21 e 22 ottobre: arriva anche a Firenze il tour promosso dal Movimento Nonviolento, insieme a Mesarvot e Community Peacemaker Teams (CPT). Inserito nella campagna di obiezione alla guerra, si pone due obiettivi specifici: riconoscere status di rifugiati politici e reperire fondi per finanziare le organizzazioni che promuovono l’obiezione nonviolenta.
Quattro persone, giovani, con importanti esperienze di vita e prese di posizioni da narrare, sono protagoniste di due serate: la prima al Circolo ARCI Vie Nuove e la seconda al Circolo ARCI 25 Aprile, pronunciando parole chiare di impegno dentro la nonviolenza quale pratica attiva e resistente.
Tarteel, attivista palestinese, racconta la sua decisione di unirsi a un’Associazione, CPT, che promuove resistenza nonviolenta e advocacy tra le persone che vivono la quotidianità ad Hebron, nei territori occupati, in particolare offrendo supporto ai checkpoint che devono essere attraversati tutti i giorni anche da bambini e bambine per andare a scuola, dato che la città è controllata dall’esercito israeliano e dai coloni; cresciuta nell’immaginario che gli israeliani fossero soltanto o soldati o coloni e che la violenza che il popolo palestinese viveva non avesse un posto di legittimazione, conoscendo volontari e lavorandovi accanto in CPT, ha acquisito consapevolezza della necessità di costruire nuove basi e dell’indispensabile supporto internazionale, perché finisca lo stato di Israele che è un regime di apartheid dal fiume al mare.
Sofia, obiettrice israeliana di Mesarvot che opera in solidarietà con la popolazione palestinese e che per la sua scelta di obiezione di coscienza ha passato 85 giorni in prigione, consapevole che debba finire per prima cosa il genocidio e che lei, come israeliana, si sia trovata in una posizione di privilegio, promuove l’uguaglianza dei diritti e “sogna” una possibile diversa coesistenza tra i popoli attraverso una soluzione di pace; partendo dall’educazione familiare ricevuta, “critica, anti-sionista, di sinistra”, ha iniziato ad affrontare il tema della de-umanizzazione negli israeliani (militari e coloni) e ha scelto di impegnarsi perché la resistenza politica in solidarietà con il popolo palestinese che soffre potesse essere da stimolo anche per altri giovani israeliani e perché si smetta con l’invio di armi a Israele; definisce l’obiezione solo l’inizio di un percorso che unisca israeliani e palestinesi in un “paradiso” che non si può costruire con il sangue.
Aisha, attivista palestinese di Mesarvot, discriminata per avere ottenuto (per obbligo) cittadinanza e documenti israeliani, ricorda che i palestinesi sono infatti tenuti divisi in territori diversi per volontà israeliana; parte dal presupposto di dover dire stop alle guerre, stop alle uccisioni di bambini a Gaza, stop al genocidio, anche quando dire tutto questo ha comportato rischiare l’arresto, ritenendo fondamentale facilitare la comunicazione in tutta la comunità. Per poter supportare il lavoro del Movimento Nonviolento, si assume il ruolo di traduttrice in lingue ebraica ed araba, data la sua conoscenza di entrambe le lingue e le culture, pur ritenendo impossibile creare un dialogo con i militari israeliani che stanno massacrando il popolo palestinese.
Daniel, obiettore israeliano di Mesarvot, ha compiuto la sua scelta dell’obiezione per non “avere sangue sulle mani” e non essere complice, ha trascorso 50 giorni in prigione per la sua scelta e ritiene fondamentale dimostrare che c’è un’alternativa alla militarizzazione; con onestà racconta che prima amava lo Stato di Israele, era un sionista, per educazione familiare e scolastica – insegnavano infatti a tutti i bambini una storia che solo dopo ha scoperto essere sbagliata. A 18 anni ha potuto fare l’università e successivamente il servizio militare, si è trasferito a Gerusalemme, dove la metà della popolazione è palestinese e ha toccato con mano il conflitto, facendo amicizia con i palestinesi, che lo hanno aiutato a mettere in crisi le sue credenze sioniste e rendendosi conto di essere stato dalla parte sbagliata.
Insieme a Tarteel, Sofia, Aisha, Daniel, Daniele Taurino accompagna il tour che a Firenze viene co-promosso anche da alcune associazioni vive sul territorio, in particolare Donne Insieme per la Pace, nella prima serata, che da tempo si impegna, attraverso gli strumenti della manifestazione e dell’incontro – confronto con testimonianze, perché possano cessare i conflitti attraverso pratiche nonviolente; in un tempo come l’attuale, in cui anche il diritto ad essere presenti portando contenuti autentici e scomodi, perché direttamente narrati da chi vive in prima persona l’esperienza della violenza e della guerra, quindi porta “denuncia”, è costantemente messo a rischio, diviene fondamentale continuare a unire insieme testimonianze e prassi, che sappiano incidere nel reale.
Le due serate quindi possono essere vissute anche come “preparatorie” alla Giornata di mobilitazione nazionale “Il tempo della Pace è ora”, il 26 ottobre, a Firenze così come in altre città di Italia, passi di convergenza di percorsi necessari, perché la società non resti in silenzio, perché la politica non presti il fianco alla distorsione dei contenuti, perché le verità siano narrate dalle persone che le vivono e possiamo essere cittadine e cittadini che promuovono concretamente la Pace.
Emanuela Bavazzano