GRUPPO DI VISEGRAD: Accelera la corsa all’energia nucleare

In Repubblica Ceca avviato l’iter per la costruzione di due nuovi reattori, l’ultimo atto di una tendenza condivisa con i paesi vicini.

Dall’inizio della guerra in Ucraina il tema della transizione energetica si è imposto in tutta Europa, ma la necessità di un intervento immediato, causata dall’improvvisa interruzione del gas russo, ha portato a soluzioni molto diverse all’interno dell’Unione.

In un contesto di grande disorientamento i cosiddetti V4 si sono distinti virando da subito compatti verso l’energia nucleare, e trovando negli ultimi mesi nuovi partner (con relativi finanziamenti) per incrementarne ulteriormente la produzione.

L’accordo Praga-KHNP

Lo scorso 17 luglio il governo ceco ha deciso ufficialmente di affidare la costruzione di due nuovi reattori nucleari alla società sudcoreana KHNP (Korea Hydro & Nuclear Power), costola del colosso pubblico KEPCO (Korea Electric Power Corporation).
Una scelta in parte sorprendente se si pensa che al bando aperto due anni fa avevano partecipato anche il cartello governativo francese EDF, leader europeo del settore, e la grande azienda americana Westinghouse.

Il contratto, i cui dettagli tecnici e formali verranno definiti entro l’inverno del 2025, sarà il più oneroso mai firmato dallo Stato ceco: già oggi infatti si prevedono costi vicini ai 400 miliardi di corone (circa 17 miliardi di dollari), ma è probabile che con il prosieguo delle trattative si superi anche quella cifra.
Nonostante questo il Premier Petr Fiala ha dichiarato che l’offerta di KHNP era la più competitiva sotto ogni punto di vista.

I nuovi reattori andranno ad aggiungersi ai quattro già attivi presso la centrale di Dukovany, nel sud-est del paese, con l’obiettivo del primo test nel 2036.

Tra il 24 e il 25 luglio, per celebrare l’accordo raggiunto, Fiala ha ospitato nel suo paese una delegazione coreana di altissimo livello, impreziosita dalla presenza del ministro del Commercio e di un delegato dell’ufficio presidenziale.

Da Seul inoltre è giunto il presidente della KHNP Hwang Joo-Ho, il quale ha avuto un incontro con il suo omologo Daniel Benes, a capo del gruppo energetico governativo ceco CEZ (České Energetické Závody).

Numerosi i temi politici e di cooperazione industriale al centro di questo summit, e non è da escludere che tra questi ci sia stata anche la costruzione di altri due reattori nucleari presso la centrale di Temelin (circa 120 chilometri a sud di Praga), già menzionati alla voce “offerte non vincolanti” del bando appena concluso.

Le ultime in Slovacchia, Ungheria e Polonia

Se Praga corre i vicini non stanno a guardare.

La Slovacchia, che attualmente dispone di cinque reattori nucleari con cui soddisfa oltre la metà del suo fabbisogno energetico, si sta attrezzando per realizzare il sesto presso la centrale di Bohunice, a nord della capitale Bratislava.
Lo scorso maggio il governo si è esposto in questo senso e, proprio come quello ceco, ha avviato i primi contatti in estremo oriente attraverso la visita ufficiale in Corea del Sud del ministro degli Esteri Juraj Blanar.
Ulteriori novità sono previste per l’autunno.

Anche l’Ungheria è impegnata nel rafforzamento del suo apparato nucleare: già dopo lo scoppio della guerra in Ucraina il parlamento aveva prolungato per vent’anni l’operatività dei quattro reattori della centrale di Paks (l’unica del paese, sulle rive del Danubio a sud di Budapest), portando la loro scadenza oltre il 2050.

Parallelamente continua ad avanzare il progetto “Paks II” in tandem col gruppo governativo russo Rosatom, per la realizzazione di due nuovi reattori sullo stesso sito. Avviato nel lontano 2014, Paks II ha ricevuto la licenza di costruzione dall’Autorità ungherese per l’energia atomica solo nel 2022, e oggi nonostante la delicata situazione geopolitica i lavori proseguono a pieno regime.

In un recentissimo incontro in Turchia fra il ministro degli Esteri magiaro Peter Szijjarto e il direttore generale di Rosatom Alexey Likhachev la collaborazione è stata celebrata e rafforzata.
A margine della giornata Szijjarto ha dichiarato che Paks II aiuterà l’Ungheria a raggiungere obiettivi chiave come l’autosufficienza energetica in tempo di carenza, il contenimento dei costi di produzione e di distribuzione, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

La Polonia infine, unico Stato dell’area Visegrad ancora senza centrali nucleari, sta preparando il suo ingresso nel settore grazie ai finanziamenti del colosso privato statunitense Westinghouse.
I nuovi reattori rientrano nel grande piano energetico nazionale PEP40, elaborato nel 2021 dal precedente governo, il quale definisce la strategia nel medio termine per la decarbonizzazione del paese.
Lo scorso aprile una missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha riscontrato che la Polonia possiede ora tutti i requisiti per la stipula del contratto di costruzione della sua prima centrale nucleare.
Essa sorgerà nella località di Lubiatowo, sulla costa baltica, con inizio dei lavori programmato per il 2026.

E il resto dell’Europa?

Come accennato sopra, in nome della decarbonizzazione e dell’emancipazione da Mosca gli altri paesi dell’Unione esprimono in questa fase politiche energetiche molto diversificate.
Il tempo a disposizione per raggiungere i due obiettivi infatti è talmente breve da rendere impossibile (o quasi) qualunque forma di coordinamento.

In un clima da liberi tutti si segnalano quindi paesi che stanno incrementando la loro produzione di energia nucleare, come Francia, Olanda e Finlandia; paesi che la stanno diminuendo o addirittura smobilitando, come Germania e Spagna; altri ancora che ad oggi escludono questa soluzione come Italia e Portogallo; e infine il caso della Slovenia, che il prossimo novembre sottoporrà l’eventuale costruzione del suo secondo reattore a un referendum popolare.