Il Presidente Mattarella ha firmato il decreto legge 158/2024 sui “paesi di origine sicuri” contenente “Disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale”. che viola in alcune parti il diritto dell’Unione europea, e rinvia ad un altro decreto legge, n.145/2024, ancora in corso di approvazione in Parlamento, aumentando le competenze delle Corti di appello, tanto da paralizzare la macchina della giustizia senza neppure legittimare il “modello Albania”. Gli unici requisiti di “straordinaria necessita’ ed urgenza” risiedono nella ricerca di consenso del governo che deve nascondere, tra gli altri fallimenti, la “impossibile” attuazione del Protocollo firmato lo scorso anno tra Giorgia Meloni ed Edi Rama.

I “Considerato” che costituiscono la premessa del provvedimento svelano il pieno riconoscimento della sentenza della Corte di Giustizia del 4 ottobre scorso, nella interpretazione riduttiva che ne ha voluto fornire il governo, ma in realtà danno ragione al Tribunale di Roma che, nelle ordinanze di non convalida dei trattenimenti nei centri in Albania dei richiedenti asilo provenienti da paesi di origine “sicuri”, ha affermato la prevalenza della normativa europea sui provvedimenti amministrativi e sulle leggi interne, esercitando quei poteri/doveri di cooperazione istruttoria che riconosce la Corte di Giustizia, anche in assenza di una compiuta difesa del richiedente asilo proveniente da un paese di origine quaificato come “sicuro”.

All’art. 2 bis del decreto legislativo 25/2008, in paricolare al quarto comma, si aggiunge un comma 4 bis, secondo cui “L’elenco dei Paesi di origine sicuri e’ aggiornato periodicamente con atto avente forza di legge ed e’ notificato alla Commissione europea. La fonte legislativa interna non può comunque andare in contrasto con le previsioni della normativa europea, e sotto questo profilo può essere oggetto di disapplicazione da parte del giudice nazionale. Lo conferma ancora una volta la sentenza della Corte di Giustizia UE del 4 ottobre scorso, a cui lo stesso decreto legge fa riferimento.

L’articolo 2 del nuovo decreto prevede ulteriori modifiche al Decreto legislativo 25/2008, come modificato da ultimo dal decreto Cutro (legge n.50/2023) dello scorso anno, stabilendo che all’art.35 bis il comma 4, relativo a “controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale” è così sostituito “Nei casi previsti dal comma 3 l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo’ essere sospesa, su istanza di parte, con decreto motivato, quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni.
L’istanza di sospensione deve essere proposta, a pena di inammissibilita’, con il ricorso introduttivo…(segue vedi link nell’articolo)

Il nuovo decreto legge modifica pure l’art.35 ter del Decreto legislativo 25/2008, che riguarda la eventuale sospensione, sempre nel caso della decisione di diniego del riconoscimento della protezione internazionale nella procedura in frontiera, quando il richiedente è trattenuto. stabilendo che ” Avverso il provvedimento adottato ai sensi del comma2 e’ ammesso reclamo alla corte d’appello e si applicano le disposizioni dell’articolo 35-bis, comma 4-bis.». Ma nel testo del decreto legge “paesi sicuri” pubblicato in Gazzetta Ufficiale, si aggiunge subito dopo che “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi presentati decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145″. Si innesca in questo modo, ancora una volta, un gioco di rinvii perchè il termine di inizio dell’efficacia della norma che prevede un nuovo grado di giudizio con il ricorso in appello, che il ministero dell’interno intende riservarsi per ribaltare le decisioni sgradite dei tribunali che annullano i dinieghi delle Commissioni teritoriali e riconoscono uno status di protezione, si riporta alla conversione in legge di un altro decreto legge, che si trova ancora in Parlamento. Il Decreto legge entra dunque in vigore al momento della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ma le Corti di Appello dovranno organizzarsi entro un mese per ricevere l’ingente carico di ricorsi che il governo potrà presentare per “correggere” le decisioni dei Tribunali che, con le loro sezioni specializzate per l’immigrazione, annullano sempre più spesso decisioni di diniego delle Commisioni territoriali, adottate sbrigativamente nei confronti di richiedenti provenienti da paesi di origine qualificati come “sicuri”, per manifesta infondatezza della domanda, su precisi indirizzi della Commissione nazionale per l’asilo di Roma.

Evidentemente il governo ha preferito puntare sul ruolo attribuito alle Commissioni territoriali, ed in particolare a quella di Roma, che appena pochi giorni fa è stata dislocata in Albania per processare in poche ore le richieste di protezione, ed adottare provvedimenti di diniego, che contengono un‘attestazione che impone l’allontanamento dal territorio, prima che possa intervenire la convalida, o più spesso la non convalida del trattenimento da parte delle Sezioni specializzate del Tribunale competente. Con la possibilità che si è già verificata in Sicilia, che il questore adotti un provvedimento di respingimento differito addirittura prima che la persona possa formalizzare la sua intenzione, già dichiarata, di richiedere asilo. Una grave violazione del diritto dell’Unione europea e del diritto interno che vi si conforma, che impongono di considerare come richiedenti asilo tutti coloro che manifestano comunque una istanza di protezione e che dunque non possono essere destinatari di un provvedimento di respingimento prima della decisione della Commissione territoriale. Ma la prassi del “foglio notizie”, fatto firmare senza adeguate informazioni subito dopo lo sbarco, magari con una casella barrata che contiene la rinuncia a chiedere protezione, produce questa ed altre mostruosità giuridiche che si ripercuotono sulla vita di molte persone, e non solo di quelle poche che sono state, o saranno in futuro, trasferite nei centri di detenzione in Albania.

Nel Decreto legge firmato dal Presidente Mattarella dopo una “trattativa” durata tre giorni non ci sono interventi diretti a modificare le competenze delle Sezioni specializzate dei tribunali in materia di convalida delle misure di trattenimento dei richiedenti asilo che i Presidenti delle commissioni territoriali inseriscono, dopo le prime sommarie informazione, in procedure accelerate con la detenzione in uno dei centri previsti dalla legge, e non certo su navi. Dunque è privo di fondamento quanto riportato dal Giornale, secondo cui, “Come si legge nell’articolo due, in caso di invalidazione del fermo il governo potrà ricorrere in Corte d’ Appello e non solo in Cassazione contro le ordinanze dei tribunali, ristabilendo così un secondo grado di giudizio”. Questo nuovo grado di ricorso rientrava certo nei programmi del governo, e forse era contenuto nelle prime bozze alle quali si sono fermati i giornali di destra nei lunghi giorni di trattativa tra Palazzo Chigi ed il Quirinale.. Poi, per ottenere la firma del Presidente della Repubblica, le norme contenute in bozza e apertamente incostituzionali, lesive dei diritti di difesa (art.24 Cost.) e dei diritti di libertà (art.13 Cost.) oltre che inapplicabili correttamente nell’ambito di procedure accelerate in frontiera, sono “saltate”. Ma si può essere certi che, come già successo con il Decreto Cutro, oggi Legge 50/2023, dopo avere ottenuto la firma del Capo dello Stato, il governo inserirà le norme che non è riuscito ad inserire adesso in emendamenti che saranno facilmente approvati dal Parlamento, a costo di ricorrere al voto di fiducia. Come conferma Il Giornale, il regista dell’operazione Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza, già al momento di presentare il testo originale ventila l’ipotesi di rimetterci subito le mani. «Non si escludono nuovi interventi».La maggioranza assoluta di cui gode il governo in Parlamento gli permette questo e altro, soprattutto se si tratta di tagliare diritti e garanzie ai migranti, che dovrebbero essere considerati come richiedenti asilo fino alla pronuncia definitiva di diniego. Ma ormai occorre sbarazzarsene prima possibile, e più lontano dall’Italia, a costo di una serie di evidenti forzature costituzionali. Tanto, alla fine, basta sequestrare i telefoni ed affidare i contatti con gli avvocati di fiducia ad un funzionario del ministero dell’interno, “responsabile del centro”, con udienze a distanza e formulari prestampati per le decisioni di rigetto, ed il gioco è fatto. Vedremo a questo punto, se altri richiedenti asilo finiranno in Albania, quale sarà l’esito del lavoro di monitoraggio dell’UNHCR sullo svolgimento dei trasferimenti e delle procedure accelerate in frontiera, deterritorializzate al di fuori dei confini esterni dell’Unione europea.. Certo, i paesi governati dalle destre xenofobe e razziste, verso le quali anche in Europa si stanno avvicinando alcuni settori dei popolari, guardano con interesse l’esperimento”, assai rischioso, che Giorgia Meloni vuole realizzare in Albania. Ma potrebbe arrivare, ancora prima dell’avvio a regime del Protocollo Italia-Albania, un intervento della Commissione europea, se non della Corte di Giustizia UE in via d’urgenza, con la possibile apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.