Gaza
Una nuova strage nella notte. I quartieri di Zeituon e Sheikh Radwan, di Gaza città, sono stati fatto segno da missili lanciati dai caccia israeliani. I soccorritori hanno estratto 10 corpi da sotto le macerie.
Nella sola giornata di ieri sono state compiute 3 stragi, con 24 uccisi e 57 feriti. Il totale delle vittime è stato finora di 41.206 uccisi e 95.337 feriti.
Situazione umanitaria
L’arrivo delle piogge e le prime avvisaglie del prossimo inverno cominciano ad avere effetti disastrosi sulla popolazione di Gaza.
È alto l’allarme delle organizzazioni internazionali operanti a Gaza.
Le tende di plastica si sono stracciate e non difendono contro la pioggia e i campi di sfollati si trasformeranno in laghetti.
L’esercito israeliano ha bloccato l’ingresso di 300 mila tende di tela, secondo fonti ONU.
Gli strateghi statunitensi continuano a sparlare di ricostruzione di Gaza. Un Think Tank di Washington ha calcolato che per rimuovere le macerie ci vorranno 700 milioni di dollari e per la ricostruzione 80 miliardi di dollari. A coprire i costi della ricostruzione – secondo Bliken e Netanyahu – dovrebbero essere le monarchie del golfo. In questo caso non funziona il principio “chi rompe, paga”.
Cisgiordania
Nella giornata della festività per la nascita del profeta Mohammed ad al-Mawlad al-Nabawi, l’esercito israeliano ha vietato ai musulmani di raggiungere la moschea Ibrahimia di el-Khalil – Hebron.
Una massiccia protezione di militari ha accompagnato un gruppo di coloni ebrei, provenienti di ogni laddove, a visitare il luogo.
La moschea si trova nel centro della città vecchia, posta sotto il controllo militare israeliano.
Il gruppo di coloni, protetto sempre dall’esercito, ha lanciato pietre e sparato pallottole contro le case dei palestinesi, costretti a rimanere asserragliati nelle loro dimore. Nella città vecchia vivono 400 coloni protetti da 1.500 soldati.
Dalla strage compiuta dal terrorista israeliano Goldstein il 25 febbraio 1994, la moschea è stata divisa in due parti: il 63% è riservato agli ebrei e il 37% ai musulmani. L’annessione della Cisgiordania è un piano israeliano che viene da lontano.
Israele
Il leader del Partito Labourista israeliano, Yair Golan, ha dichiarato che questo governo è inesistente e rischia di trascinare il Paese in una guerra infinita. Il commento è arrivato dopo la diffusione della notizia del missile yemenita che è caduto in una zona aperta ad est di Tel Aviv.
Golan ha invitato gli israeliani “a scendere in piazza tutti i giorni, per mandare a casa questo governo. Netanyahu, per tenersi a galla, continua una pazza guerra e trascina il Paese verso la catastrofe, verso il conflitto interno”.
Armamenti
Diversi Paesi stanno rivalutando le loro responsabilità nel genocidio a Gaza, nel caso di utilizzo delle armi e munizioni esportate verso Israele.
Tra questi vi è anche la Germania, uno dei Paesi che hanno sostenuto politicamente, diplomaticamente e militarmente Israele. Il governo tedesco ha annunciato la decisione di sospendere l’esportazione di componenti di armi offensive.
Prima di Berlino, lo stesso passo è stato compiuto da Spagna e Giappone.
L’Italia ha assunto una posizione imbarazzante. Mentre il Ministro degli Esteri Tajani ha dichiarato alla stampa la sospensione delle esportazioni di armi verso Israele, il Ministro della Difesa Crosetto ha confermato al Parlamento l’esportazione di armi per contratti precedentemente conclusi. In realtà, l’Italia ha continuato ad esportare verso Israele artiglieria e pezzi di ricambio di cannoni, tramite la solita triangolazione con Paesi terzi, gli Stati Uniti in questo caso.
Yemen
Un missile ipersonico lanciato dallo Yemen ha colpito una località a 6 km dell’aeroporto di Tel Aviv. Secondo i media israeliani non ci sono stati vittime, ma lo spavento tra la popolazione è stato grande.
Il buco causato nella zona aperta è enorme e il missile ha percorso 2400 km senza essere intercettato dalla contraerea israeliana. Neanche le navi militari USA, britanniche e della UE, messe a protezione di Israele nel Mar Rosso, sono riuscite ad intercettarlo e abbatterlo.
È stata un’azione dimostrativa e per il momento innocua, ma con un effetto politico dirompente.
Il conflitto si sta di fatto allargando e non sembra che i Paesi NATO intendano mettere mano all’unico modo utile per fermare questa degenerazione, cioè un cessate il fuoco immediato a Gaza e la fine al genocidio dei palestinesi per mano del governo Netanyahu.
Libano-Israele
Oggi arriva a Tel Aviv l’inviato di Biden per tentare di calmare le acque alla linea di demarcazione israelo-libanese. Hochestein si incontrerà con il Ministro della Guerra e con il premier israeliani, ma non sembra che la missione avrà successo.
Le dichiarazioni israeliane alla vigilia del suo arrivo sono bellicose. “Se non porta notizie sul ritiro dei miliziani di Hezbollah, noi agiremo”, ha detto Netanyahu.
Il segnale verde da Washington non è ancora arrivato, e per rimarcare la sua avversione all’allargamento del conflitto prima delle elezioni di novembre, l’amministrazione Biden ha ritirato una delle portaerei nel Mediterraneo orientale. Sul terreno continua senza sosta lo scambio di missili e lanci di artiglieria.
Siria
L’esercito israeliano è penetrato in territorio siriano nel Golan per oltre 200 metri, costruendo strade e trincee. Secondo fonti locali, i soldati israeliani sono entrati all’interno della linea di tregua del 1973, nei pressi della località Jabatha Khashab, nella provincia di Quneitra.
La forza militare trasportata in carri armati ed accompagnata da bulldozer ha avviato i lavori per tracciare una nuova strada e scavare trincee, senza nessuna resistenza da parte del piccolo contingente siriano presente in loco, che si sarebbe limitato a osservare l’accaduto con i binocoli.
Iran
Ricorre oggi, 16 settembre, l’anniversario dell’assassinio di Mahsa Amini, la giovane curda iraniana trascinata in un commissariato di polizia, dove ha trovato la morte.
Da quell’assassinio gratuito si è sviluppato in tutto l’Iran un movimento di protesta indirizzato all’affermazione dei diritti delle donne, con lo slogan DONNA, VITA, LIBERTÀ.
Per commemorare la giornata, 34 donne detenute iraniane sono entrate in sciopero nel carcere di Evin.
La polizia ha contattato il padre di Amina e lo ha minacciato di arresto se lui o qualcuno della famiglia fosse uscito di casa. La famiglia aveva annunciato di voler commemorare la morte di Mahsa in cimitero, ma le autorità dei barbuti temevano che l’iniziativa privata si trasformasse in una manifestazione con migliaia di partecipanti.
Il regime degli ayatollah ha finora eseguito la condanna a morte di 10 manifestanti che avevano partecipato alle proteste oceaniche contro il regime, organizzate per quasi 6 mesi in tutte le città iraniane. Oltre 40 mila gli arrestati, secondo quanto dichiarato dalla stessa polizia.