1. La notizia è di quelle che rimangono confinate ai margini della cronaca locale, ma ripropone una tragedia che ormai si ripete periodicamente poco a sud di Lampedusa, al limite delle acque territoriali italiane.
Come riporta lunedì 7 ottobre il Giornale di Sicilia nella cronaca di Agrigento, “Una motovedetta della Capitaneria di porto ha intercettato, al largo di Lampedusa, un barchino con a bordo una cinquantina di migranti e un cadavere”. La formula “al largo di Lampedusa” è ormai consueta, significa dopo l’ingresso nelle acque territoriali italiane (12 miglia da Lampedusa), perchè in acque internazionali non si fanno interventi di ricerca e salvataggio (SAR), a meno che non ci siano chiamate di soccorso o avvistamenti operati dalle navi e dagli aerei del soccorso civile, che costringono ad intervenire e che per questo motivo si vogliono tenere lontani con i fermi amministrativi. In realtà i barchini soccorsi “al largo di Lampedusa” il 7 ottobre erano stati tre, negli altri due casi, con l’intervento della Guardia di finanza e di un assetto navale di Frontex, che avrebbero “agganciato” i barchini, una manovra pericolosa, che non può che essersi svolta a ridosso dell’isola delle Pelagie .
Secondo quanto riferisce il giornale, “soffriva di cardiopatia e diabete il giovane siriano che è morto durante la traversata iniziata dalla Libia con destinazione Lampedusa”. Secondo la stessa fonte, ” Il medico legale che ha effettuato l’ispezione cadaverica, nella camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana, presume che il decesso, per arresto cardiaco dovuto verosimilmente ad asfissia, dovrebbe essere avvenuto circa 15 ore fa.”. Dunque, molto probabilmente, a sud di Lampedusa, ma al di fuori delle acque territoriali italiane. Le indagini della questura di Agrigento comunque ancora proseguono, probabilmente per individuare l’ennesimo “scafista” a cui imputare la morte del giovane siriano, piuttosto che le cause effettive del decesso e il luogo esatto nel quale si è verificato. Accertamento che sarebbe decisivo anche per evitare che altre tragedie simili si ripetano in futuro.
Anche nel recente passato, in altre occasioni, sono stati soccorsi poco a sud di Lampedusa barchini con a bordo naufraghi che erano deceduti da poco tempo, proprio in vista dell’isola, quando la salvezza sembrava già raggiunta. In un caso, addirittura sono stati i turisti a soccorrere i migranti dopo che il loro barchino si era rovesciato a pochi metri dalla costa di Lampedusa, al largo di capo Ponente. Quella volta era annegato un neonato ed un ragazzino. Altre volte si era scritto di naufragio “al largo della Libia”, a settembre scorso, quando in realtà il barchino si era rovesciato in prossimità di Lampedusa, dove poi venivano condotti i superstiti. In quel caso si dovevano contare 21 dispersi, con sette cadaveri recuperati dalla Guardia costiera. Non solo, ma in questo caso su cui occorre ancora fare chiarezza, sembra che un barchino bianco identico a quello naufragato a dieci miglia di Lampedusa, dunque nelle acque territoriali italiane, fosse stato segnalato in acque internazionali e in condizioni di distress tre giorni prima da un assetto aereo di Sea-Watch. Secondo Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch “se le nostre prove fossero confermate, chiediamo che vengano accertate le responsabilità. Chiediamo al governo italiano e alle autorità europee di indagare su questo naufragio. Di fronte a questa ingiustizia, la nostra missione rimane chiara: salvare vite umane e sostenere il principio fondamentale secondo cui nessuno dovrebbe essere lasciato morire in mare“. In realtà, più che il governo italiano e le autorità europee, di fronte a fatti tanto gravi ed ancora oscuri, toccherebbe alla magistratura aprire una inchiesta.
2. Viene allora da chiedersi come mai nessuna autorità nazionale avvisti questi barchini, in evidente condizione di distress (pericolo grave ed attuale) già prima del loro ingresso nella zona SAR italiana e quindi nelle nostre acque territoriali. Esiste una direttiva ministeriale che limita gli interventi operati dalla Guardia costiera e dalla Guardia di finanza in acque internazionali, al punto che i barchini vengono avvistati e tracciati dalle navi militari, senza che nessuno intervenga prima dell’ingresso nelle acque territoriali italiane ? Gli aerei di Frontex, così efficaci nel trasmettere alle autorità libiche e tunisine le posizioni dei barchini che tracciano sulle rotte del Mediterraneo centrale, diventano improvvisamente ciechi quando è evidente che non possono intervenire le motovedette libiche o tunisine, per non parlare della sistematica omissione di soccorso praticata dalle autorità maltesi nella vasta zona di ricerca e salvataggio loro attribuita ?
E’ noto da tempo un documento proveniente dalla Centrale di Coordinamento della Guardia costiera italiana (IMRCC), secondo il quale, in base a “tavoli tecnici interministeriali” che si sarebbero tenuti nel 2022, si stabilivano regole di ingaggio per le attività di ricerca e soccorso in acque internazionali che limitavano gli interventi immediati dei mezzi della stessa Guardia costiera al di fuori del limite delle acque territoriali (12 miglia dalla costa), ove non fosse “dichiarata” una situazione SAR (dunque a seguito dell’avvio di una attività di ricerca e salvataggio). Con una successiva nota il Centro operativo nazionale Guardia Costiera (IMRCC), precisava che: “La gestione del fenomeno migratorio in mare, a causa della sua complessità, ha da sempre richiesto un coordinamento continuo tra ogni Autorità che opera in tale scenario, non solo legato alle attività in mare. Tale coordinamento avviene attraverso il “tavolo tecnico di coordinamento” istituito nell’ambito dell’Accordo Tecnico-Operativo per gli interventi connessi con il fenomeno dell’immigrazione clandestina, previsto sin dal 2003 con il Decreto Interministeriale del 14 luglio “Disposizioni in materia di contrasto dell’immigrazione clandestina”. o politico” Una mail del comandante del capitano di vascello Gianluca D’Agostino del comando delle Capitanerie di porto, resa pubblica nel corso dell‘indagine per la strage di Steccato di Cutro, rivela le nuove disposizioni impartite a giugno 2022. In base a queste regole operative, l’intervento della guardia costiera, sia entro che oltre le 12 miglia ( limite delle acque territoriali), “potrà essere eseguito solo dichiarando evento Sar”.
Nel corso degli anni si è così passati da una maggiore responsabilizzazione della Marina militare sempre presente in acque internazionali, ancora oggi, come ai tempi dell’Operazione Mare Nostrum nel 2014, alla riduzione progressiva dell’impegno operativo della Guardia costiera. Sullo sfondo i tentativi ricorrenti di bloccare le navi del soccorso civile, prima con i procedimenti penali, poi con le misure di fermo amministrativo.