati arrestati e 61 feriti.
È un attacco deliberato e non casuale, per uccidere la verità e nascondere i crimini che i generali israeliano hanno compiuto e stanno compiendo contro la popolazione civile.

88 istituzioni e sedi giornalistiche sono state distrutte e vandalizzate.
Un accanimento che denota il fallimento della macchina di propaganda israeliana nel diffondere le bugie sul genocidio in corso a Gaza.
La narrazione israeliana, malgrado la copertura ottenuta dai media scorta mediatica di Netanyahu e dalle cancellerie, non ha conquistato il grande pubblico.
L’immagine di Israele assomiglia sempre di più, nella mente della gente comune, a quella della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.

Il merito dei giornalisti gazzawi è stato riconosciuto dai colleghi internazionali, come dimostra il successo dei loro lavori durante il premio Bayeux, in Francia.
I giornalisti gazzawi hanno vinto i principali premi di Bayeux per i corrispondenti di guerra, 31esima edizione.
Il primo ed il terzo premio nella categoria foto sono andati, rispettivamente, a Mahmud HAMS e Ali JADALLAH.
Il primo e terzo premio nella categoria TV sono andati, rispettivamente, a Mohammed ABU SAFIA e Ahmad ABU AJWA. Nella categoria giovani, il primo premio è andato a Saher ALGHORRA.
Nella categoria tv grande formato ha vinto il primo premio Rami ABOU JAMOUS (insieme ad altri).
Nella categoria stampa scritta il primo premio è andato ancora a Rami ABOU JAMOUS.

Anche l’agenzia internazionale multilingue Pressenza ha pubblicato il nostro appello per salvare la vita al collega palestinese gravemente ferito Alì Al-Attar.

Libano

Il ministro della guerra israeliano, Gallant, ha minacciato di distruzione totale “i villaggi di Hezbollah nel sud del Libano”.
Dopo gli ordini di evacuazione della popolazione civile, adesso arriva da Tel Aviv la minaccia di sterminio.
Il termine “villaggi di Hezbollah” è una copertura propagandistica ad uso e consumo dei giornalisti boccaloni e ignoranti, che bevono e ripetono come pappagalli tutto ciò che proviene dalla Hasbara israeliana.
È noto a tutti che nel sud Libano ci sono villaggi e città con maggioranza cristiana, ma questo diventa un dettaglio secondario.
“Nel colpire questi villaggi di confine, – accusa il governo libanese – Israele ha usato bombe a grappolo, vietate internazionalmente in zone civili”.

La propaganda USA sostiene che gli attacchi contro Beirut sono diminuiti, perché Biden nella sua telefonata con Netanyahu aveva raccomandato di ridurre l’effetto dei bombardamenti sui civili.
Falso. Ieri, i civili uccisi nelle città libanesi sotto i bombardamenti israeliani sono stati 51 e i feriti 174. Questi bombardamenti non hanno risparmiato neanche le strutture sanitarie della Croce Rossa internazionale, che ha annunciato attacchi contro le proprie equipe sanitarie operanti nel sud.

Israele

Quattro soldati uccisi e 67 altri feriti nell’attacco con droni libanesi su una base militare israeliana a Haifa. Il breve comunicato israeliano omette che le vittime siano militari o meno, ma i droni sono caduti all’interno di una base militare dribblando tutte le misure anti-aeree delle difese israeliane.
In un comunicato, Hezbollah sostiene che “l’attacco è stato compiuto con uno sciame di droni-kamikaze, di tipo estremamente silenzioso, che hanno volato a bassa quota e bucato la cosiddetta cupola d’acciaio nemica”.
In un’intervista, un capo militare di Hezbollah ha affermato che “La resistenza libanese ha un potenziale offensivo molto elevato e siamo capaci di colpire in profondità il territorio israeliano.
Per il momento ci siamo limitati a colpire obiettivi militari, ma se l’esercito invasore continuerà a prendere di mira i civili libanesi, anche noi cambieremo strategia”.

UNIFIL

Questa volta l’attacco israeliano alla caserma dei caschi blu è un vero blitz di carri armati che hanno distrutto l’ingresso e ferito 15 soldati internazionali.
Occupazione durata 45 minuti e si è conclusa soltanto dopo le telefonate roventi degli alti comandi militari ONU con i generali a Tel Aviv.
È un’aggressione in grande stile, che poi i portavoce israeliani hanno ridicolmente spiegato con la necessaria manovra delle truppe in fuga da un agguato di Hezbollah.
Una bugia bella e buona, arrivando a sostenere che gli spari dei combattenti libanesi sarebbero arrivati dall’interno della base.
Il giorno prima, sabato, l’esercito invasore aveva bloccato una ronda dei caschi blu e l’ha costretta a tornare alla propria base.

Prigionieri

Un medico palestinese, Issam Abu-Awja, 63 anni, ha raccontato la terribile esperienza passata durante i 7 mesi di detenzione nel deserto del Negev.
“Sono stato arrestato durante l’occupazione militare dell’ospedale Al-Maamadany, a metà dicembre 2023.
Gli aguzzini israeliani hanno rotti i miei denti colpendomi sulla bocca con una spazzola del water metallica. Mi hanno minacciato di spezzarmi le dita, così non avrei potuto più fare interventi chirurgici.
Il soldato nazista mi aveva detto: ‘Mi sembra che tu non abbia lavato i denti da tempo, apri la bocca che te li spazzolo io’ e giù botte sui denti”.
Lo specialista di chirurgia generale ha raccontato che i colpi con bastoni metallici sulle dita, tutti i giorni, è stata la punizione più dura non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. “A questa banda di nazisti faceva paura il camice verde di un medico, perché vogliono annientare il nostro popolo”. “Per 7 mesi ci hanno lasciati nudi, senza acqua e senza cibo. Una volta al giorno, ci davano un cucchiaio e mezzo di riso oppure un pezzo di pane duro. Sotto il sole d’estate, ci davano una bottiglietta d’acqua da mezzo litro ogni 10 detenuti”.

Dopo la sua liberazione, il dott. Al-Awja è tornato in ospedale a Khan Younis, per “servire la mia gente. Anche se non posso più operare, farò del mio meglio per alleviare il dolore dei feriti di questa aggressione nazista”.

Solidarietà

A Gerusalemme si è tenuta, sabato sera, una manifestazione per la pace.
Non è una manifestazione soltanto per il rilascio degli ostaggi, come sono la maggior parte delle manifestazioni a Tel Aviv organizzate dai familiari e dai loro sostenitori, che non spendono una sola parola di empatia nei confronti dei bambini, donne e uomini civili palestinesi massacrati dalle bombe del loro governo e esercito.

No, questa manifestazione è contro la guerra e contro il genocidio, per la fine dell’invasione e per lo scambio prigionieri.
Una manifestazione politica indetta dai comitati per i diritti civili e dalla sinistra.
Sfilando sul marciapiedi, per ordine della polizia di non bloccare il traffico, i manifestanti hanno portato striscioni in senso longitudinali al percorso con scritto, in arabo, ebraico e inglese: fermate il massacro! Lo slogan più scandito e ritmato al suono dei tamburi è stato in inglese: “1234/ fermate questa guerra genocida- 5678/ Israele è uno Stato d’Apartheid”. Vedi il video https://x.com/i/status/1845231420454863307