Cloty Rubio ha accompagnato la visita di Victor Piccinini ad Atene all’inizio di settembre. Come spiega nella sua intervista con la nostra agenzia, da sei anni realizza workshop basati sul libro El Arte de Acompañar. Vive a Barcellona e questa volta parliamo di Cure Palliative, legislazione spagnola sugli oppioidi terapeutici ed eutanasia.
Quando e perché hai cominciato a lavorare con i laboratori “L’arte di accompagnare” a Barcellona?
Ho cominciato nel 2018 a fare i laboratori elaborati da Victor Piccinini assieme al libro El arte de acompañar, dopo la pubblicazione e presentazione dello stesso, a cui ho assistito presso il parco della Belle Idée a Parigi.
Io avevo accompagnato mio padre nel suo percorso di fine vita alcuni mesi prima, e l’esperienza sia dell’accompagnamento che della sua dipartita è stata molto profonda e significativa per me.
Nei laboratori e nel libro menzionato ho trovato una modalità per trasmettere la dottrina di Silo, che seguo fin dalla gioventù, la quale affronta un tema concreto e per me centrale come quello della fine della vita fisica, e parte dal punto di vista che la morte è solo una trasformazione, non la fine della vita come esseri essenziali. Pertanto, l’accompagnamento in questi momenti è un compito sublime e molto significativo sia per chi “parte” sia per chi accompagna.
I laboratori offrono strumenti ed esperienze basate sulla psicologia del Nuovo Umanesimo e sul Messaggio di Silo, e sono molto accessibili alle persone interessate all’accompagnamento al fine vita.
Mi motiva anche il lavoro volontario e disinteressato come servizio al prossimo, e voglio contribuire a questo tema che umanizza la salute.
Com’è il contesto di lavoro? Chi sono gli invitati, dove si tengono le riunioni e con che frequenza? C’è qualche requisito da soddisfare per partecipare ai laboratori?
Il contesto è un laboratorio di due ore in cui si svolgono pratiche, riflessioni e scambi su un tema. A volte abbiamo fatto laboratori più estesi che possono durare una giornata intera, per esempio quando ci hanno invitato ad andare in altre città lontane o quando un gruppo numeroso di partecipanti lo ha richiesto.
I nuovi partecipanti si informano sui laboratori attraverso la pagina di “El arte de acompañar” nelle reti sociali, Facebook e Instagram, lì ogni volta annunciamo in anticipo le date. Inoltre sono pubblicizzati da altre entità con cui collaboriamo, come la rete Al final de la vida.
Noi frequentatori abituali abbiamo un gruppo WhatsApp e molti di noi invitano altre persone.
I partecipanti vengono sia dall’ambito della salute, come i volontari, oppure sono persone che si trovano nella situazione di accompagnare famigliari o amici.
L’unico requisito per partecipare è presentarsi all’orario e alla data stabiliti. I laboratori sono aperti e gratuiti, e non è necessaria l’iscrizione anticipata. In generale, li teniamo con regolarità il primo venerdì di ogni mese, con l’eccezione dei giorni festivi.
Una biblioteca municipale e pubblica ci fornisce uno spazio polivalente che si trova di fronte ad essa, dove di solito si tengono eventi letterari. Gli unici laboratori non istituzionali che avvengono lì sono i nostri perché hanno fatto un’eccezione, considerandoli «un servizio pubblico».
Quali sono i temi su cui state lavorando?
Abbiamo già una serie di laboratori che abbiamo elaborato in questi cinque anni, con cui continuiamo a lavorare. Oltre ai quattro iniziali, se ne sono aggiunti altrettanti e adesso abbiamo il progetto di pubblicarli e stamparli sotto forma di libretto.
I temi sui quali abbiamo sviluppato i laboratori girano attorno a ciò di cui tratta il libro, col proposito di trasformare in pratiche ciò che è esposto per iscritto.
Alcuni esempi di laboratori sono:
- L’attenzione alla propria interiorità
- Introduzione generale al libro
- Il percorso del buon morire
- Il registro di ciò che è “umano ed essenziale” dentro di noi e negli altri
- La riconciliazione profonda
- Riflessioni sulla solitudine
- La bontà e la compassione
- Superare i timori
- La forza interiore
- La Gratitudine e la Richiesta
Che cambiamenti hai notato durante questi lavori e cos’è successo a te?
È stato molto importante continuare i laboratori per cinque anni; in questo periodo tanto instabile è un fatto rilevante.
Si è consolidato un ambito umano molto affettivo e di molta fiducia tra i partecipanti, la maggior parte dei quali rimane e ne invita di nuovi.
Credo che se la gente ritorna, e invita altre persone, è perché questi laboratori sono utili, inoltre quando partecipano si sentono bene. Mettiamo in rilievo il benessere della gente che li frequenta, facciamo sì che si sentano a loro agio nell’esprimersi e che il rispetto di tutte le opinioni non si opponga alla trasmissione di ciò che ognuno vuole esprimere.
Ho imparato a fare i laboratori ogni volta con più scioltezza e in connessione con me stessa e gli altri, e ho anche imparato a lavorare in gruppo. Ma l’apprendimento è sempre aperto, e ogni volta, con l’azione costruttiva, si impara di più.
Victor Piccinini dice che, affinché una persona prossima alla morte fisica possa fare percorsi interiori, deve avere già affrontato il dolore fisico. In Spagna sono accessibili medicine per questo scopo (come per esempio la cannabis terapeutica o altro)?
Evitare il dolore fisico è una delle necessità per produrre un buon percorso di morte, in questo modo la coscienza e la psiche possono realizzare la conclusione necessaria della biografia, la riconciliazione profonda, l’accettazione e la disposizione verso una trasformazione evolutiva lanciata in nuove regioni della mente o della trascendenza.
In Spagna ci sono stati dei progressi in questi ultimi anni, spinti da professionisti della salute e da persone sensibili al tema. Così sono state fatte leggi e oggi l’assistenza palliativa di controllo del dolore attraverso gli oppioidi, come la morfina o il fentanyl, è accessibile con trattamento in ospedale o domiciliare.
Come sono trattati il paziente e i famigliari in caso in cui il dolore non sia controllabile con analgesici o non sia permesso assumere medicine?
I progressi della medicina di cure palliative permettono di minimizzare il dolore quasi nel 100% dei casi, anche quelli più aggressivi.
Perciò, per prima cosa, si suggerisce alla famiglia di richiedere l’assistenza di un medico o di un’équipe specializzata in cure palliative. Loro, in casi estremi, applicheranno la sedazione palliativa e la persona non sentirà dolore.
In parallelo, gli accompagnatori continueranno ad aiutare con gli strumenti e i comportamenti suggeriti in El arte de acompañar: letture ispiratrici, presenza piena, esperienza di benessere, relax, esperienza di pace e cerimonia di assistenza (se la persona si avvicina agli ultimi momenti della sua vita).
Quando una persona vicina alla morte fisica ha completato il percorso interiore necessario e desidera mettere fine alla propria vita fisica tramite l’eutanasia, credi che ciò dovrebbe essere permesso? Cosa sta succedendo in Spagna su questo tema?
Pensiamo che bisogna consolidare le cure palliative, dato che non sono ancora presenti in tutta la società, e ci sono molte persone che non le conoscono. È necessario fare campagne di divulgazione in cui si spiega cosa sono, poiché molta gente non ha idee chiare a riguardo.
Bisogna dare risorse finanziarie agli ospedali per metterle in pratica, ed è necessario formare i medici palliativisti nelle facoltà.
Secondo alcuni studi fatti con pazienti che avevano richiesto l’eutanasia, questi ultimi l’hanno scartata dopo aver avuto accesso ad alcune cure palliative che hanno migliorato la qualità della loro vita.
In Spagna c’è una legge sull’eutanasia che cita il caso in cui si «Soffre di una malattia grave e incurabile, o si patisce una sofferenza grave, cronica e impossibilitante, certificata dal medico/a responsabile. Bisogna aver formulato due richieste volontarie e per iscritto, o tramite altro mezzo che ne permetta l’attestazione, dimostrando che non siano il risultato di pressioni esterne, e lasciando trascorrere almeno quindici giorni solari tra le due. È inoltre necessario dare consenso informato prima di ricevere la prestazione di aiuto alla morte».
Com’è la comunicazione tra il gruppo di Barcellona e gli uffici di Cure Palliative degli ospedali catalani?
La comunicazione con alcune unità di Cure Palliative e il gruppo “L’arte di accompagnare” di Barcellona consiste nell’offrire loro i nostri laboratori, condividere con loro iniziative e distribuire il libro in modo volontario. Abbiamo già donato alcune copie del libro ad alcuni centri in cui esistono le cure palliative.
D’altra parte, è incoraggiante il fatto che la Facoltà di Scienze della salute di Blanquerna include il libro El arte de acompañar nella bibliografia del Corso di Infermieristica.
Concludendo, cosa significa umanizzare la salute e come si può fare?
Umanizzare la salute vuol dire spingere verso una salute integrale che include l’aspetto biologico, psicologico, sociale, ambientale e spirituale. Perché questi aspetti modellano la realtà umana e fanno parte di una stessa struttura interconnessa.
Inoltre, vogliamo promuovere una visione della salute partendo dalla cura responsabile, ovvero imparando a badare a noi stessi, agli altri e all’ambiente naturale e sociale.
Umanizzare la salute vuol dire lavorare affinché essa sia un servizio pubblico senza fini di lucro, accessibile a tutti e tutte con uguaglianza.
Come umanisti universalisti aspiriamo a far sì che tutti gli abitanti del pianeta possano accedere a una salute integrale di qualità, che li aiuti nella vita.
Per raggiungere avanzamenti nell’umanizzazione della salute è necessario che le politiche dei Paesi le diano priorità e le forniscano le risorse economiche necessarie. In questo senso la società deve fare pressione sui dirigenti, affinché la salute sia una priorità e per far sì che le spese per gli armamenti siano destinate alla salute.
Pertanto, umanizzare la salute implica un cambiamento dei valori nella direzione della società. Noi possiamo sensibilizzare tramite le nostre azioni, farlo è importante e molto necessario in questo periodo di grande confusione dei valori della vita e di ciò che è umano.
Traduzione dallo spagnolo di Mariasole Cailotto.