Come mamme da nord a sud, impegnate in tante vertenze ambientali in ogni angolo d’Italia, ci opponiamo alla criminalizzazione del dissenso in atto ed esprimiamo solidarietà alle tante attiviste e giornaliste raggiunte da querele intimidatorie da parte di “potentati” locali, tra cui le “nostre” attiviste Linda Maggiori di Faenza e Ina Camilli di Colleferro. Anche Cinzia Guaita di Warfree è stata querelata da RWM, fabbrica di bombe in Sardegna, ma il suo caso è già stato archiviato.
Tutte loro hanno solo esercitato il diritto di critica e di informazione, impegnandosi contro evidenti ingiustizie, dal ciclo dei rifiuti, al consumo di suolo, all’inquinamento provocato da allevamenti intensivi, alle ecomafie, alle fabbriche di veleni e armi.
Spesso queste querele vengono archiviate, ma sottopongono attiviste e attivisti a costi economici e psicologici non indifferenti, ed è proprio questo che viene usato come deterrente da chi ha invece studi legali alle proprie dipendenze.
Ci sono tra noi anche mamme no Tap che hanno affrontato un processo per legittimo dissenso contro un’opera devastante, donne no Tav come Nicoletta Dosio agli arresti domiciliari, donne che hanno i loro figli accusati di terrorismo per pacifiche proteste contro le basi militari, donne alle prese con una giustizia che è repressione, fogli di via e manganellate, mentre gli inquinatori sono liberi, i processi verso di loro vanno a rilento e vengono archiviati o prescritti.
Con il ddl 1660 manifestare in modo nonviolento sarà ancora più punito con pene spropositate. La (in)giustizia nel nostro Paese è arrivata a tanto?
Allora denunciateci tutte. Noi decidiamo di stare dalla parte di coloro che voi ritenete ingiusti.