Il conflitto israelo-palestinese è giunto al punto più estremo con l’azione genocidaria compiuta da Israele da un anno a questa parte contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza. Con le uccisioni quotidiane in Cisgiordania da parte dei coloni e tramite reparti dell’esercito israeliano. La sua narrazione si sta arricchendo di sfumature, nei talk show e in pubblicazione di libri, che tendono a spostarne l’origine addirittura ai tempi biblici. Al tempo dei Giudici, tempo della conquista della terra di Canaan da parte degli ebrei, fuggiti dalla schiavitù d’Egitto: conflitto tra filistei autoctoni e ebrei invasori. Il conflitto attuale sarebbe conseguenza dell’odio secolare, trasmesso geneticamente di generazione in generazione, tra palestinesi e ebrei.[1]
Un po’ di storia
La pretesa degli esponenti della frangia religiosa più integralista, fatta propria dall’attuale governo di Israele, di essere eredi della terra di Canaan, terra data da Dio agli ebrei, suo popolo eletto, è basata su un fondamento di natura ideologico-religiosa. Che la storia, ormai millenaria, ha spazzato via. Dopo l’ultima rivolta ebraica del 132-135, capeggiata da Simon Bar Kokheba, da Roma furono ridotti in schiavitù molti ebrei di Giudea, ne furono uccisi molti altri, vennero soppresse le autorità politico-religiose ebraiche, furono banditi gli ebrei da Gerusalemme e fu disciolta la Giudea per formare la Siria Palestina.
Da allora crebbe la diaspora ebraica in tutto il bacino del Mediterraneo. Nella terra di Palestina, tuttavia, continuarono a vivere cananei, ebrei, samaritani, giudeo-cristiani. Con l’avvento dell’Islam, parte della popolazione palestinese divenne musulmana. La Palestina fu la Terra Santa per i credenti delle religioni del libro, le religioni abramitiche. La convivenza tra ebrei, cristiani e musulmani fu funestata nel periodo delle Crociate, guerre condotte dai cristiani al grido di “Dio lo vuole” per la riconquista dei luoghi santi, del Santo Sepolcro.
Durante l’Impero Ottomano, dal 1300 fino alla sua caduta nel 1922, la gente di Palestina viveva in pace, coltivava una terra ubertosa, ricca di oliveti, di vigneti e di agrumeti.
L’avvento del sionismo
Il sionismo come movimento ideologico-politico si affermò alla fine dell’Ottocento e preconizzava il ritorno a Sion (Gerusalemme) degli ebrei europei. Il giornalista Theodor Herzl, nel saggio Der Judenstaat pubblicato nel 1896, ne formulò i presupposti teorici e politici considerando che «l’antisemitismo da un lato e l’incapacità di assimilarsi dall’altro fossero due irriducibili atteggiamenti con radici troppo profonde nelle vicende dei rapporti fra gli ebrei e gli altri popoli, e che quello ebraico fosse un problema alla cui soluzione non erano interessati solo gli ebrei ma tutti i popoli civili». Prospettò come sola possibile alternativa «la creazione di una patria sicura per coloro che non possono e non vogliono assimilarsi».
Del 1897, a Basilea, il primo congresso sionista. Il programma: colonizzazione agricola della Palestina; il ritorno alla tradizione ebraica e alla rinascita di uno spirito nazionale; un’azione politica presso le grandi potenze per richiedere una “carta” che autorizzasse e tutelasse l’immigrazione ebraica in Palestina. Tutto questo come se la Palestina fosse un luogo disabitato, non ci fosse una popolazione autoctona. Si trattava, in realtà di un progetto coloniale di insediamento, ai danni dei palestinesi. Dunque, ben prima della persecuzione nazista e la soluzione finale, lo sterminio degli ebrei, la Shoah.
Con la Dichiarazione Balfour (nov. 1917) e la sua successiva incorporazione nello statuto del mandato sulla Palestina affidato dalla Società delle Nazioni alla Gran Bretagna, in pratica si diede corso a ciò che poi si costituirà come una formazione statale, con assemblea elettiva ed esecutivo, e la formazione di un corpo militare addetto alla difesa, l’Haganah.
Per lavarsi la colpa della persecuzione e dello sterminio nazifascista, dopo la costituzione dell’ONU, la comunità internazionale, decise la spartizione della Palestina mandataria in due Stati: uno ebraico, l’altro arabo-palestinese. Il “Piano di partizione della Palestina” fu approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a New York Il 29 novembre 1947. La risoluzione 181 attribuisce il 56,47 % del territorio a 500.000 ebrei + 325.000 arabi, il 43,53 % del territorio a 807.000 arabi + 10.000 ebrei, la tutela internazionale su Gerusalemme con circa 100.000 ebrei e 105.000 arabi. Il rifiuto di questo Piano da parte dei Paesi arabi condusse alla guerra arabo-israeliana del 1948.
Il conflitto
Il Quarantotto fu l’anno della prima Nakba, la grande catastrofe, per i palestinesi costretti ad abbandonare le loro case e i loro campi: oltre 750.000 palestinesi si rifugiarono in campi profughi nei Paesi limitrofi, portando con sé le chiavi di casa con la speranza di un prossimo ritorno. Diritto sancito con la risoluzione n. 194/1948. Dopo la guerra del 1967, con la risoluzione 242 del 22.11.1967, l’ONU ingiunse a Israele di ritirarsi dai territori conquistati militarmente. Questa risoluzione e tutte le altre che si susseguirono sono state ignorate da Israele.
Israele continua a occupare militarmente la Cisgiordania, ha incentivato e incentiva l’insediamento di colonie nei Territori rubando la terra ai palestinesi, praticando una politica di apartheid e negando diritti umani fondamentali, mietendo vittime quotidianamente e incarcerando senza processo perfino ragazzini, demolendo case e sradicando ulivi.
Israele ha reso Gaza una prigione a cielo aperto e, col pretesto dell’attacco del 7 ottobre 2023 da parte dell’ala militare di Hamas, l’ha rasa al suolo quasi totalmente. Con un numero elevatissimo di persone uccise fino ad oggi (oltre 42.000), causa i bombardamenti e l’invasione militare di terra, in gran parte donne e bambini/e. Senza contare chi è rimasto sotto le macerie e chi muore per mancanze di cure mediche, cibo e acqua potabile (fame e carestia). Numeri destinati tragicamente ad aumentare. In questi giorni funesti, la guerra si espande coinvolgendo il Libano, l’Iran e lo Yemen con la reale possibilità di un’escalation in tutto il Medio Oriente.
Sono eventi del XX e del XXI secolo, che non hanno niente a che vedere con l’epoca biblica e con il presunto odio ancestrale fra filistei ed ebrei. Gli oppressi e le vittime di questa storia sono i palestinesi, i quali non hanno avuto nessuna responsabilità per ciò che è stato chiamato erroneamente l’olocausto degli ebrei. Dio non ha bisogno di olocausti, né di esseri umani né di animali. Le vittime di ogni omicidio, di ogni massacro, di ogni guerra gridano al suo cospetto. Ogni vittima ha il volto di un mio fratello, di una mia sorella.
Dal riconoscimento dell’ingiustizia storica perpetrata ai danni del popolo palestinese, del suo diritto a vivere in pace nella sua terra, con la cessazione dell’occupazione israeliana, dell’apartheid e con la fine della guerra, potrà nascere una nuova possibilità di convivenza civile tra esseri che si riconoscono umani.
[1] Vedi la trasmissione di LA7 “La Torre di Babele”, la puntata del 23/09/2024 condotta da Corrado Augias, dal titolo I segreti della Bibbia.