1. Dopo la precipitosa fuga del governo dal giudizio in Cassazione sui ricorsi contro le mancate convalide dei giudici catanesi Apostolico e Cupri, per i quali l’avvocatura dello Stato ha ottenuto l’estinzione del procedimento, altri giudici da Palermo a Catania hanno continuato a non convalidare i decreti di trattenimento adottati dai questori di Agrigento e Ragusa, nei confronti di richiedenti asilo sbarcati a Lampedusa, e ristretti nei centri chiusi di Porto Empedocle e di Pozzallo. Si è dato così il giusto rilievo gerarchico (art.117 Cost.) al diritto dell’Unione europea che prevale sulle norme interne del decreto Cutro (legge n.50/2023) che non lo rispettano. Una recentissima sentenza della Corte di Giustizia UE che delimita la categoria dei paesi di origine “sicuri”, usata strumentalmente per dichiarare “manifestamente infondate” la maggior parte delle domande di protezione delle persone provenienti da quei paesi, ha confermato le ragioni addotte dai giudici italiani per negare la convalida del trattenimento generalizzato in frontiera dei richiedenti asilo provenienti da quesi paesi. Un trattenimento amministrativo che si prefigura come un passaggio obbligato prima dell’accompagnamento in frontiera, anche prima della decisione definitiva sui ricorsi contro i dinieghi pronunciati dalle commissioni territoriali, organi prefettizi, nei confronti dei richiedenti asilo, soprattutto tunisini ed egiziani. Questi dinieghi infatti contengono l’espulsione che prima richiedeva un separato provvedimento del prefetto, e quindi sono funzionali all’esecuzione più rapida delle misure di accompagnamento in frontiera. Tutto questo serve al ministro dell’interno per propagandare alcune centinaia di rimpatri in più rispetto agli anni precedenti, e di vantare i successi delle politiche di contrasto dell’imigrazione irregolare nei periodici incontri con i partner europei. Poco importa, anche all’opinione pubblica, che i questo modo venga cancellato il diritto di asilo con la negazione dell’esercizio effettivo dei diritti di difesa, ostacolati in ogni modo, anche per le modalità telematiche, a distanza, delle procedure, e per le dificoltà frapposte alla nomina di avvocati di fiducia.

2. Lo stop imposto dai giudici alle procedure accelerate in frontiera, e la più recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europa, mettono in dubbio l’avvio effettivo delle prassi di trattenimento ed espulsione previste dal Protocollo Italia-Albania. Come altre volte in passato, occorreva trovare un modo per eludere quanto imposto dalla normativa europea e dal più banale rispetto dei diriti fondamentali della persona, in modo da riempire comunque i voli di rimpatrio che ogni settimana decollano da aeroporti italiani, in particolare da Palermo, per realizzare quelle che si possono definire vere e prprie espulsioni collettive, ma sarebbe più appropriato il termine “deportazioni”.

I naufraghi soccorsi in mare, o arrivati in autonomia a Lampedusa, subito dopo lo sbarco non hanno alcuna possibilità di formalizzare in frontiera la loro manifestazione di volontà diretta alla richiesta di protezione, e ricevono una informazione tardiva e parziale sui loro diritti, a differenza di quanto sarebbe imposto dalla legge e dalle Direttive europee. Da Lampedusa, dove il centro di Contrada Imbriacola opera spesso al di sopra della sua capienza, queste persone vengono trasferite a Porto Empedocle, ma da lì, piuttosto che essere registrati come richiedenti asilo ed essere immessi in una procedura accelerata in frontiera, se si tratta di cittadini provenienti da paesi di origine “sicuri” con cui l’Italia ha accordi di riammissione con procedure semplificate, di fatto senza accertamento della identità, ma sulla base della mera nazionalità, sono condotte nel Centro per i rimpatri di Caltanissetta, dove ricevono un decreto di respingimento “differito” previsto dall’art. 10 del Testo Unico sull’immigrazione, e solo allora, all’udienza di convalida del trattenimento, possono formalizzare la loro richiesta di asilo. A questo punto la convalida del trattenimento viene attribuita in una prima fase ad un giudice di pace di Caltanissetta, di solito un avvocato nominato “a termine” dal Presidente del Tribunale, e solo dopo la prima convalida del trattenimento alla sezione specializzata di un tribunale. Quando la Commissione territoriale rigetta per “manifesta infondatezza” la richiesta di asilo, di una persona già trattenuta all’interno di un CPR, i margini, anche temporali, per fare valere un ricorso effettivo sono minimi. Anche quando, dopo la richiesta di asilo, la sezione specializzata del Tribunale di Caltanissetta convalida l’ulteriore trattenimento. Tutto avviene, nella maggior parte dei casi in due o tre giorni, con difensori di ufficio che non articolano alcun mezzo difensivo, né possono addurre documenti probatori per rafforzare la richiesta di protezione. In un solo giorno, nel CPR di Caltanissetta, si è arrivati ad adottare 30 provvedimenti di convalida del trattenimento, con lo stesso giudice di pace, con le stesse motivazioni, e con lo stesso difensore di ufficio. I provvedimenti di convalida dei trattenimenti, adottati formalmente in una procedura accelerata, in base all’art.6 del D.lgs. 28/2015 e all’art.14 del Testo Unico sull’immigrazione n.286/98, ma con una motivazione apparente, perchè prestampata su un modulo, e comunque con motivazioni standardizzate, non sono facilmente appellabili.

Come ricorda la Corte di Cassazione (sentenza 13977 del 23 maggio 2019),  il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario),”omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.”

Nell’ordinanza interlocutoria con cui la Corte di Cassazione rimetteva la questione di interpretazione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, si rilevava non solo la necessità di una corretta applicazione su base personale dell’istituto della garanzia finanziaria al fine di evitare il trattenimento amministrativo, ma anche l’esigenza “di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente medesimo”Che rimane dubbia anche dopo il decreto “correttivo” sulla garanzia finanziaria firmato dal ministro dell’interno Piantedosi. 

Nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue, la Corte di Cassazione a Sezioni unite osservava in particolare che ““Il provvedimento che dispone il trattenimento deve essere corredato da motivazione, la quale esamini la necessità, la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura rispetto alla specifica finalità, nonchè l’effettiva impraticabilità delle misure alternative, sulla base di una valutazione caso per caso”.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 11399 pubblicata il 9 aprile 2024, adite con il nuovo strumento del rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c. sollevato dal Tribunale di Bologna con ordinanza del 11 giugno 2023, hanno anche affermato il principio secondo cui «in caso di ricorso giurisdizionale avente ad oggetto il provvedimento di manifesta infondatezza emesso dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale nei confronti di soggetto proveniente da Paese sicuro vi è deroga al principio generale di sospensione automatica del provvedimento impugnato solo nel caso in cui la commissione territoriale abbia applicato una corretta procedura accelerata, utilizzabile quando ricorra ipotesi di manifesta infondatezza della richiesta protezione. In ipotesi contraria, quando la procedura accelerata non sia stata rispettata nelle sue articolazioni procedimentali, si determina il ripristino della procedura ordinaria ed il riespandersi del principio generale di sospensione automatica del provvedimento della Commissione Territoriale».

Ma tutto questo a Caltanissetta rimane lettera morta. In pochi giorni, dopo il diniego della Commissione territoriale sulla richiesta di asilo, poichè le convalide avvengono di fatto in modo automatico, in tempi ristrettissimi, e si nega anche effetto sospensivo ai ricorsi, si può procedere al rimpatrio con accompagnamento forzato verso paesi di origine come la Tunisia, e l’Egitto, che le più recenti decisioni dei giudici italiani, e della Corte di Giustizia UE, impediscono di ritenere come sicuri. Ma basta trattare il richiedente asilo denegato alla stessa stregua di un “clandestino”, perchè privo di documenti, e dunque di una identità certa, ritenere strumentale la sua richiesta di protezione perchè formalizzata dopo un provvedimento di respingimento differito ed in stato di detenzione in un CPR, ed anche questi rimpatri, sulla base di un mero accertamento consolare della nazionalità, vengono eseguiti a cadenza settimanale, con grande clamore mediatico da parte del ministro dell’interno, che anche sui social li riporta come un successo del governo.

3. A seguito delle ultime modifiche normative intervenute con il decreto Cutro (art. 7 legge n. 50/23),  la decisione di diniego sulle richieste di asilo, adottata dalla Commissione territoriale istituita presso la prefettura competente per territorio, produce anche, direttamente, gli effetti del provvedimento di espulsione amministrativa (cd. provvedimento unificato) prima adottato dal prefetto e consente quindi l’avvio delle procedure di rimpatrio con accompagnamento forzato. I margini per le misure sospensive a fronte di un ricorso sono sempre più ridotti. Rimane davvero da chiedersi che ruolo giocano oggi le Commissioni territoriali, l’UNHCR che fornisce gli “esperti”, ormai forse “esperti” in rimpatri, le associazioni che si prestano per attività di consulenza legale nei punti di frontiera, il Garante nazionale per le persone private della libertà personale, dopo che il precedente garante Mauro Palma aveva denunciato prassi di rimpatrio collettivo in Tunisia assai simili a quelle che il ministero dell’interno e le sue diramazioni locali, prefetture e questure, ripropongono in queste ultime settimane. Una recente visita del Consiglio d’Europa a Lampedusa, e la sorveglianza a cui rimane sottoposta l’Italia, dopo le condanne subite dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo per i trattenimenti arbitrari a Lampedusa, non impediscono oggi l’adozione di procedure che sono in contrasto non solo con la Convenzione EDU e con la normativa dell’Unione europea, ma con importanti pronunce della Corte di Cassazione e dei Tribunali. Ma si potrebbe risalire anche alla sentenza della Corte Costituzionale n.105 del 2001,secondo cui occorre un controllo giurisdizionale pieno, e non un riscontro meramente esteriore (…) che non può fermarsi ai margini del procedimento di espulsione. che impone il rispetto dei diritti fondamentali e dei diritti di difesa in tutte le procedure di accompagnamento forzato in frontiera.

Le espulsioni praticate dal governo italiano nei confronti di richiedenti asilo provenienti da paesi di origine ritenuti “sicuri” e denegati dopo pochi giorni di trattenimento nel CPR di Caltanissetta sono espulsioni collettive vietate dall’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Secondo la Corte di Cassazione, (sez. I Civile, ordinanza n. 5359/19; depositata il 22 febbraio) non costituisce espulsione collettiva l’adozione contestuale di distinti provvedimenti espulsivi nei confronti di più soggetti mediante l’utilizzo di un modello uniforme qualora si proceda all’esame della posizione di ciascun individuo previa sua identificazione. Qui occorre intendersi bene che cosa significa “esame della posizione di ciascun individuo”. Anche se la Cassazione ritiene che non si possa qualificare come espulsione collettiva una espulsione comminata a più persone sulla base di una serie di provvedimenti di identico contenuto, dopo la compilazione di moduli prestampati, la nozione euro-unitaria di espulsione collettiva si attaglia perfettamente alle procedure di accompagnamento forzato in frontiera poste in essere in questo periodo nel centro per i rimpatri di Caltanissetta. Anche se si riscontra un provvedimento individuale di diniego della Commissione territoriale sulla richiesta di asilo e poi una pronuncia negativa da parte della competente sezione specializzata del Tribunale, non si può escludere il carattere collettivo delle espulsioni con accompagnamento forzato quando vengono azzerati di fatto i diritti di difesa dietro lo schermo formale dei provvedimenti su moduli standard e delle procedure telematiche a distanza. Tutto si svolge nel giro di pochi giorni nei confronti di una persona detenuta in un centro per i rimpatri. Come ribadito dalla Corte EDU con la recente sentenza del 30/03/2023 (ricorso n. 21329/18, J.A. e altri contro Italia), chei in tema di respingimenti collettivi condanna l’Italia al riguardo per violazione dell’art 4 Protocollo 4 (con riferimento ad una vicenda dell’ottobre 2017), le modalità del c.d. respingimento differito, per cui la firma dei relativi provvedimenti da parte dei migranti e l’allontanamento  sono avvenuti in rapidissima successione, impedendo  loro di comprendere chiaramente il contenuto delle decisioni e di  presentare un eventuale ricorso, hanno trasformato di fatto il respingimento stesso in una forma di espulsione collettiva indifferente alle situazioni individuali, come tale convenzionalmente vietata. Occorre anche ricordare come dopo questa sentenza, dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo ne siano arrivate altre di condanna dell’Italia, sempre per violazioni della normativa in materia di trattenimento in frontiera e di accesso alle procedure di asilo., con particolare riferimento a Lampedusa.

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