Riceviamo e pubblichiamo dall’associazione ‘Meritocrazia Italia’
“Tra il 2022 e il 2023 a morire di stenti sono stati più di 700 senzatetto.
Un dramma che si consuma nella generale indifferenza.
Uno stato emergenziale costante per il quale mancano previsioni di interventi.
Tra le principali cause di morte sono malesseri fisici improvvisi e/o aggravamento di situazioni già compromesse. Molto incidono anche le temperature, rigide o torride. Ma si muore anche per eventi traumatici e accidentali, per atti di aggressione, annegamenti, cadute, incendi e suicidi.
‘Senza fissa dimora’, sulla base del Regolamento anagrafico e della legge anagrafica nazionale n. 1228 del 1954, è una «persona che non ha dimora abituale in alcun comune e manca dunque dell’elemento necessario per l’accertamento della residenza (girovaghi, artisti di imprese spettacoli itineranti, commercianti e artigiani ambulanti, ecc.)».
Esperienze molto diverse tra loro sono alle spalle delle persone senza dimora.
La FIO.PSD (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora) considera
– fattori biografici: perdita del lavoro e/o dell’alloggio, rottura dei rapporti familiari, lutti, incidenti, migrazione forzata, precedente detenzione, difficoltà economiche;
– fattori di contesto socio-economico: accesso e qualità dell’istruzione, della salute, del lavoro, delle politiche abitative, ma anche rete sociale e ambiente familiare. Vi rientrano anche elementi che coinvolgono l’intera società come le crisi economiche, gli effetti della globalizzazione, la trasformazione delle città, la precarizzazione del lavoro;
– fattori psicologici, individuali e relazionali: malattie fisiche o mentali, abuso di sostanze, vissuti di violenza e abusi.
I dati diffusi dall’Istat a dicembre 2022 riferivano di circa 100mila tra senzatetto e senza fissa dimora presenti sul territorio nazionale, dati potenzialmente incompleti per la difficoltà di censire persone che potrebbero non essere iscritte nelle anagrafiche dei comuni italiani, sia perché nati in altro Stato sia perché non aventi neanche residenza fittizia.
Il censimento ha comunque rivisto in modo significativo i dati in quanto le stime che risalivano al 2014 indicavano a circa 50mila le persone in condizioni di precarietà abitativa. Praticamente la metà rispetto ai rilevamenti del 2022.
Secondo i dati raccolti dalla FIO.PSD, sono soprattutto (ma non solo) uomini adulti di nazionalità straniera (europei ed extraeuropei) a morire in strada, con un’età media di 47,3 anni. Dato impressionante che rende tutta la drammaticità della vita in strada, se pensiamo che l’età media di morte della popolazione italiana è di 81,9 anni. Ma si muore a tutte le età, dai 16 agli 86 anni.
Altro dato impressionante e drammatico è proprio la percentuale di minori, tutti rientranti nella categoria delle persone senza fissa dimora, dei quali i comuni sono tenuti a farsi carico collocandoli in strutture gestite dai servizi sociali. Secondo la fondazione Openopolis, queste informazioni non possono che essere parziali, perché il campo di osservazione è solo sulla parte emersa del fenomeno, per cui l’insieme dei “senza casa” non esaurisce la totalità del “disagio abitativo”.
Le condizioni di abbandono, di mancanza di cura e di reti di protezione sono una sconfitta della società tutta.
Molti Comuni soprattutto delle grandi città attivano dei “Piani Freddo”, in cui vengono messi a disposizione per i clochard posti letto aggiuntivi per l’accoglienza notturna e talvolta anche diurna e si intensifica il lavoro di prossimità delle unità di strada.
Ci si scontra con la diffidenza verso le strutture stesse d’accoglienza e soprattutto con le procedure sanitarie richieste prima dell’ammissione ma rese necessarie viste le precarie situazioni igieniche, oltre che per evitare ulteriori complicazioni delle già difficili situazioni di salute personale degli ospiti.
Purtroppo è quasi certo che l’aumento della soglia di povertà aggraverà il problema.
Preoccupante è l’esplosione della povertà estrema tra i nuclei in cui la persona di riferimento è un lavoratore dipendente: l’incidenza ha toccato il 9,1%, dall’8,3% del 2022, riguardando oltre 944.000 famiglie. Contribuiscono salari bassi ed un’inflazione che falcidia il potere d’acquisto.
Si potrebbe pensare al riutilizzo di strutture abbandonate (come uffici dismessi o caserme in disuso) o a progetti di bioedilizia, strutturati per una bassa dispersione termica e a coibentazione adatta per proteggere dal freddo invernale ma anche per evitare il forte riscaldamento causato dalla calura estiva, e con aree comuni come per la lavanderia e serre per la coltivazione di ortaggi, per cui si garantirebbe anche una certa autonomia.