“Apocalypse in the tropics”, l’avvincente documentario fuori concorso a Venezia di Petra Costa, regista brasiliana candidata all’Oscar, approfondisce i legami inquietanti che uniscono l’evangelizzazione cristiana e la politica nel suo Paese, con interviste ai cittadini, a personaggi di spicco e ad altissime cariche, ripercorrendo l’ondata di disordini che ha afflitto il Brasile nell’ultimo decennio. Racconta come l’evangelizzazione sia stata esportata in Brasile da personaggi come Billy Graham e Henry Kissinger, che vedevano come un pericolo per gli interessi USA la svolta a sinistra della chiesa cattolica in Sudamerica.

Pastori fondamentalisti evangelizzarono il Brasile aprendo nuove chiese, sino ad arrivare a milioni di fedeli che nessun politico poteva ignorare. Silas Malafaia, popolare tele-evangelista e importante esponente nella chiesa pentecostale Assembleias de Deus, parla di sé definendosi capace di esercitare una grande influenza sui politici sia di sinistra che di destra in una nazione in cui gli evangelisti sono più del 30% . Per assecondare quel bisogno  di  un Santo in Paradiso, che muove in particolare chi non ha mezzi per studiare, Jair Bolsonaro aderì al credo evangelico facendosi battezzare con tanto di immersione nel fiume Giordano e assunse il biblico appellativo di Messia.

Ovviamente, in nome della religione, Bolsonaro portò avanti la sua campagna elettorale fondata su convinzioni xenofobe, misogine, omofobe, a favore della discriminazione anti-indigena e della deforestazione e negazionista nei confronti del Covid, con conseguenti 700.000 decessi. Le accuse che condussero Lula Da Silva a un’ingiusta prigionia per quasi due anni si ritorsero contro Bolsonaro quando si scoprì che i procuratori del caso, da lui nominati, erano corrotti. Dopo le elezioni, Jair Bolsonaro, sorretto da fondamentalisti fanatici e fake-news, cercò nel solco di Trump di annullare il voto pro Lula fomentando un’insurrezione. C’è un’analogia tra le scene di Apocalypse in the Tropic e quelle di Capitol Hill.

Con poesia e rigore Petra Costa documenta un periodo di profonda confusione e disperazione in Brasile. Enuclea contraddizioni sociali e psicologiche di una democrazia giovane e appesa a un filo. Nel catturare il segreto bisogno che ha spinto tanti a volgersi in una direzione magica e ultraterrena, le tessere del suo puzzle assumono l’identikit di un fenomeno che non appartiene solo ai brasiliani o agli statunitensi, ma alla sofferenza di quei popoli che stanno perdendo la speranza nel miglioramento della loro vita e di conseguenza nella democrazia: “Apocalypse in the Tropycs” si fa specchio del mondo e segnala il dilagare di una sofferenza collettiva alla quale, per salvare la pace, bisogna dare una risposta.

Durata: 110 minuti
Lingua: Portoghese
Paesi: Brasile, Usa, Danimarca
Interpreti: Silas Malafaia, Elizete Malafaia, Jair Bolsonaro, Luiz Inácio Lula da Silva, Petra Costa – come se stessi
Sceneggiatura: Petra Costa, Alessandra Orofino, Nels Bargenther, David Barker
Fotografia: João Atala, Pedro Urano, Murilo Salazar, Ricardo Stuckert
Montaggio: Jordana Berg, Tina Baz, David Barker, Nels Bangerter, Victor Miaciro, Eduardo Gripa
Musica: Rodrigo Leão
Suono: Olivier Goinard, Carlos E. Garcîa, Felipe Mussel