1. No, non ci stiamo, a questo stillicidio di comunicati trionfanti del ministro Piantedosi che annuncia su X(twitter) il rimpatrio di qualche decina di persone, non cose da rispedire al mittente, che , dopo essere state detenute nel centro per i rimpatri di Pian dl Lago a Caltanissetta, sono state imbarcate su un volo charter in partenza per l’Egitto. E’ successo ancora ieri. Questa volta i pochi avvocati di fiducia che dovevano comunicare con i loro assistiti hanno visto in sala colloqui persone con le fascette adesive ai polsi, le manette in uso nei centri di detenzione per stranieri, anche durante gli incontri con i legali, hanno visto pullman carichi di egiziani che uscivano dal centro per l’accompagnamento forzato in aeroporto, dove un volo li avrebbe trasportate nel loro paese di origine, un paese che per il governo italiano sarebbe “sicuro”. Ma con l’Egitto, come con la Tunisia, in base agli accordi bilaterali in vigore, le procedure di riconoscimento sono semplificate, e si può essere rimpatriati anche solo sulla base della mera attribuzione della nazionalità, senza una compiuta identificazione personale. Tanto, una volta arrivati nel paese di origine “sicuro” le forze di polizia hanno gli strumenti per farsi dichiarare immediatamente tutti i dati anagrafici delle persone che il nostro paese gli ha riconsegnato in blocco, come se si trattasse di merce da rispedire al mittente, e non di persone, Tutto questo con una accelerazione impressa nell’ultima missione al Cairo, a marzo di quest’anno, da Giorgia Meloni con Ursula von der Leyen.

In questi rimpatri celati all’opinione pubblica, ma buoni per fare statistica, si nasconde una umanità dolente, persone trasformate in numeri dalla burocrazia, alcuni destinatari di provvedimenti di espulsione, altri invece, arrivati di recente a Lampedusa, con un provevdimento di respingimento “differito” del questore, una pratica che si sbriga in qualche settimana, grazie alle convalide lampo dei giudici di pace, raramente contrastate da avvocati di fiducia nominati dai “trattenuti”. Per la maggior parte di loro soltanto un avvocato d’ufficio che non articola nessun argomento difensivo, una udienza che si conclude in pochi minuti con la convalida implacabile del giudice. Che non riceverà certo minacce, come succede ormai regolarmente ai giudici che applicano la legge e rispettano i principi della Costituzione e la normativa europea, che vieterebbero anche questo tipo di rimpatri, sui cui punta molto, in assenza di altri risultati, la propaganda di governo. Basti ricordare che nel 2023 sono stati 28.983 i migranti irregolari che sono stati destinatari di provvedimenti di espulsione da parte delle questure italiane, e solo 4.368 quelli effettivamente rimpatriati (Fonte: Ministero dell’interno). Quest’anno il governo vanta un aumento del 10 -16 per cento, ma non comunica i numeri reali e che l’aumento riguarda soltanto qualche centinaio di persone. A fronte di decine di migliaia di arrivi e di oltre 500.000 irregolari già presenti in Italia, prodotti dalle politiche governative che promettono “flussi di ingresso” legali per lavoro ma nei fatti impongono percorsi burocratici impossibili, respingimenti differiti e provvedimenti di diniego, che riproducono l’irregolarità.

Dopo il fallimento delle procedure accelerate in frontiera, in Sicilia, a Pozzallo e a Porto Empedocle, per le mancate convalide dei Tribunali di Catania e Palermo, e la implosione del modello Albania, non solo per le ordinanze di non convalida dei trattenimenti del Tribunale di Roma, ma per la impraticabilità di un sistema di soccorso in mare e di trasferimento nel porto di Schengjn che non è chiaramente applicabile sui grandi numeri promessi dal governo, il Viminale adotta nuove strategia per annunciare “successi” inesistenti e pubblicare periodicamente i suoi “mattinali” sui social anche per pochi rimpatri forzati effettivamente eseguiti. Poco importa se i voli charter partono verso paesi come l’Egitto o la Tunisia, sicuri per i turisti europei, forse, ma dove non vi sono garanzie per il rispetto dei diritti fondamentali della persona, se migrante, e neppure per tutti quei cittadini che protestano contro condizioni di vita diventate impossibili. Gli accordi con i regimi autoritari ormai sono la norma, del resto sia Prodi che Berlusconi avevano stretto accordi con Gheddafi, e il Memorandum Italia Libia del 2017 risale ai tempi di Gentiloni e di Minnit. E oggi conta sempre meno il diritto internazionale (art.53 della Convenzione di Vienna) che li dovrebbe rendere nulli. Si vede tutti i giorni in Palestina e in Libano, e in tante altre parti del mondo, quanto contano ancora il diritto internazionale e gli organismi che ne dovrebbero imporre l’applicazione agli Stati.

 

2. Si è passati dalle “procedure accelerate in frontiera”, chiaramente fallite, malgrado la sequenza di decreti legge “sparati” contro le ordinanze di non convalida dei Tribunali,a procedure ordinarie di asilo anche per coloro che provengono da paesi di origine qualificati (adesso per legge) come” sicuri”. Le procedure accelerate si svolgono sempre più spesso all’interno dei centri per i rimpatri. Sembra pure che sia stato rimesso in funzione il CPR di Trapani Milo, quello che in Sicilia garantisce la capienza maggiore, anche per centinaia di persone.

Con dinieghi per” manifesta infondateza” della domanda, anche quando i richiedenti hanno argomentato molteplici gravi motivi per il riconoscimento della protezione, e con decisioni adottate in tempi rapidissimi da parte delle Commissioni territoriali. Oppure si ritarda la formalizzazione della domanda di asilo, dopo la prima manifestazione di volontà allo sbarco, fino a quando il richiedente asilo, magari trasferito da Lampedusa a Porto Empeodcle, e da qui nel CPR di Caltanissetta, può formalizzare la sua domanda di protezione soltanto nell’udienza di convalida del trattenimento, provvedimento che magari è stato emesso dal questore appena qialche ora prima. A quel punto non ci sono alternative al trattenimento in un centro di detenzione, anche per mesi all’interno di un CPR, e di fronte ad un lungo periodo di privazione della libertà personale in condizioni indegne, confermate dal recente rapporto di Action Aid e dell’Università di Bari, “Trattenuti”, ci sono pure persone che rinunciano alla domanda di protezione e scelgono di richiedere il rimpatrio volontario,. Un rimpatrio che di “volontario” non ha proprio nulla, ma che è di fatto “necessitato”, frutto della “deterrenza” feroce attuata dal Ministero dell’interno con pratiche disumane di trattenimento nei centri per stranieri, CPR e nelle strutture assimilate.

Per altri invece, se non sono richiedenti asilo, o se hanno ricevuto un diniego per manifesta infondatezza, e il tribunale competente in sede di ricorso non concede la “sospensiva”, il rimpatrio può esere eseguito immediatamente. Infatti, il ricorso contro il diniego stabilito dalla Commsiione territoriale, previsto ormai in termini tanto brevi da rendere ineffettivo il diritto di difesa (in violazione dell’ art.24 della Costituzione), è possibile soltanto quando interviene un avvocato di fiducia, e questo è ostacolato in ogni modo, da ultimo persino con il sequestro dei telefoni. Nessuna possibilità, ovviamente, per una domanda reiterata di asilo, pure prevista dal nostro ordinamento, o per un semplice ripensamento per chi, dopo avere ricevuto informazioni fuorvianti, e avere formulato la richiesta di rimpatrio volontario, tenta di presentare una richiesta di asilo. In qualche caso si è verificato anche che il rimpatrio sia stato eseguito quando il Tribunale non aveva ancora deciso sulla richiesta di sospensiva. Così, alla fine il Viminale può comunicare agli italiani che “34 citadini stranieri, senza titolo per rimanere sul territorio nazionale, sono stati espulsi e ricondotti con volo charter nel loro Paese d’origine”.“a testimonianza dell’impegno del Governo per contrastare l’immigrazione irregolare”.

L’inserimento della lista dei paesi di origine “sicuri” in un decreto legge non renderà più facili le convalide dei trattenimenti amministrativi nelle procedure accelerate in frontiera, soprattutto se deterritorializzate in Albania, ma renderà monolitici i dinieghi adottati dalle Commissioni territoriali, anche per i ridottissimi tempi consentiti per l’informativa, imposta dala normativa europea, e poi per articolare le richieste di asilo, e infine, soprattutto, per esercitare i diritti di difesa con i mezzi di ricorso previsti dal nostro ordinamento.

 

3. Occorre rafforzare le attività di monitoraggio operato dalle associazioni indipendenti, e le ispezioni parlamentari, nei centri per stranieri, che anche il principale partito di opposizione sembra avere abbandonato, dopo alcune visite nel centro di Porto Empedocle la scorsa estate. Si deve sollecitare l’Autorità garante dei diritti delle persone private della libertà personale, a effettuare visite più frequenti, monitorare i voli di rimpatrio e rendicontare periodicamente le proprie attività, come avveniva megli anni passati, durante il mandato di Garante conferito a Mauro Palma. Già nel 2018, nel caso di rimpatri con voli charter verso l’Egitto il Garante nazionale denunciava il mancato preavviso ai rimpatriandi; l’uso generalizzato e preventivo delle fascette in velcro ai polsi dei rimpatriandi, a prescindere da valutazioni individuali del rischio e da una effettiva e concreta necessità; le verifiche di sicurezza effettuate con modalità non sempre rispettose dei diritti della persona”. Criticità che si continua a riscontrare ancora oggi nel silenzio generale.

La piattaforma per i rifugiati (RPE) in Egitto ha pubblicato ad ottobre del 2022 un importante documento in cui critica il sostegno europeo alle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera praticate dall’Egitto.

Non vorremmo che per quanto riguarda i controlli sui centri per stranieri, inclusi i voli charter di rimpatrio, controlli obbligatori previsti dalla legge, le attività del Garante nazionale per i detenuti, diventassero evanescenti, fino ad evaporare del tutto, come è successo nel caso dell’UNAR, l’agenzia nazionale contro le discriminazioni razziali.

Sarà poi necessario riportare l’attenzione generale su quanto avviene nei paesi di origine qualificati come “sicuri”a partire proprio dall’Egitto, verso il quale ieri, con un volo charter, sono state rimpatriate 34 persone. Un paese che, oltre a vivere una situazione di completa negazione dei diritti fondamentali, tanto che neppure i testimoni del delitto Regeni hanno potuto raggiungere l’Italia per testimoniare, si trova al centro di gravissime crisi umanitarie, a sud in Sudan ed a nord-est in Palestina, Con l’afflusso di decine di migliaia di profughi che non ritrovano nessuna possibilità di proseguire la loro fuga attraverso canali legali. Anche su queste crisi migratorie attuali, e future, e sui conflitti di cui sono conseguenza, occorre fare una informazione completa per inchiodare i governi alle loro responsabilità. Occore attivare al più presto canali di evacuazione umanitaria verso l’Europa ed ampliare le possibilità di rilascio di visti umanitari. Tutto il resto si può spacciare come lotta all’immigrazione clandestina, ma è soltanto negazione del diritto di asilo e complicità con i trafficanti di esseri umani, che profittano sugli sbarramenti ad ogni frontiera.

E’ giunto il tempo di saldare la difesa dei diritti dei migranti con la lotta per la pace, per la fine dei conflitti interni e delle guerre che in Africa e nel vicino oriente producono potenziali richiedenti asilo, che i governi occidentali, responsabili di fornire armi ai governi belligeranti, soprattutto ad Israele, cercano di contenere con accordi con regimi spietati, pur di tenere lontano chi fugge per la vita. Si tratta così con regimi come quello di Assad in Siria, per il rimpatrio di migliaia di asilanti siriani attualmente nei campi profughi in Libano, questione che è stata al centro della missione della Meloni a Beirut. Sempre, beninteso, “a testimonianza dell’impegno del Governo per contrastare l’immigrazione irregolare”. E sono sempre più stretti i rapporti con l’Egitto di Al Sisi e con la Tunisia dell’autocrate Saied, anche se a Bruxelles qualcuno comincia ad avere dubbi sul Memorandum d’intesa UE-Tunisia, concluso con l’appoggio della Meloni e della Von der Leyen, malgrado fossero chiare ed evidenti le violazioni dei diritti umani non solo dei profughi sub-sahariani intrappolati in quel paese, ma anche a danno dei cittadini tunisini, che sempre più spesso sono costretti a fuggire all’estero e a chiedere asilo. Su queste partite politiche internazionali si sta riscontrando uno smottamento dei partiti popolari verso l’estrema destra,e non solo in Italia, ma lo scontro sarà sempre più duro, sia a Roma che a Bruxelles, e potrebbe pesare anche sulla nuova Commissione europea e sul mandato alla presidenza dell’UE, ancora da confermare a Ursula von der Leyen. Che sull’imnigrazione ha fatto da sponda a Giorgia Meloni ed alle destre europee xenofobe e razziste. La fine del diritto di asilo in Europa potrebbe segnare la fine dell’Unione europea.

pubblicato in contemporanea su Adif.org