Il nuovo rapporto dell’UNHCR permette di fare il punto sugli ultimi sviluppi delle migrazioni forzate in tutto il mondo. Una situazione internazionale sempre più instabile ha determinato nel 2023 una ulteriore crescita delle persone sotto protezione internazionale, arrivate ormai a superare i 117 milioni. Alcuni dei temi trattati dal rapporto sono esaminati in questo articolo da Corrado Bonifazi – ripreso parzialmente dall’osservatorio Neodemos [ndr]

Il quadro d’insieme

Il rapporto Global Trends1 che tutti gli anni viene pubblicato dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della protezione internazionale, fornisce numerose informazioni su un aspetto del fenomeno migratorio che l’aumento delle guerre e dei conflitti sta rendendo sempre più importante anche da un punto di vista quantitativo. Il quadro complessivo che emerge dai dati raccolti è purtroppo desolante e conferma come l’instabilità internazionale si traduca sempre più spesso in conflitti bellici, il cui inevitabile corollario, oltre a morte e distruzione, è la fuga delle persone dai luoghi interessati dalle operazioni militari. I dati non lasciano spazio a dubbi di sorta. In soli nove anni il numero delle persone sotto protezione in tutto il mondo è infatti quasi raddoppiato, passando dai circa 60 milioni del 2014 ai 117,3 della fine del 2023 (Fig. 1). E le cronache di questa prima metà del 2024 fanno ritenere che la tendenza stia continuando con un’ulteriore crescita dei valori.

La cifra complessiva fornita dall’UNHCR comprende 31,6 milioni di rifugiati, 6,9 milioni di richiedenti asilo, 6 milioni di rifugiati palestinesi sotto mandato dell’UNRWA2 (recentemente assurta agli onori delle cronache durante l’occupazione israeliana della striscia di Gaza), 5,8 milioni di altre persone sotto protezione internazionale e 68,3 milioni di sfollati interni3. I tre quarti di queste persone riceve assistenza e protezione in un paese a basso o medio reddito, mentre il 21% si trova in uno dei paesi meno sviluppati e il 69% di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese è stato accolto in uno stato confinante.

 

Paesi d’origine e d’asilo

Considerando i paesi di origine delle persone protette emerge una geografia delle migrazioni forzate che interessa una parte di mondo molto più vasta di quella che generalmente trova spazio sulle prime pagine dei giornali o nei notiziari della sera. Tra i paesi che contribuiscono di più a questa tragica classifica ne troviamo infatti alcuni che in questi ultimi anni sono stati al centro dell’attenzione mediatica accanto ad altri che ne sono rimasti decisamente ai margini (Fig. 2). La Siria con quasi 14 milioni di persone è il paese che più contribuisce alle migrazioni forzate, seguita dall’Ucraina con 12,3, dal Sudan con 10,8, dal Venezuela (10,6), dall’Afghanistan (10), dalla Repubblica Democratica del Congo (9,2), dalla Colombia (7,9), dalla Palestina4 (6), dalla Somalia (4,9), dallo Yemen (4,6) e dal Myanmar (4,2). Dopo quelli riportati nel grafico altri sette paesi sono i luoghi d’origine di più di un milione di persone sotto protezione internazionale alla fine del 2023: sei in Africa (Sud Sudan, Nigeria, Etiopia, Burkina Faso e Repubblica Centroafricana) e l’Iraq in Asia.

Questi dati spiegano anche il mosaico di provenienze che si ritrova tra chi sbarca sulle nostre coste, frutto evidente del moltiplicarsi delle situazioni di crisi e di una pressione crescente che si è creata in questi ultimi anni in una molteplicità di paesi. Il peso delle diverse categorie è differente nelle varie situazioni, sia per le specifiche caratteristiche del conflitto sia per le modalità di azione della comunità internazionale. È ad esempio elevato il numero di rifugiati provenienti dalla Siria, dall’Ucraina e dall’Afghanistan ospitati in altri paesi, mentre questa categoria assume negli altri casi considerati un rilievo decisamente minore a vantaggio dei profughi interni o delle “Altre categorie”. In quest’ultimo gruppo sono soprattutto comprese persone che sono state costrette a lasciare il proprio paese e che, pur non rientrando nelle altre categorie, hanno ugualmente bisogno di protezione internazionale.

A scopo puramente indicativo è stata calcolata la percentuale dell’insieme delle persone sotto protezione sull’ammontare degli abitanti dei paesi considerati. Non si tratta evidentemente di un rapporto di derivazione, anche perché è difficile stabilire come i diversi paesi considerano queste persone nelle statistiche fornite alla Population Division delle Nazioni Unite da cui sono stati presi i dati sulla popolazione, ma si tratta di una indicazione utile ad avere almeno un’idea di massima di quanto la situazione di crisi pesi nelle varie realtà. Da questo punto di vista la situazione peggiore è quella dei palestinesi, dato che in questo caso il numero dei protetti è addirittura superiore a quello degli abitanti dello Stato di Palestina5, risultato emblematico di una crisi che si è aperta con la prima guerra arabo-israeliana del 1948 e che i recenti sviluppi stanno drammaticamente peggiorando. Nel caso siriano si arriva quasi al 60%, segue il Venezuela con il 37,4%, quattro paesi hanno valori superiori al 20% (Ucraina, Somalia, Afghanistan e Sudan), mentre gli altri presentano percentuali inferiori sino al minimo del 7,8% del Myanmar, dove la situazione di crisi riguarda la minoranza dei Rohingya.

Note
1UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), Global trends. Forced displacement in 2023, Copenhagen, UNHCR.
2L’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) si occupa specificatamente di fornire assistenza e protezione ai rifugiati palestinesi registrati.
3 La somma di questi valori dà una cifra superiore al totale di 117,3 milioni riportato sopra in quanto alcuni gruppi di persone sotto protezione rientrano in più di una categoria.
4 Nel rapporto dell’UNHCR viene riportato l’ammontare complessivo dei profughi palestinesi sotto mandato dell’UNRWA ma non i valori più specifici disponibili per gli altri paesi.
5 Riconosciuto da 147 paesi, ha lo status di osservatore permanente presso le Nazioni Unite e rivendica la sovranità sui territori palestinesi della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e della striscia di Gaza.

 

leggi articolo integrale

Un mondo in fuga