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La crisi in Libano non si arresta. In 5 settimane di guerra uccisi in media due bambini al giorno: oltre 100 bambini sono stati uccisi dagli attacchi aerei israeliani. SAVE THE CHILDREN continua a chiedere il cessate il fuoco immediato

Secondo il Ministero della Salute Pubblica più di un milione di persone (circa un quinto della popolazione) ha dovuto lasciare la propria abitazione e 6 scuole su 10 sono state convertite in rifugi, facendo slittare l’inizio dell’anno scolastico. Oltre il 25% del Paese ha ricevuto ordini di evacuazione dai militari israeliani

Lunedì scorso, nella valle orientale della Bekaa almeno 60 persone, tra cui due bambini, sono state uccise dai bombardamenti israeliani durante la notte. Si è trattato di uno degli attacchi più mortali nella zona da quando si è intensificato il conflitto lo scorso 23 settembre. Da ottobre dell’anno scorso, quasi 2.700 persone, tra i quali oltre 150 bambini, sono state uccise e più di 12.500 ferite. “Siamo sull’orlo di una crisi umanitaria che è prima di tutto una crisi dell’infanzia. Stiamo osservando la stessa dinamica a cui abbiamo assistito in oltre un anno di guerra a Gaza: un alto numero di vittime tra i civili, compresi i minori, operatori sanitari in servizio uccisi, oltre 50 attacchi a strutture sanitarie, presidi ONU colpiti e giornalisti aggrediti” racconta Jennifer Moorehead, Direttrice di Save the Children in Libano. Anche il sistema scolastico ha avuto enormi ripercussioni: sei scuole pubbliche su 10 sono state riconvertite in rifugi per la popolazione sfollata e l’inizio dell’anno scolastico è stato posticipato al 4 novembre o forse anche oltre. “Gli attacchi aerei israeliani hanno colpito aree densamente popolate, danneggiando gravemente le infrastrutture essenziali e causando sfollamenti di massa. A causa del conflitto, oltre il 25% del Libano ha ricevuto ordini di evacuazione dai militari israeliani, che vengono diffusi ogni giorno, spesso con poco preavviso, dando alle famiglie poco tempo per scappare prima che inizino i bombardamenti. A Beirut, vediamo ancora migliaia di bambini e le loro famiglie che dormono all’addiaccio, con le loro povere cose ammucchiate intorno, senza riuscire a trovare un riparo o un posto sicuro dove andare” prosegue Jennifer Moorehead.

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Sconcerto, preoccupazione e allarme per la messa al bando dell’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei profughi palestinesi) da parte del Parlamento israeliano che ha decretato la chiusura della sede di Gerusalemme

La popolazione di Gaza sta morendo sotto le bombe ma anche per fame, sete e malattie curabili per privazione di medicinali basici. A Gaza come in tutti i territori palestinesi occupati sta arrivando l’inverno e larghissima parte della popolazione non ha possibilità di un rifugio sicuro e di ristoro. Si chiede al movimento per la pace e la solidarietà internazionale di proseguire e rafforzare la mobilitazione contro la guerra, il genocidio e per il cessate il fuoco immediato

Queste leggi amplificheranno ancora di più la catastrofe umanitaria in corso a Gaza, catastrofe che progressivamente si sta estendendo a tutti i territori occupati della Cisgiordania. Si tratta di una vera e propria demolizione del Diritto internazionale al quale anche Israele si deve attenere, e di un attentato alle già drammatiche condizioni vita della popolazione palestinese che si vedrebbe così privata dei servizi fondamentali – compreso il diritto all’istruzione di 700mila ragazzi e ragazze – da parte di un’Agenzia che l’intera Comunità internazionale ha voluto a sostegno dei rifugiati palestinesi. Non ci sfugge come la messa a bando dell’UNRWA s’inserisca dentro il progetto di delegittimazione dell’ONU operato in modo sistematico dal Governo israeliano con la decisione di dichiarare il Segretario generale Gutierrez “persona non gradita”, o quella di disconoscere le sentenze e le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia e del Tribunale Penale Internazionale, fino a quella di aprire il fuoco, più volte e deliberatamente, contro le strutture e il personale dei Caschi blu della missione UNIFIL in Libano. Rivolgiamo un appello pressante al Governo italiano e a quelli dell’Unione Europea affinché agiscano sulle autorità israeliane per chiedere la revoca del bando dell’UNRWA anche attraverso l’adozione di sanzioni efficaci e la sospensione, applicando l’art.2 del trattato, dell’Accordo di Associazione UE-Israele. Invitiamo l’opinione pubblica a continuare a sostenere la popolazione palestinese e libanese anche attraverso le nostre due campagne di solidarietà: “Acqua per Gaza” e “Emergenza Libano”.

comunicato Un Ponte Per

 

Lettera aperta dell’UCJ contro lo scandalo dei sussidi ai combustibili fossili: come l’UE continua a finanziare la crisi climatica nell’ombra. La fine dei sussidi entro il 2025 è stata sottoscritta da accademici e grandi organizzazioni ambientaliste

L’United for Climate Justice-UCJ – la coalizione dei movimenti ambientalisti europei che raccoglie più di 30 gruppi sparsi tra Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svezia, Francia, Italia, Spagna, Portogallo, ma alla quale partecipano anche Inghilterra, Messico, Argentina, Uganda – ha inviato ai presidenti delle istituzioni europee una lettera aperta che chiede la fine dei sussidi ai combustibili fossili entro il 2025

405 miliardi di dollari secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), 191 secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Sono le considerevoli cifre che rappresentano il costo dei combustibili fossili per i Paesi dell’Unione europea. Nel primo caso la cifra è più alta perché, oltre ai sussidi o agevolazioni fiscali che portano a una diretta riduzione del costo dei combustibili, sono comprese le somme che non vengono fatte pagare all’industria petrolifera per gli impatti ambientali e sanitari causati dalle emissioni di anidride carbonica, ma che invece i governi europei si trovano poi a pagare per far fronte ai problemi. La sostanza però non cambia: sono tutti soldi pubblici che vanno a finanziare un’industria fossile per definizione e per concetto. La crisi climatica è evidente: è stato dimostrato che le emissioni di carbonio fanno aumentare le temperature e producono effetti meteorologici devastanti. Sappiamo che ora è il momento di agire se vogliamo evitare il peggio. L’Unione europea ha già deciso di sospendere i sussidi ai combustibili ai combustibili fossili nell‘Ottavo programma di azione ambientale (Environment Action Programme-EAP) entrato in vigore il 2 maggio 2022. I motivi per cui l’Unione europea ha deciso di muoversi in questa direzione erano gli stessi che potevano essere condivisi dagli ambientalisti: raggiungere gli obbiettivi climatici fissati dagli Accordi di Parigi e dal Green Deal europeo, accelerare la transizione verso le energie rinnovabili e migliorare la sicurezza energetica europea, ridurre l’inquinamento, non dipendere dalle fluttuazioni di prezzo del petrolio, promuovere l’industria verde. Purtroppo nulla è stato fatto dal punto di vista operativo. Nessun governo è stato obbligato a mettere in atto misure per interrompere i sussidi ai fossili e neppure a comunicare l’ammontare dei propri sussidi. Tra l’altro l’IPCC nel Sesto Report di Valutazione ha stimato ​​​​​​​ che eliminandoli si potrebbero ridurre le emissioni della sola anidride carbonica fino al 4 per cento e più in generale di tutti i gas climalteranti del 10% entro il 2030.

la lettera è stata sottoscritta da 140 tra accademici e grandi organizzazioni incluse Oxfam, Action Aid International, Legambiente, Greenpeace Europe, Fondazione Banca etica e Enostra
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Pannicelli caldi? Gli articoli dal 31 al 35 del Bilancio 2025 in discussione al Parlamento contengono misure “al fine di incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno”: piccoli aggiustamenti di una rotta già percorsa 

Nel complesso, questa Legge di Bilancio prosegue l’iter avviato nel 2024, assegnando, sì, risorse aggiuntive alle famiglie con figli, ma in misura relativamente ridotta. Gran parte dei 30 miliardi complessivi redistributivi fra famiglie e imprese vengono infatti assorbiti dal sostegno dei redditi bassi, in misura non condizionata al numero di figli a carico. Negli ultimi anni, l’unico rilevante spostamento del bilancio dello Stato resta l’Assegno Unico del 2021, dove sei miliardi annui freschi (divenuti oggi otto, aggiornati all’inflazione) vennero aggiunti in pianta stabile al sostegno delle famiglie con figli

La legge di bilancio riuscirà nell’intento dichiarato di incentivare la natalità? Improbabile. Qualche passo in questa direzione è effettivamente stato compiuto, ma, nel complesso, troppo timido e, soprattutto, senza neppure un tentativo di intervento sulle cause strutturali che rendono difficile, per i giovani, metter su famiglia. Nella fattispecie ecco quali sono le misure principali previste: 1) bonus una tantum di 1.000 euro per ogni nascita, per le coppie con ISEE inferiore a 40 mila euro. L’onere di spesa previsto è di 330 milioni di euro per il 2025 e 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2026: quindi il Governo prevede che – grossomodo – avranno accesso a questa misura il 90% delle nascite dei prossimi anni. Si tratta, in pratica, di un incremento dell’Assegno Unico per il primo anno di vita, escludendo le famiglie benestanti; 2) esclusione dell’Assegno Unico per il computo dell’ISEE per la concessione di diversi altri contributi; 3) allargamento del numero di coppie che ha diritto al bonus-nido; 4) allargamento da due a tre mesi dei congedi parentali retribuiti all’80%;  5) parziale esenzione degli oneri contributivi per le madri di due o più figli, a condizione di un ISEE inferiore a 40 mila euro. Nei 144 articoli della Legge di Bilancio, molte altre misure sono rilevanti per le tasche delle famiglie con figli. Il più significativo è probabilmente l’articolo 16ter, in cui si riducono le possibilità di detrazioni fiscali per i contribuenti con più di 75 mila euro lordi di reddito, con l’esclusione di quelle legate a spese sanitarie. La possibilità di detrazione resta piena per chi ha tre o più figli, viene ridotta all’85% per chi ha due figli, al 70% per chi ne ha uno, al 50% per chi non ha figli. È una misura che interessa solo la fascia alta dei contribuenti, ma il segnale è forte e chiaro: nel tagliare, il Governo cerca di tutelare le famiglie con figli. Ma anche con riferimento specifico alle famiglie con figli, mancano radicali riforme necessarie per diminuire gli oneri che i figli comportano, non solo nei primissimi anni di vita, ma anche, e forse soprattutto, in quelli successivi. Ad esempio, l’Italia è uno dei pochi paesi europei in cui i figli, dopo il decimo anno di vita, tornano a casa da scuola all’ora di pranzo. In conclusione, al di là dei maquillage alle politiche familiari contenuti in questa Legge di Bilancio, manca la consapevolezza che una vera spinta alla natalità non può prescindere da riforme radicali, che rendano l’Italia veramente amichevole per i giovani e per le famiglie con figli. Non è facile, ma le scorciatoie sono illusorie.

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