Quando l’ho conosciuto, Lotta Continua come gruppo politico era stata sciolta da poco, anche se il giornale continuava ad uscire.
Era il 1976 e Mauro Rostagno seguiva già la filosofia di Osho e abitava al piano di sopra di una “casetta” palermitana che ci impegnavamo a vivere come una piccola comune urbana.
Mi incuteva parecchia soggezione, tutto vestito di bianco, pacato nel tono di voce ma determinato nei contenuti.
E la sua storia poi! Laurea in sociologia a Trento, creazione di LC con Marco Boato, Adriano Sofri e tanti altri. Quindi a Palermo, come ricercatore CNR, fra il 1972 e il ’75, protagonista delle lotte per la casa; candidato di Democrazia Proletaria e fondatore, nel ’77, del centro culturale Macondo.
Ma è a partire dal 1981 che, tornato in Sicilia dopo un viaggio a Poona, insieme alla sua compagna Chicca Roveri e alla piccola Maddalena, comincia a rischiare davvero grosso: fonda con Francesco Cardella una comunità terapeutica per ex tossicodipendenti a Lenzi, vicino Trapani – si chiama Saman – e collabora con la tv locale Radio Tele Cine (RTC) di Val d’Erice, intervistando Paolo Borsellino e Leonardo Sciascia e denunciando le malefatte dei boss Nitto Santapaola e Mariano Agate.
Lo uccidono il 26 settembre 1988 a colpi di fucile e pistola, mentre sta rientrando nella sede di Saman.
Da questo momento partono i depistaggi e si innesca la macchina del fango, come per Peppino Impastato: truci e turpi storie di droghe imbastirono i giornali, nelle quali si cercò di coinvolgere perfino la moglie e i collaboratori.
Ciò nonostante nel 2014 i capimafia trapanesi Vincenzo Virga e Vito Mazzara vengono condannati in primo grado come mandati dell’assassinio.
Il Mazzara sarà in seguito prosciolto, ma la colpevolezza del Virga verrà riconfermata nel 2018 e, in via definitiva, nel 2020. Le complicità della massoneria invece non saranno mai del tutto chiarite.
C’è un interrogativo doveroso che dobbiamo porci ancora oggi nel ricordare Mauro: perché di lui non parla quasi più nessuno, a fronte della sovraesposizione nella memoria mediatica di Giuseppe Impastato?
Accade troppo di frequente che solo alcuni martiri (nel senso letterale di testimoni) della lotta antimafia conoscano gli onori della cronaca, anche a prescindere dal ruolo sociale o istituzionale ricoperto, mentre altri cadano immediatamente nell’oblio. Un altro esempio è Graziella Campagna molto meno nota di Rita Atria, o Antonino Saetta a fronte di Rosario Livatino.
Sono talvolta meccanismi di appartenenza statuale o partitica o ancora curiosità che si accendono in giornalisti e registi…
Comunque sia tocca a noi, mediattivisti indipendenti, ritessere i fili, colmare le lacune, sollecitare i ricordi, le denunce, le affezioni, come sta facendo l’associazione “Ciao, Mauro” nel trapanese.