Il decreto attuativo per la patente a crediti messo a punto dal Ministero del Lavoro è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore il 1° ottobre. Un provvedimento che per il governo Meloni contribuirà a ridurre i morti sul lavoro, mentre per le imprese e per i sindacati rappresenta soltanto un eccesso di burocrazia e servirà a ben poco. La norma prevede un funzionamento simile a quello di una patente per auto. Si parte da una base iniziale di 30 punti, le aziende potranno accumulare fino a 100 crediti in base a comportamenti virtuosi, mentre violazioni delle norme sulla sicurezza comporteranno decurtazioni. Un punteggio inferiore a 15 crediti impedirà l’operatività nei cantieri. La patente è rilasciata, in formato digitale, dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro – INL in base al possesso dei requisiti necessari.

La CGIA di Mestre ha già lanciato l’allarme su ritardi nell’applicazione della norma, evidenziando le difficoltà delle imprese del comparto casa, in particolare di quelle di piccolissima dimensione. Tra le 832.500 attività interessate a richiedere la patente a crediti, oltre 320mila (quasi il 40 per cento del totale), sono costituite infatti da artigiani, molti dei quali stranieri, che non hanno dipendenti. Perciò, non potendo contare sull’apporto di alcun collaboratore, dovranno ottemperare gli adempimenti richiesti dalla legge avvalendosi della consulenza di un tecnico, per la parte che riguarda ambiente e sicurezza, e di un commercialista, nel caso si debba dimostrare il possesso della certificazione di regolarità fiscale, quando prevista dalla legge. “L’Ufficio studi della CGIA, si legge nel Report, stima che le aziende del comparto casa interessate ad acquisire la patente a crediti sarebbero poco più di 832.500. Di queste, il 54,9 per cento sarebbero imprese individuali (pari in valore assoluto a 457mila), il 32,9 per cento società di capitali (circa 274mila) e il 9,3 per cento società di persone (poco più di 77.300). La regione che ne conta di più è la Lombardia: tra edili, elettricisti, termoidraulici, fabbri, serramentisti, etc., l’ammontare complessivo è di 144mila attività. Seguono il Lazio con 83.500 imprese e la Campania con 77mila.”

Ma per la CGIA di Mestre, come per tante imprese e per i sindacati, per fermare le morti, più che la patente a crediti bisogna aumentare i controlli sostanziali. Con tale nuovo strumento difficilmente si riuscirà a ridurre pesantemente il numero degli infortuni e delle morti bianche in questo settore. Per contrastare queste tragedie, invece, bisognerebbe aumentare sensibilmente il numero dei controlli ed eseguirli con più efficacia. L’attività ispettiva, infatti, dovrebbe privilegiare i profili sostanziali di sicurezza e di salute nei cantieri, anziché soffermarsi, come spesso accade oggi, sugli aspetti formali privi di alcuna valenza preventiva. Insomma, meno meticolosità sulla completezza di documenti cartacei e relazioni tecniche, più rigore nei confronti di chi, ad esempio, ha montato un ponteggio non ancorandolo correttamente o, nei lavori in quota, non ha installato barriere anti caduta, parapetti e reti di sicurezza.

Gli ultimi dati disponibili sul numero di decessi avvenuti nei cantieri sono riferiti al 2022. A fronte di 1.208 morti totali nei luoghi di lavoro registrati due anni fa, 175 hanno riguardato il settore delle costruzioni. Tra questi ultimi, ben 63 hanno interessato le imprese degli installatori impianti (elettricisti, termoidraulici, ascensoristi, etc.). Un fenomeno, quello delle morti nei cantieri, che, purtroppo, non riguarda solo gli addetti delle imprese edili, ma anche quelli delle altre categorie che costituiscono il cosiddetto “comparto casa”. In Italia ci sono oltre mille morti sul lavoro e quasi 600mila infortuni all’anno. I cantieri sono tra i luoghi di lavoro più a rischio di incidenti mortali, in particolare per la caduta dall’alto, per seppellimento a seguito di lavori di sbancamento e per soffocamento a seguito di interventi in ambienti confinati.

Purtroppo, nei primi mesi di quest’anno la situazione è peggiorata. Tra gennaio e luglio il numero totale dei decessi nei luoghi di lavoro ha interessato 577 persone, 18 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. L’area metropolitana di Roma è il territorio più colpito dalle cosiddette “morti bianche”; se nei primi 7 mesi del 2024 sono state 49, nello stesso arco temporale del 2023 erano state 33 (+16). Preoccupante anche gli aumenti che si sono verificati a Pavia (+7 decessi), a Bologna, Ferrara e Palermo (ognuna con +6 decessi).

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